LE RETORICHE DELLA DEMOCRAZIA
Riceviamo in Redazione e riportiamo la newsletter 30/2017 di Alpina-Dialexis, a cura di Riccardo Lala, del 24 giugno 2017
In un’intervista rilasciata il 22 giugno ai quotidiani europei aderenti all’ alleanza LENA, Emmanuel Macron ha tentato di delineare la sua visione dell’ Europa, anche in risposta all’articolo di fondo dell’ Economist del 31 marzo, dedicato alla “crisi della democrazia”. Secondo “Il Corriere della Sera”, la pretesa crisi denunziata dall’ Economist non sarebbe per altro più grave delle molte che si sono susseguite fin dall’inizio.
1.Un equivoco secolare
A nostro avviso, questa “crisi permanente della democrazia” evidenziata dal “Corriere” deriva semplicemente da un equivoco terminologico e dalla presunzione dell’ establishment europeo.
Nonostante che il termine fosse stato coniato dai Greci antichi, nessun Greco, salvo, parzialmente e discutibilmente, Pericle (nell’ elogio ai caduti delle guerre peloponnesiache), si era mai definito “democratico”, mentre, addirittura, Platone e Aristotele avevano classificato la democrazia fra le forme degenerate di governo. Quella ideale era invece, quella ch’essi chiamavano “Politeia”, tradotta in latino come “Res Publica”. L’opera principale di Platone si chiamava appunto “Politea”, e la costituzione tradizionale dei Greci si chiamava “Patrios Politeia” (La “Costituzione dei Padri”, a cui abbiamo dedicato il primo volume di “10.000 anni d’Identità Europea”). La “repubblica” antica aveva in sé un qualche elemento monarchico (come i consoli), vari aspetti cetuali (il Senato, i Tribuni) e qualcosa di democratico (i Comizi). Quando Tocqueville parla dell’ “Antica Costituzione Europea”, intende, appunto, stabilire, per l’ Europa dell’ ‘800, un parallelismo con il sistema istituzionale della Grecia e di Roma.
Nel frattempo, si erano succedute nel mondo infinite forme di governo: anarchia primitiva, familismo, patriarcato, matriarcato, clanismo, tribalismo, monarchia, repubblica, feudalesimo, teocrazia, dispotismo, corporativismo, liberalismo, socialismo, comunismo, ma, di nuovo, fino al 1800, nessuno aveva parlato di “democrazia”, se non per reiterare il giudizio negativo di Platone e Aristotele. Anche quelli che siamo soliti considerare come i primi barlumi di democrazia, come i Comuni italiani, i Cantoni Svizzeri, le Province Unite dell’Olanda e gli stessi Stati Uniti, non si definivano come “democratici”, bensì come “repubblicani”.
Ma perfino quando Tocqueville aveva popolarizzato il concetto con il suo “Démocratie en Amérique”, tale termine si limitava a descrivere il sistema socio-politico americano, senza farne un concetto sistematico e programmatico. Anzi, Tocqueville si preoccupava del fatto che la democrazia americana si sarebbe estesa al resto del mondo, e ricercava i possibili rimedi. Il primo partito politico democratico in Europa era stato la contemporanea “Società Democratica Polacca”, composta di esuli, che aveva adottato lo slogan di Alexander Hamilton “Tutto per il popolo, tutto con il popolo”. Tuttavia, una vera e propria politica democratica era stata avviata solo da alcuni partiti nella Francia della IIa Repubblica e nel 1869 dal “Partito Socialdemocratico Tedesco” (per altro piuttosto autoritario), mentre tutti i sistemi politici, europei o extraeuropei, antichi o moderni, erano , o monarchici, o oligarchici, o aristocratici, o plutocratici, o cetuali. In Italia, il suffragio universale maschile fu introdotto nel 1912, e quello femminile, nel 1945.
Il “Pledge of Alliance è una versione semplificata del “Balch Salute”, che comprendeva ”Il “saluto romano” (“Bellamy Salute”/“Hitlergruss”), e fu usato nelle scuole americane dal 1889 al 1942.
