Non basta nemmeno Draghi?
Riceviamo in Redazione, e riportiamo, l’articolo a firma di Carlo Manacorda*, pubblicato in data 10 Giugno 2022 su “www.soloriformisti.it“
Riforme: l’Europa parla, l’Italia fa orecchie da mercante. L’Italy 2022 Country Report espone luci (poche) e ombre (molte) della situazione economica del nostro Paese.
Il 23 maggio, la Commissione Europea ha presentato il “Pacchetto di primavera 2022 ― semestre europeo”. Si tratta del Documento della Commissione “Italy 2022 Country Report” (2022-european-semester-country-report-italy_it.pdf (europa.eu) che accompagna quello del Consiglio: “Raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2022 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2022 dell’Italia”.(2022-european-semester-csr-italy_it_0.pdf (europa.eu). Questi Documenti rispondono a specifiche disposizioni dell’ordinamento europeo. Contengono le raccomandazioni di politica economica che l’Europa rivolge agli Stati membri in ciascun semestre. Con la presentazione del Documento, la Commissione ha anche comunicato la propria decisione di congelare il Patto di Stabilità e Crescita fino alla fine del 2023.
L’Italy 2022 Country Report espone luci (poche) e ombre (molte) della situazione economica del nostro Paese.
Osserva che l’economia italiana, nonostante le difficoltà derivanti dalla pandemia, ha chiuso il 2021 con risultati positivi. Tuttavia, presenta squilibri macroeconomici eccessivi. Il debito pubblico resta elevato, con forti rischi di sostenibilità nel tempo. Sussiste una bassa crescita della produttività per carenze della pubblica amministrazione (gestione inefficace del pubblico impiego, burocrazia, scarsa professionalità ― in particolare a livello locale ―, tempi lunghi nel sistema giudiziario e nella lotta alla corruzione). Permangono carenze strutturali dei mercati del lavoro (bassi tassi di occupazione per le donne e nelle regioni meridionali, elevata disoccupazione giovanile, bassi risultati scolastici) e finanziari (settore finanziario basato prevalentemente sulle banche). Gli squilibri potrebbero aggravarsi, ulteriormente, a causa della guerra in Ucraina per l’ancora rilevante dipendenza dell’Italia dalle materie prime energetiche russe.
Quindi, gli Organismi europei raccomandano politiche di bilancio prudenti: limitare la crescita delle spese non destinate a investimenti; programmare investimenti pubblici segnatamente per la transizione verde e digitale e la sicurezza energetica; perseguire politiche di bilancio volte alla riduzione “credibile” del debito. Al proposito, annotano come resti elevato lo stock del debito pubblico detenuto dalle banche, con possibili loro rischi se mutassero le condizioni nei confronti del debito pubblico sovrano italiano. Lo dimostrano i recentissimi annunci della Banca Centrale Europea (BCE) sull’aumento dei tassi e sulla fine dell’acquisto di titoli del debito pubblico. Gli Organismi europei raccomandano, altresì, il miglioramento delle competenze e della qualificazione e riqualificazione professionale.
Il Rapporto della Commissione sottolinea come il sistema fiscale vigente in Italia ostacoli l’efficienza economica. Le cause: elevato numero di agevolazioni e alta evasione fiscale. L’Europa raccomanda di orientare maggiormente il sistema fiscale alla crescita, riducendo il carico fiscale che grava sul lavoro (cuneo fiscale sul lavoro più elevato rispetto ad altri Stati Ue), e compensando la riduzione con maggiori entrate che possono derivare da un riesame delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), dalla correzione della tassazione degli immobili la cui base imponibile è obsoleta, e con la revisione delle concessioni dei beni pubblici, spiagge comprese. La riforma del fisco deve comunque essere impostata secondo equità.
Per superare carenze e squilibri, il “Pacchetto primavera” insiste, particolarmente, sull’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presentato dall’Italia il 30 aprile 2021 e finanziato dall’Unione europea per 191,5 miliardi di cui: 68,9 a fondo perduto e 122,6 mediante prestiti.
Il PNRR prevede misure per affrontare importanti riforme strutturali: potenziamento dell’efficacia, efficienza e resilienza del settore pubblico, con la riforma del sistema giudiziario, della pubblica amministrazione e degli appalti pubblici; transizione verde, con lo sviluppo delle energie rinnovabili; transizione digitale, con il potenziamento delle infrastrutture digitali, della digitalizzazione della produzione e della crescita delle competenze nel settore; nuove politiche attive del mercato del lavoro; investimenti per ridurre le disparità territoriali a livello economico, sociale e infrastrutturale (potenziamento delle ferrovie nelle regioni dove si registrano ritardi in questo campo); investimenti per migliorare il servizio sanitario nazionale.
Per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e favorire la transizione verde e digitale e la sicurezza energetica, l’Italia può anche fare ricorso Piano RePowerEu, adottato dall’Europa il 18 maggio, nonché attingere agli altri fondi europei.
La presentazione dei suddetti Documenti semestrali da parte dell’Europa non desta mai entusiasmi da parte degli esponenti politici. Particolarmente critici sono i movimenti di ispirazione sovranista, avversi alle ingerenze dell’Europa nelle decisioni dei singoli Stati. “Basta con le pagelle. Siamo in grado di governarci da soli”. Ma poi, di fatto, tutta la classe politica si accoda alla protesta. Complice il (permanente) clima elettorale, ignorando le raccomandazioni europee per una riduzione del debito, si chiedono, insistentemente, scostamenti di bilancio per soddisfare questa o quella istanza sociale, gradita all’elettorato. Le riforme previste dal Governo nell’ambito del PNRR languono nelle Commissioni parlamentari. Domina la regola del rinvio della definizione di tutte le questioni (concessioni comprese quelle balneari, fisco e catasto, giustizia, privatizzazioni e quant’altro) a fatti futuri che saranno oggetto/dovrebbero essere oggetto dei provvedimenti di effettiva attuazione delle riforme.
A prescindere dal fatto che molte delle riforme in campo attendono da anni di essere fatte e segnerebbero, veramente, la svolta del Paese verso la modernità, chi non vuole ascoltare le raccomandazioni dell’Europa non dovrebbe dimenticare che sono ormai i fondi europei che le supportano finanziariamente.
E ― come si sa ― chi mette la grana ha pieno diritto di pretendere che si seguano le sue direttive.
* Carlo Manacorda, economista ed esperto di bilanci pubblici
[Fonte: https://www.soloriformisti.it/non-basta-nemmeno-draghi/]