Vitto, alloggio e consulenze La “dolce vita” dei Cinquestelle
Riportiamo l’articolo, a firma di Oscar Serra, pubblicato su “Lo Spiffero” il 14 febbraio 2018
Spese “stellari” per vitto e alloggio o per il telefono, rimborsi a tre zeri per pasti al ristorante. E poi consulenze, collaboratori. Quanto ci costa la dolce vita romana dei parlamentari cinque stelle? C’è di tutto nel lungo elenco dei rimborsi di cui hanno goduto in questa legislatura deputati e senatori grillini, alcuni dei quali sono finiti nella bufera per aver prima restituito una parte del proprio stipendio e poi revocato i bonifici poche ore dopo. Uno dei primi a capitolare è stato il novarese Carlo Martelli, tra i più vicini all’inner circle della Casaleggio, che ha già fatto sapere di voler “rinunciare all’elezione” senza spiegare come potrà farlo, in tempi brevi, viste le leggi in vigore e le farraginose procedure del parlamento. E mentre il suo profilo facebook scompariva, un altro collega, via social, ammetteva le proprie colpe, il deputato Ivan Della Valle. Ma oltre allo scandalo (tutto interno, nulla di illegale per carità) c’è un modus operandi figlio di un metodo pieno zeppo di falle e che consente agli eletti di fare un po’ ciò che vogliono.
Il regolamento interno del M5s prevede infatti che ogni parlamentare restituisca una parte del proprio stipendio destinando “l’eccedenza” a un fondo dello Stato per il microcredito; allo stesso tempo, però, ci sono delle voci di spesa per cui ottengono cospicui rimborsi, di cui invece i colleghi degli altri partiti non usufruiscono. Per esempio quelle di vitto e alloggio. Questo cosa comporta? Che se un parlamentare del Pd o di Forza Italia deve far fronte all’affitto di una stanza a Roma con risorse proprie, il collega grillino ha la possibilità di inserirle in conto spese e ottenere l’equivalente a pié di lista. Così si spiega come abbia fatto il senatore Alberto Airola a spendere, a dicembre, 1.418 euro di pasti, tra generi alimentari vari e cene al ristorante. Non pochi se si tiene conto che un parlamentare sta a Roma in media quattro giorni a settimana e a dicembre c’erano anche le feste di Natale. Lo stesso Airola si è fatto pure rimborsare 977 euro sempre alla voce “vitto” nell’agosto 2016, quando Palazzo Madama è rimasto chiuso per quasi tutto il mese. Laura Castelli, invece, oltre a essere una “divoratrice di bilanci” risulta dai rimborsi anche una portavoce globetrotter: nell’ottobre scorso ha speso 644 euro di taxi, a novembre sono stati 522 (più 315 per l’auto a noleggio), a dicembre 621. Insomma, una deputata che non si ferma mai. I casi eclatanti sono tantissimi. Uno di quelli che ha restituito meno, secondo il sito apocrifo maquantospendi.it, creato dall’ex dipendente della Casaleggio Marco Canestrari, c’è il vercellese Mirko Busto, uno che a dispetto del fisico mingherlino deve mangiare a quattro palmenti se solo nel mese di novembre si è fatto restituire oltre 1.142 euro di “alimentari”.
Il dubbio è che al di là delle truffe (alcune conclamate, altre stanno per essere scoperte), con il giochino del rimborso i parlamentari pentastellati siano riusciti a ottenere una sorta di salario accessorio, che in buona parte compensa la restituzione dello stipendio. Da quel che è emerso i controlli, in questi anni, sono stati più che blandi e chissà quanti scontrini di incerta provenienza potrebbero annidarsi in quella montagna di ricevute con cui i portavoce hanno rendicontato le proprie spese. Così se con una mano restituivano parte dello stipendio, con l’altra rientravano attraverso i rimborsi. Quel che emerge da questi dati è l’assoluta arbitrarietà con cui ogni parlamentare ha usufruito dei rimborsi, tra chi ha conservato la morigeratezza predicata prima di essere eletto e chi si è fatto prendere un po’ la mano. Basta scorrere le spese per l’affitto: c’è chi se l’è cavata con mille euro al mese e chi invece, come Davide Crippaè arrivato a quasi 2mila euro al mese. La cuneese Fabiana Dadone, invece, è evidentemente una che approfondisce e si affida a esperti per esaminare nel dettaglio i tanti dossier che le piovono sulla scrivania. Per questo, nell’ultima parte del 2017 non ha badato a spese in quanto a consulenze: 2.500 euro a luglio, 1.200 ad agosto, 2.200 euro a ottobre e mille euro a novembre per “studi, ricerche e consultazione di dati”, 1.800 euro a giugno e 1.600 a settembre per “consulenze varie”.
“Pubblicheremo in chiaro tutti i dati e chi non ha versato verrà espulso” assicurano i vertici del M5s, ma chi come Canestrari sa bene dove potrebbe annidarsi un altro potenziale filone di questa farsa a cinque stelle chiede di “pubblicare tutti gli scontrini”. Tra gli esempi virtuosi c’è quello del senatore valsusino Marco Scibona, uno di quelli che, nell’ultimo anno, ha restituito oltre alle indennità un bel gruzzolo di rimborsi in eccedenza. Ogni mese ha dato indietro quasi duemila euro dei circa cinquemila di stipendio netto. Otteneva rimborsi spese per novemila euro di cui circa 1.600 per l’affitto e tremila per i collaboratori. Fino al dicembre 2016 era tra i parlamentari piemontesi che avevano incassato più soldi per le iniziative sul territorio e aveva accumulato 18mila euro di rimborsi in eccedenza da restituire.
Un’altra curiosità da segnalare è legata alla deputata torinese Silvia Chimienti, l’unica piemontese che, per scelta personale, non si è ricandidatia. Di lei sul sito ufficiale tirendiconto.it mancano le rendicontazioni degli ultimi tre mesi: che abbia smesso di restituire sapendo che tanto stava per abbandonare la nave, anzi il Transatlantico?