2.Tutto copiato dall’ America
Contrariamente alle retoriche europee della democrazia, riprese pedissequamente da Macron, il sistema “democratico” è quindi tipicamente americano, e gli Europei, come Tocqueville, Nietzsche, Bismarck,Weber, Mosca, Michels, Pareto, Croce, Gramsci, Coudenhove Kalergi, Weil, Spinelli, De Gaulle, si sono sempre preoccupati nella sostanza di limitarlo. Certo, ai Francesi è sempre piaciuto dire che la democrazia è un’invenzione della Rivoluzione Francese. Tuttavia, questa aveva semplicemente copiato la Dichiarazione d’ Indipendenza americana e il suffragio universale dalla Rivoluzione Americana (ovviamente senza donne, afroamericani e nativi), e li aveva poi anche subito aboliti. Neanche il modello americano, tanto decantato, mancava certo di pecche, riprese, “mutatis mutandis”, da quello francese. Come la Rivoluzione Americana aveva avuto la sua Tratta Atlantica, il suo Trail of Tears, la sua persecuzione di monarchici e dei cattolici, così la Rivoluzione Francese aveva il suo Terrore e le sue guerre napoleoniche.
Come dimostra quest’excursus storico, un sistema detto “democratico”, che in realtà è un clone di quello americano, fu introdotto in Europa solo contemporaneamente all’ arrivo in Europa delle truppe alleate. Ricordiamo anche che, non diversamente, quando il generale persiano Mardonio aveva sedato, per conto dell’ imperatore persiano, la rivolta delle città greche della Ionia, vi aveva instaurato immediatamente “delle democrazie”, per poterle controllare meglio. Non per nulla oggi, quando si valuta il carattere “ democratico” di un sistema politico, non lo si misura su un parametro astratto e predefinito, bensì in base alla sua corrispondenza più o meno marcata ai desiderata di Washington – un mix, che tanto più è chiamato “democratico”, quanto più è funzionale agli interessi americani-. Paradossalmente, molte caratteristiche spiccatissime in America, come il fondamentalismo, il presidenzialismo, il familismo, l’interventismo statale, il militarismo, i servizi segreti, il conformismo, il nazionalismo, il razzismo, quando invece sono presenti in certi Paesi esteri rivali dell’ America, li fanno considerare “antidemocratici”. Ad esempio, nonostante che la situazione politica in Francia e in Russia sia quasi identica, democraticissima è la Francia dove il partito del presidente, inventato dall’alta finanza e dai media nel corso di un anno intorno a un personaggio secondario, ha la maggioranza assoluta in Parlamento pur rappresentando circa il 7% dei cittadini, mentre non è per nulla democratica la Russia, dove , con una costituzione identica, si ottengono risultati identici. L’unica differenza è che i missili russi sono puntati contro l’ America, mentre quelli francesi contro la Russia. Significativo che, al momento dell’ elezione presidenziale, Macron abbia sentito il bisogno di fare il gesto del “Pledge of Alliance”, che è il giuramento di fedeltà alla bandiera americana. Ma, allora, Macron è il primo funzionario della Francia o un proconsole distaccato dell’ America?
La “crisi” permanente del sistema deriva in primo luogo dalla continua lotta degli altri Paesi per non essere inglobati completamente nel sistema americano, e, quindi, per mantenere almeno qualcuna delle caratteristiche non gradite all’ America, come per esempio un esercito o un servizio segreto efficienti.
