Pronti per cambiare?
Redazione – Il periodo di confinamento è finito. Si torna in strada. Torniamo, sperando che qualcosa cambi o sperando che sia tutto come prima?
Tutto non è come prima. Non solo per il dolore di chi ha perso persone care. Ci sono persone che hanno perso lavori, che davano per certi. Persone, che tanto hanno investito, vedono i loro sacrifici svanire. Paura per il domani, più incerto dell’oggi. Tutto ciò è aggravato da mesi di bombardamento mediatico. Il bollettino dei morti quotidiano. L’aver trasportato il dibattito scientifico, intrinsecamente fatto di incertezze, posizioni diverse e necessità di verifica, in piazza. Le persone, invece, hanno bisogno di informazioni: poche, sicure. Non necessariamente rassicuranti. Se devo investire, devo capire. Non, certamente, catastrofiche per partito preso, per voglia di avere più visualizzazioni.
Risultato? Siamo tutti un po’ spaesati. Abbiamo confinato anziani nella solitudine. Abbiamo costretto le famiglie in casa, tra riunioni virtuali e didattica a distanza. Sono stati fermati settori produttivi importanti. Eppure abbiamo riscoperto la bellezza di stare un po’ insieme. La bellezza del desiderio della famiglia. Alle volte, anche del piacere di fare le cose con meno foga.
Possiamo trarre qualche lezione?
Il lavoro a distanza potrebbe funzionare? Alle volte si. Se le infrastrutture delle telecomunicazioni funzionano. Se i datori di lavoro possono fornire i loro dipendenti con apparecchiature adeguate. In questo, gli imprenditori vanno aiutati ad investire.
Abbiamo dato il reddito di cittadinanza. Ha senso, se poi le persone non hanno lavoro? Non avrebbe più senso sostenere le imprese, perché assumano?
Abbiamo capito che educare e formare a distanza richiede competenze. Alle volte, integrare strumenti a distanza con quelli tradizionali potrebbe funzionare, se si progetta bene questa transizione. Vanno formati gli insegnanti. Le famiglie vanno aiutate, perché, se una persona non ha i mezzi per potersi permettere un computer o un buon collegamento di rete, come posso fare? Per la foga di aggiungere tecnologie su tecnologie, però, non dimentichiamo quanto valga la lettura di un buon libro. Non dimentichiamo quanto valga l’esperienza di stare in classe.
Non dimentichiamo quanto sia preziosa la sanità e l’assistenza sociale. Abbiamo disinvestito per decenni, per tantissime ragioni. Forse ora è il caso di ripensarci.
Abbiamo scoperto che il cielo può essere limpido e le acque del Po possono essere trasparenti. Avevamo bisogno di una pandemia? No. Ridurre l’inquinamento significa ammalarsi di meno e pure risparmiare.
Chi ha i numeri in mano avrebbe il dovere di dismettere i panni del semplice amministratore, per tornare a valorizzare delle visioni politiche per il bene comune. Cioè? Guardare al futuro. Ecco. Pronti a cambiare. Questo dovrebbe essere lo spirito. Per fare cosa? Per evitare di tornare a vivere come prima. Per iniziare a vivere meglio. Ogni individuo sa o dovrebbe conoscere i propri sogni. Anche le comunità. Quali sogni abbiamo? Come evitare che i sogni siano vaneggiamenti, ma diventino progetti? Di queste cose non parliamo da troppo tempo, abituati come siamo a mettere toppe a vestiti troppo vecchi, piuttosto che cambiare.
Fa paura? Decidere può far paura. Anche vivere nell’incertezza pure. L’incertezza, però, è parte della vita. Non decidiamo quando nascere. Non sappiamo quando moriremo. Non dipende da noi. Disporre della nostra vita per qualcosa di buono, invece, dipende dalla nostra volontà. Ora è il momento della volontà