Votare è davvero un’impresa
Riportiamo l’articolo, a firma di Oscar Serra, pubblicato su “Lo Spiffero” il 16 febbraio 2018
Per agganciare la ripresa servono investimenti e per poter investire, le aziende hanno bisogno di quattrini. Sembra lapalissiano, ma non è così scontato se in cima alle doglianze di quelle eroiche imprese, sopravvissute agli anni più bui della recessione, c’è ancora la difficoltà di accesso al credito: un vero e proprio percorso ostacoli dall’esito non sempre favorevole. Fabio Ravanelli, leader della Confindustria piemontese e amministratore delegato della Mirato (prodotti cosmetici e per la cura della persona) è uomo mite e propenso al dialogo ma ora chiede impegni concreti alla politica, in primis alla Regione: “La trasformazione di Finpiemonte in una banca a tutti gli effetti può rappresentare una svolta soprattutto per le piccole e medie imprese che hanno bisogno di consolidarsi per competere sui mercati internazionali”. In quasi un anno la finanziaria regionale, al netto delle traversie in cui è incappata, è riuscita a effettuare solo una decina di erogazioni. Troppo poco. “Siamo in una situazione in cui i giganti ottengono senza difficoltà iniezioni di liquidità per modernizzare le strutture, formare i dipendenti, innovare i propri processi produttivi, mentre chi sta sotto non può crescere – attacca Ravanelli –. Il tutto mentre l’Europa si sta rimettendo a correre e noi non possiamo pensare di rimanere indietro”. Passati i tempi dei distretti industriali, ormai si compete sul mercato globale con tutte le sue opportunità e i suoi rischi.
In un recente incontro con il vicepresidente della Regione Aldo Reschigna, l’assessore alle Attività produttive Giuseppina De Santis, e le associazioni datoriali, il segretario generale di Confindustria Piemonte Paolo Balistreri è tornato a battere sulla necessità di riaprire i rubinetti. Ottenendo dalla giunta un impegno a recuperare sul prossimo bilancio ulteriori 4 o 5 milioni da indirizzare al credito in favore delle piccole e medie imprese. Non una cifra astronomica, ma comunque una salutare bocca d’ossigeno per il sistema.
Non c’è tempo per crogiolarsi su qualche zero virgola di Pil in più che certifica una crescita ormai nelle cose, ma che necessita di consolidarsi. Il Pil nazionale, che nell’ultimo trimestre del 2016 fa registrare un’ulteriore crescita dello 0,3 per cento trascinando l’incremento dell’anno all’1,6, è certamente un elemento che porta a guardare con maggiore ottimismo al futuro. La sensazione è che “il peggio sia ormai alle spalle” ma “guai a sedersi” dice Ravanelli, che dal suo osservatorio assiste con soddisfazione al clima di ottimismo crescente tra i colleghi e promuove le politiche del governo in termini di Industria 4.0. “Nel primo trimestre 2018 il 10,4 per cento degli imprenditori intervistati, nella nostra indagine congiunturale, prevede di dover far ricorso alla cassa integrazione, nel 2009 abbiamo raggiunto picchi tra il 40 e il 50 per cento” osserva Ravanelli nei giorni in cui l’Istat registra anche un nuovo progresso dell’export (+0,6 per cento), settore nel quale il Piemonte è tra le regioni più forti.
Restano, tuttavia, delle note negative o quantomeno di incertezza, a partire “dalla situazione politica, con le elezioni alle porte e nessuna coalizione che ha i numeri per governare”. L’Italia oggi non può permettersi una fase di stallo, “piuttosto avremmo bisogno di un esecutivo nel pieno dei propri poteri per accompagnare il piano di investimenti di cui le nostre imprese hanno bisogno”. E mentre il leader di viale dell’Astronomia Vincenzo Boccia presenta un’agenda per il futuro governo, dai territori l’unica richiesta è quella di stabilità. “Il piano varato dal ministro Calenda può consentire alle nostre imprese di recuperare il gap con i concorrenti all’estero, soprattutto in termini di innovazione e formazione” dice Ravanelli. La sfida nell’immediato è la formazione. Lo sa bene il neo presidente della Confindustria di Cuneo Mauro Gola, finito al centro di una surreale polemica per aver inviato alle famiglie della Granda una lettera per spiegare come, oggi più che mai, le imprese hanno bisogno di operai specializzati e tecnici. “Aveva ragione – lo difende Ravanelli – ma è stato frainteso. Il lavoro è sempre più qualificato e specialistico. Bisogna lavorare sia sulla formazione scolastica sia sulla riqualificazione professionale”.