Come che sia, anche il sistema detto “democratico”, introdotto in Italia nel II° Dopoguerra era in realtà un “mix”, una “poliarchia” fortemente influenzata, oltre che dall’ America, dalla ferrea disciplina dei partiti di massa (p.es., P.CI.) dalle ingerenze militari (p.es. Gladio), russe (p.es. “dossier Mitrokhin”), ecclesiastiche (p.es., Comitati Civici), della Mafia (p.es, Portella della Ginestra), degl’imprenditori (Tangentopoli); più tardi, del terrorismo (cfr. Strage di Piazza della Loggia, sequestro Moro, ecc..). Anch’esso era ispirato, più che a una logica precisa, a un mix di istituti eterogenei, anche se diversi da quelli americani: l’indipendenza politica, ma non economica e militare (come anticipato già da Wilkie per tutta l’ Europa del Dopoguerra); un ruolo esorbitante dei partiti, privi di democrazia interna e pieni di privilegi (la “partitocrazia”); un’economia mista non disciplinata in alcun modo, se non da residui del preesistente sistema corporativo (legislazione del lavoro, contratti collettivi validi erga omnes…). Con tutti i suoi limiti, tale sistema “democratico/poliarchico” europeo aveva raggiunto, negli Anni ’50 e ‘60, un notevole livello di pluralismo e di partecipazione, superiori in ogni caso a quelli dell’ America. In Europa come in altri Paesi, gli Anni ‘50 e ‘60 sono anche ricordati come anni di avanzamento personale e collettivo.
3.I rovesci della democrazia
Nei decenni successivi, la fossilizzazione delle ideologie, le violenze estremistiche, l’egemonia dei media, Tangentopoli, ridussero sempre più l’interesse, la spontaneità e la partecipazione, fino all’attuale situazione che vede una partecipazione al voto inferiore al 50% degli aventi diritto. Invece, tutte le esigenze che, secondo la “vulgata” sarebbero proprie della democrazia, sono state perseguite, e in modo ancor più energico, da altri sistemi politici, come la prosperità del popolo da parte degl’Imperatori romani, la libertà dei cittadini dalle poleis greche, la difesa dei diritti nei comuni medievali, la coesione sociale nell’ Impero cinese, lo sviluppo dell’industria nei monasteri medievali, la partecipazione effettiva nei sistemi cetuali, il pluralismo culturale nell’ Andalusia araba, ecc…
Secondo l’Economist, a partire dal 1980, la democrazia aveva conosciuto rovesci che sono peggiorati a partire dal 2000.Un primo gruppo di rovesci post 2000 si riferiscono semplicemente alla maggior parte dei regimi “democratici” imposti negli anni precedenti nei Paesi ex-socialisti (Russia, Bielorussia, Ungheria, Polonia), o afro-asiatici (Libia, Egitto). Per lo più, si trattava del recupero di valori politici precedenti (monarchia, socialismo, patriottismo, religione, tribalismo) molto radicati, e conculcati dal “socialismo reale” o dalla successiva “occidentalizazione forzata”. Tuttavia, gli avversari dei regimi democratici non sono, come dicono gli angloamericani e Macron, degli “autocrati”, bensì regimi decentrati almeno quanto la “democrazia” americana: quali familisti-tribali, come quelli della Siria, della Corea del Nord, dell’ Arabia Saudita, del Qatar o di Cuba; quali teocratico-elettoralistici come quello iraniano; quali semplicemente tribali come quelli della maggior parte dei Paesi africani; quali nazional-democratici come quelli russo, ungherese o polacco, quali tecnocratici- meritocratici come quello cinese.
Un secondo gruppo di rovesci, che prende in considerazione l’Economist, si riferisce ai Paesi occidentali, tradizionalmente considerati i più democratici.
La constatazione più impressionante riguarda gli Stati Uniti, che, già sotto Obama, venivano definiti dall’ Economist come “una democrazia imperfetta”. La risposta a questo collasso universale della democrazia sono stati la Brexit, Trump e l’emergere dei movimenti sovranisti in tutta Europa, contro le élite. Anzi, come ammettono gli analisti dell’Economist, la vittoria di Trump rappresenta addirittura una forma di difesa dei cittadini di fronte alla diminuzione di democrazia avvenuta durante gli anni del governo liberal: la “reazione popolare” espressa dall’elezione di Trump – scrivono – “può essere vista come una risposta, non una causa, alla carenza di democrazia”. Eppure, secondo gli analisti dell’Economist, anziché cercare di capire le cause di questa “reazione popolare contro l’establishment” molti “hanno cercato di delegittimare i risultati elettorali, denigrando i valori di coloro che li hanno sostenuti”. E così Brexit e Trump sono diventati per la stampa“esplosioni di emozioni primordiali, espressioni viscerali di un nazionalismo gretto” e coloro che li hanno votati “analfabeti politici” o peggio ancora “bigotti e xenofobi in balia di demagoghi”; insomma quei “miserabili” con cui la Clinton ha dato straordinaria prova del suo disprezzo antropologico.
