San Giovanni in lutto a Torino
Redazione – Erika è morta. Più di 1.500 persone sono rimaste ferite. Norme di sicurezza e controlli ko. Questo è il bilancio di Piazza San Carlo. Rimbalzo di responsabilità. Unica punita, l’assessore, che si sarebbe dovuta occupare della pulizia della piazza (nel pomeriggio). Niente da dire su venditori abusivi, quelli che stavano sopra l’edicola, appollaiati per vedere la partita. Niente da dire sull’assenza di vie di fuga. Niente da dire su niente. Solo tante lacrime social…Ah no! Il Comune si sente in lutto. E anche il Gay Pride, che osserva (così chiede il comunicato) il silenzio passando da piazza San Carlo. Il Comune si sente così in lutto da proporre delle riduzioni alla festa di San Giovanni.
San Giovanni è una festa religiosa prima di tutto. In quest’ottica il Comune potrebbe evitare di far festa per Natale, Pasqua, Assunta, Immacolata e pure la Consolata (avendo già dimenticato da tempo San Francesco Saverio, che pure è co-patrono di Torino). San Giovanni che festa è? Si tratta della festa del patrono, cioè protettore, o, come dice il dizionario etimologico, chi fa da padre verso qualcuno.
Proprio ora, con questo caos partitico-amministrativo avremmo bisogno di ricordarci di chi ci fa da padre, se non religiosamente, almeno per tradizione culturale. Stupisce, dunque, che questa proposta parta anche da chi siede nei primi banchi delle chiese. Si! Perché, invece di proporre una seria valutazione sociale-culturale ed eventualmente religiosa della festa, che ricorda che abbiamo un Padre in cielo (per fortuna, guardando la madre che ci siamo scelti…), decidiamo che tutto sommato è sacrificabile.
Non è sacrificabile, invece, l’opzione del pensiero unico. Quello per cui il Gay Pride ci deve essere. Eccome. Anche per chi ritenga che l’omosessualità sia un comportamento intrinsecamente disordinato (leggasi Catechismo della Chiesa Cattolica e si ricordi che vi sono “ferventi” cattolici in consiglio comunale).
Sepolcri imbiancati? Ai posteri l’ardua sentenza



