Lingotto blindato, 150 militari e un milione
Riportiamo l’articolo, a firma di Andrea Rossi, pubblicato su “La Stampa” il 26 novembre 2016
Un presidio fisso davanti alle palazzine, 24 ore su 24. E, soprattutto, postazioni di sorveglianza in un quartiere sul punto di scoppiare. La risposta è stata immediata e – nei numeri – superiore a quanto ipotizzato. Per far fronte alla polveriera che oggi sono le palazzine dell’ex Moi, occupate da oltre mille tra profughi, richiedenti asilo e immigrati senza permesso di soggiorno, i ministeri dell’Interno e della Difesa hanno messo a disposizione di Torino 150 uomini, rispondendo alla richiesta del prefetto Renato Saccone. E hanno disposto un piano di sorveglianza che dovrebbe evitare nuovi incidenti. Infine, il Viminale ha di fatto approvato il piano che in sei mesi dovrebbe riportare il più possibile la normalità nell’ex villaggio olimpico. E ieri pomeriggio il ministro Alfano ha promesso che il governo farà la sua parte, stanziando un contributo di circa un milione per permettere a Torino come minimo di tamponare un’emergenza fuori controllo e di avviare lo sgombero dei cinque palazzi.
I CONTATTI CON IL GOVERNO
Si parte dai 150 uomini: una camionetta all’ingresso del complesso occupato nel 2013, un’altra dalle parti dello stadio Filadelfia, una forse in piazza Galimberti, e presidi itineranti nel quartiere.
La risposta del governo, confermata ieri mattina dal presidente del Consiglio Renzi, in visita a Torino, è il frutto di un duplice pressing. Da un lato c’è la richiesta del prefetto e della sindaca Appendino, che ricalca di fatto il modello Milano: la settimana scorsa, dopo le feroci risse in via Padova e davanti alla stazione Centrale, la città ha chiesto e ottenuto l’intervento del governo e 150 militari in più. Dall’altro lato, a Torino, il terreno è stato preparato nelle settimane scorse. I fatti dell’altra notte hanno avuto l’effetto di rompere una certa inerzia accelerando i tempi di una risposta già sollecitata. Ad esempio, il sottosegretario all’Interno con delega all’immigrazione Domenico Manzione nelle settimane scorse ha incontrato alcuni esponenti del Pd, compreso il presidente della circoscrizione 8 Davide Ricca, renziano della primissima ora e tra i pochi ad avere acceso all’inner circle del presidente del Consiglio.
Insomma, a Roma la situazione dell’ex Moi era nota, ma tempi e modi erano incerti. La rivolta di mercoledì notte – e il pressing di sindaca e prefetto – hanno impresso una robusta accelerazione, che avrà l’effetto – per alcuni collaterale – di trasformare il Lingotto in un quartiere blindato. I 150 militari, va da sé, giostreranno su più turni, ma godranno dell’appoggio delle forze dell’ordine, polizia e carabinieri.
SGOMBERO IN PRIMAVERA
In parallelo dalla prossima settimana si avvieranno le procedure per lo sgombero degli oltre mille immigrati stipati nelle cinque palazzine, garage compresi. Sull’area pende da due anni un’ordinanza di sgombero da parte del Tribunale, mai tradotta in realtà perché il Moi è diventato una polveriera da trattare con i guanti. Il Viminale ora attende da Torino un piano operativo per liberare dalla prossima primavera le palazzine, una alla volta, ma ha già fatto sapere che lo approverà, condividendo le linee generali annunciate dal prefetto Saccone.
Un iter su cui le minoranze in Consiglio comunale vorrebbero saperne di più. Hanno chiesto le comunicazioni di Appendino in Sala Rossa. La sindaca risponderà il 5 dicembre, perché – ha spiegato il suo vice Montanari ai capigruppo – lunedì non sarà in Sala Rossa e comunque prima di fornire informazioni farà ancora un punto con la prefettura. Le minoranze non hanno gradito: «Se non è in grado di avere notizie immediate su una situazione di ordine pubblico vuol dire che è senza autorevolezza», attacca Osvaldo Napoli di Forza Italia.