Secondo l’ Economist, le due ragioni principali di questo cambiamento sarebbero la crisi economiche del 2008 e la crescita della Cina.
Concordiamo con quest’analisi. Tradizionalmente, l’argomento principale sostenuto dai fautori della “democrazia” era ch’ essa sarebbe il sistema che maggiormente garantirebbe il benessere del popolo. E questo sarebbe anche logico, perché la democrazia, nel nome di questo benessere, sacrifica deliberatamente la cultura, la difesa, la natura, ecc…, a vantaggio dei consumi e della loro diffusione universale. Tuttavia, nonostante che non si costruiscano più monumenti, che i ceti intellettuali siano ridotti sul lastrico, che i nostri eserciti siano risibili, la ricchezza effettiva del “popolo” continua costantemente a diminuire. Così va infatti interpretato un incremento nominale del PIL dell’1 o del 2 per cento, perché questo significa che non si riesce neppure a fare fronte all’ obsolescenza programmata. In realtà, l’ingresso, dopo la guerra, dell’ Europa nel mondo occidentale aveva comportato un aumento dei consumi privati, non già non del PIL effettivo, né, tanto meno, delle prospettive di sviluppo a lungo termine. Infatti, si erano trasferite semplicemente le masse di soldati smobilitati nelle grandi fabbriche, le quali , invece di costruite mitragliatrici e carri armati, si erano messe a produrre automobili ed elettrodomestici. In realtà, il PIL dell’Europa era stato compresso fin dall’ inizio dalla subordinazione delle nostre economie alle esigenze militari e di prestigio americane, e ora anche quello americano comincia a scricchiolare dinanzi all’emergere delle capacità tecnologiche, finanziarie, industriali e commerciali dei Paesi extraeuropei, e, soprattutto, della Cina.
4.La crescita vertiginosa del PIL cinese
Anche se non si è ancora consolidata una nuova mitologia della “Via della Seta”, la definizione mitica della “democrazia” di tipo occidentale come il sistema del benessere del “man of the street” non è più sostenibile. Infatti, il PIL della Cina non fa che accrescersi da 70 anni ad un ritmo di tre-quattro volte di quello occidentale, al punto che quel Paese, che, nel 1949, era ridotto, dopo 10 anni di guerra totale, a un cumulo di macerie, è oggi divenuto il più tecnologico e il più ricco del mondo. Così stando le cose, nessuno può dubitare che questo sistema sia anche il più efficiente dal punto di vista economico. E questo è già di per sé uno scandalo per gli Occidentali. Per questo, nessuno vuole andare ad analizzare i singoli componenti di questo successo, che sono: l’ethos nazionale laborioso, comunitario e patriottico; lo sfruttamento al massimo delle economie di scala di un Paese di 1 miliardo e mezzo di abitanti; una programmazione operativa, che è assoluta sulle grandi scelte storiche, flessibile su quelle strategiche, indicativa su quelle tattiche; la tutela assoluta del know-how nazionale.
Continuando di questo passo, fra pochissimo tutta l’economia mondiale graviterà intorno a quella cinese. Cosa che preoccupa enormemente l’”establishment” occidentale, il quale, allievo di Marx e di Rostow, crede nel determinismo economico dello sviluppo, e che quindi tutto il mondo sia condannato a seguire, non solo in campo economico, ma anche in campo culturale e politico, le orme del Paese “più sviluppato”. Ma, se tutti seguono le orme della Cina, vuol dire che non seguono più quelle dell’ America, e che, anzi, se ne allontanano. E, per quanto neppure prima il copiare l’ America equivalesse ad esserle gradita, è certo che seguire, come trend principale, quello cinese, significa almeno svalutare il prestigio del sistema americano.
