Piemontellum, la Regione ci riprova
Riportiamo l’articolo, a firma di Stefano Rizzi, pubblicato su “Lo Spiffero” il 19 dicembre 2016
Si riparte col Mattarellum, ma nulla si muove sul Piemontellum. Mentre Matteo Renzidall’Assemblea nazionale del Pd rilancia la legge elettorale che porta il nome del Capo dello Stato, con tutte le incognite e gli ostacoli che già si annunciano, quella che invece pareva una strada in discesa – la modifica della norma per l’elezione dei consiglieri regionali del Piemonte – si conferma, al momento, un vicolo cieco. Uno degli obiettivi principali e da raggiungere in fretta come da ripetute dichiarazioni del Pd e dello stesso Sergio Chiamparino fin dai giorni successivi alle elezioni del maggio 2014 è rimasto al palo. Lettera morta i ripetuti annunci di una soluzione imminente.
L’ultimo risale allo scorso luglio quando il presidente del Consiglio regionale, Mauro Laus aveva (nuovamente) fissato la deadline“di sei mesi a partire da settembre per licenziare una legge sulla quale c’è, pur con alcune differenziazioni superabili, l’accordo di tutti”. Di mesi ne sono già passati tre e ne restano appena altrettanti per rispettare i tempi indicati da Laus che proprio oggi, nella conferenza stampa di fine anno, tornerà sull’argomento: “È la priorità su cui lavorare, il primo punto”.
Il paradosso, forse solo apparente vista la permanente situazione di stallo, è dato dal fatto che nessuno si è mai schierato per il mantenimento dell’attuale norma, tantomeno in difesa del famigerato “listino del presidente”, primo tassello da eliminare per dare corpo al nuovo quadro legislativo in materia elettorale. Se tutti concordano sul mandare in pensione l’elenco dei dieci “privilegiati” è altrettanto vero che occorre trovare un sistema per assegnare, comunque, un premio di maggioranza. E proprio qui incomincerebbero gli incagli. Numeri troppo alti rappresentano un rischio che pochi o nessuno intendono correre. La sconfitta subita dal Partito Democratico alle comunali l’estate scorsa accentua i timori, rasentando il panico. Premio di maggioranza sì e per forza, ma senza esagerare: questa pare la linea su cui quando finalmente si entrerà nel vivo della discussione dovrebbe procedere la maggioranza e magari pure l’opposizione, almeno quella di centrodestra.
Il nodo ad oggi difficilmente superabile e di fronte al quale pare ci si dovrà fermare per evitare che anche le più ottimistiche previsioni si infrangano, riguarda i collegi. “Appena si incomincia a parlarne, si rischia di scatenare richieste e proteste a non finire” ammette un inquilino di Palazzo Lascaris. Il problema resta quello della disomogeneità: ce ne sono di troppo piccoli e di troppo grandi. Rivederli è un proposito mai tramontato, ma anche qui con visioni differenti. “Stiamo attenti, però, a non rimpicciolirli troppo” aveva avvertito già più di un anno fa Chiamparino ipotizzando un Piemontellum in cui applicare il sistema dei collegi uninominali: “cancellare il listino e dare la possibilità di avere più assessori esterni” era è resta l’idea del presidente. Il quale nel caso – oggi più che mai ipotetico – la rivisitazione della legge elettorale approdasse a conclusione in tempi brevi potrebbe già applicare la norma riguardante la composizione della giunta. Eventualità che, considerata (da Chiamparino) assai lontana l’ipotesi di un rimpasto dell’esecutivo, oggi ha una rilevanza assai più ridotta rispetto a quando dallo stesso Pd arrivavano un giorno sì e l’altro pure segnali di una necessità di qualche cambio nella squadra di Piazza Castello.
Ora i piddini in altre faccende affaccendati, incominciando dalla preparazione in vista delle elezioni politiche anticipate (cui saranno interessati alcuni degli stessi consiglieri regionali), hanno altro cui pensare rispetto al per ora archiviato rimpasto. Resta, invece, la modifica della legge da applicare quando verrà il momento di dare la parola ai piemontesi per scegliere il successore di Chiamparino e i nuovi componenti dell’emiciclo di via Alfieri. Senza neppure più l’alibi della riforma costituzionale e le sue ricadute sulle Regioni, l’avvio della ormai più volte annunciata modifica della norma elettorale rischia di non trovare più credibili (semmai ce ne fossero) giustificazioni ad ulteriori rinvii. Finirà che si troverà prima un accordo sul Mattarellum sul quale non tutti concordano prima che lo si faccia sul Piemontellum sul quale tutti si dicono d’accordo?