5.L’ideologia del Mayflower
Soprattutto sul punto più delicato, perché teologico, quello della “democrazia”. Ma come è possibile che la “democrazia” sia così rilevante, se la democrazia americana non segue nessun principio direttivo, bensì è solo un mix di carattere storico? In realtà, al di là delle realtà concrete, che sono molto diverse, il sistema americano, fino dai tempi di Tocqueville, si era proposto con uno slogan, ben sintetizzato da Tocqueville come “passione per l’eguaglianza”. Secondo Tocqueville, in America, andare contro l’eguaglianza era come andare contro Dio. Orbene, lo scandalo ora è che il Paese che è ora di maggior successo nel mondo non creda nell’ eguaglianza, o, comunque, le preferisca la meritocrazia. Poteva ancora andare bene il maoismo, dove l’eguaglianza, fosse pure economica, veniva imposta con la forza. Ma lo scandalo è che qui in campo economico c’è un sistema di mercato, e in campo politico una forma di cooptazione in base al merito; eppure, il sistema funziona egregiamente. Infine, il comando supremo, in un sistema di 1 milardo e mezzo di persone, è affidato ad un capo quasi assoluto, nominato di recente “HeXin”, cioè “leader supremo” come Mao.
Se la “democrazia” costituisce un tema così scottante è dunque perché essa è, per gli Americani, “una passione”. Potremmo aggiungere, una passione di tipo religioso, che, per altro, anche in questo caso, non è “europea”, bensì “puritana”, e, più precisamente, propria della “Dissidence of Dissent”(come la chiamava Huntington), cioè dei “Dibattiti di Putney” all’interno della New Model Army cromwelliana, e, poi, della Congregazione di Scrooby, cioè dei Padri Pellegrini emigrati in America sul Mayflower e fondatori della colonia di Plymouth (oggi parte del Massachusetts). Solo secondo queste due sette la democrazia costituisce, per così dire, un comandamento divino. Ma sono queste sette che dominano l’immaginario collettivo americano, perché il “Mayflower Compact”, firmato in navigazione verso Plymouth, costituirebbe il primo atto fondativo degli Stati Uniti, perché i Padri Pellegrini avevano rinunziato alla concessione di un territorio da parte della “Virginia Company”, emanazione della Corona.
E’ significativo che solo una parte dei passeggeri del Mayflower (i “Padri Pellegrini”) avessero firmato il Covenant, mentre gli altri (gli “Strangers”) avevano rifiutato, perché non ne condividevano l’orientamento teocratico. Così, la “Democrazia in America” nasce come forma di teocrazia, rifiutata da una parte stessa dei coloni. E, difatti, nel Massachusetts, essere Quaccheri era un reato punito con la pena di morte.
6. La corsa verso il sistema cinese
Il bello è che tutto il mondo sta andando nella stessa direzione. In un’ ecumene con 7 miliardi e mezzo di abitanti, dove esistono tre Paesi delle dimensioni degli USA, della Cina e dell’ India, dove le rivalità fra questi tre Paesi e attori minori, come Russia, Israele, Arabia Saudita, Iran, sono qualcosa di quotidiano, e dove, come ha detto Jack Ma, l’Intelligenza Artificiale sta portandoci alla 3° Guerra Mondiale, c’è bisogno, per tutti, di elevare, e di molto, il grado di centralizzazione e le capacità di comando, soprattutto per evitare varie forme di destabilizzazione pilotate dall’ esterno.
Lo sviluppo economico è strettamente legato alle nuove tecnologie; queste, alle nuove armi, e la guerra tecnologica diviene sempre più complessa e veloce. La catena di comando dev’essere più ristretta e più ripida.
Ad esempio, per rialzare le sorti della Russia, Putin ha dovuto proporsi alla popolazione come un condottiero sempre all’ erta, capace di reagire immediatamente a qualunque sfida.
Ricapitoliamo alcuni eventi:
2008.Aggressione georgiana all’ Ossetia, iniziata alle 8 del mattino ora locale, mentre Putin volava verso Pechino per le Olimpiadi. Dopo un paio d’ore, i Georgiani stavano già bombardando Tskhinval; subito dopo, l’ Esercito Russo sbucava dal tunnel di Roki, e nel pomeriggio contrattaccava, respingendo i Georgiani. Alle 9 di sera (ora di Pechino), Putin incontrava allo stadio Bush, che gli chiedeva di non reagire, e poteva rispondergli che i Georgiani erano già stati respinti. Mentre i due assistevano allo spettacolo, l’Esercito Russo e gl’indipendentisti Abkhazi entravano in territorio georgiano.
Stesso scenario nel 2014. Il 23 luglio,la sera prima dell’ inaugurazione dei giochi di Soci, i ministri degli esteri europei si erano riuniti a Kiev con il presidente Janukovich e i leaders dell’ opposizione, facendo loro firmare un accordo. Appena partiti i ministri europei, quando il presidente Janukovich usciva in strada, veniva fatto segno di colpi d’arma da fuoco e fuggiva verso la Russia. Il27 luglio, in un palazzo dello sport a Kharkiv si riunivano alcune migliaia di amministratori locali russofoni, che deliberavano la costituzione di milizie locali e l’indizione di referendum. Il 27 luglio , a Simferopol, il Soviet Supremo della Crimea votava la secessione dall’Ucraina e l’adesione alla Russia, convocando un referendum. Contemporaneamente, unità dei servizi segreti russi assumevano il controllo di tutti gli obiettivi militari della Crimea, coadiuvati da cosacchi locali, mentre le milizie volontarie del Donbass costruivano barricate davanti agli edifici governativi delle principali città.
Come sarebbe stato tutto ciò possibile senza una ferrea unità di comando?
Il 15 agosto 2016, in Turchia,c’è un tentativo di colpo di Stato.Alle 21,i golpisti arrestano i capi dello Stato maggiore; alle 23, bombardano con gli elicotteri il quartier generale delle forze speciali, e truppe occupano piazza Taksim e la Radio, costringendo la presentatrice a leggere il proclama degl’insorti.All’Una, Erdoğan lancia, con il cellulare, un appello al popolo, che scende in piazza ed assalta i carri armati. Al mattino, I soldati al Ponte del Bosforo si arrendono. Questa reazione non sarebbe stato possibile senza una presidenza carismatica e con un largo seguito di militanti.
Il successo di questo modello di leadership forte e vicina al popolo è tale, che, addirittura, gli elettori americani, disdegnando le candidature di vecchie colonne dell’ establishment partitocratico, decidono di affidarsi a un “outsider” decisionista.
Ora solo l’ Europa è rimasta con i suoi re travicelli, che ripetono sempre le stesse lezioncine, senza avere alcun’idea su come rovesciare il declino del nostro Continente, rifiutando il ruolo subordinato che ci è stato assegnato. I nostri governanti non vogliono riconoscere questo fatto elementare, e, anzi, continuano a raccontarci, come fa Macron, che l’ Europa è un’oasi di pace, di prosperità, di libertà e di giustizia sociale. O, addirittura, come ha detto Schaueble, che l’Europa dovrebbe lottare, anche da sola, a livello internazionale, per impedire che la Cina e la Russia possano agire indisturbate nei territori di loro influenza.
Sarebbe ora che, alla luce della storia e della conoscenza dei nostri limiti, accettassimo con maggiore umiltà di considerarci alla pari con gli altri Continenti, e, quindi, di avere problemi ed esigenze analoghi. Certo,non dobbiamo accettare di subire gli ordini di altri, né di sacrificare la nostra economia agl’interessi altrui. Tuttavia, dobbiamo essere pronti ad ascoltare le esperienze degli altri e a mettere in comune i nostri sforzi per controllare la tecnica scatenata.
In concreto, ora è stato decisa la costituzione di un Fondo Comune per la Difesa. Ma, affinché non vada sprecato, come i Piano Juncker, di cui più nessuno si ricorda, ci vorrebbe una leadership effettiva. Nel 2014, avevamo inviato a Juncker il nostro libro “Re-Starting EU economy via Knowledge-Intensive Industries, ed ora saremmo tentati di inviarne u n altro, sull’industria della difesa, ma siamo scoraggiati dal fatto che questi argomenti, nessuno cominci neppure ad abbozzarli. Altro che studiarli, dibatterli ed attuarli!
7.Una democrazia europea realistica
Per smitizzare le retoriche democratiche “occidentali” quali proposte, per esempio, da Macron, ci riallacciamo alle teorie classiche europee, e, in primo luogo, a quelle della politologia italiana. A questo proposito, Roberto Esposito aveva parlato un anno fa di un’ “Italian Theory” relativamente a tutto un filone della filosofia italiana che, partendo dagl’ inizi del XX° secolo, si prolunga fino ad oggi. Ci limiteremo qui a ricordare autori politici della prima metà del secolo: Mosca, Tilgher, Rensi, Gramsci, Burzio. Tutti questi autori, eredi della scuola politologica realistica, che ha il proprio nobilissimo capostipite in Machiavelli, furono critici della retorica democratica, senza, per altro, aderire al fascismo, anzi, essendone perseguitati..
Ci riferiamo qui, per tutti, soltanto al pensiero di Gaetano Mosca ,il quale, in netto contrasto con il manicheismo occidentale (“democrazia”-“autocrazia”) sosteneva che esiste una sola forma di governo e di classe politica, cioè l’oligarchia. Mosca faceva tale affermazione perché riteneva che in ogni società vi siano due classi di persone: i governanti (che sono le élite che hanno il potere politico) ed i governati (il resto della società). Secondo Mosca, l’élite al potere sarebbe organizzata in modo tale da mantenere a lungo la propria posizione e tutelare i propri interessi, anche utilizzando i mezzi pubblici a sua disposizione. Per questi motivi egli riteneva che la democrazia, il parlamentarismo, il socialismo fossero solo delle utopie, delle teorie politiche per legittimare e mantenere un potere che è sempre in mano a pochi uomini.
Diceva Mosca: “È vero, come ci ha insegnato Karl Marx che la storia dell’umanità è una storia di lotta, ma non si tratta di lotta economica, bensì di lotta politica. È lotta tra una minoranza che vuole continuare ad essere classe politica e un’altra minoranza che aspira a diventarlo”.In altre parole, qualunque sistema politico si basa su di un consenso di fondo. Quando questo decade, avverranno adeguamenti sia nella composizione dei gruppi intellettuali e burocratici che formano la classe politica, sia nella sua forma organizzativa. Questo ricambio dipende anche dalla situazione dello stato in quel preciso momento: in particolare, in una condizione di guerra, l’accesso alla classe politica sarà facilitato a generali, comandanti etc.
Orbene, la situazione attuale dell’ Europa e del mondo è tale che la qualità più importante è la capacità di fare fronte alle tensioni estreme che nascono dalle nuove tecnologie: disoccupazione intellettuale, nuove armi, intelligenza artificiale, rischio di Terza Guerra Mondiale. D’altra parte, durante la IIa Guerra Mondiale, anche Francia ed Inghilterra furono governate in modo dittatoriale da De Gaulle e Chuirchill.
Per questo motivo, la questione prima per la “governance” dell’ Europa è costituita dalla creazione, con una nuova cultura e con riforme strutturali, una centralizzazione del potere al vertice, in modo da permettere un’azione a fondo sulle nuove tecnologie e sulla difesa dell’ Europa. Tra l’altro, solo in tal modo si potrebbe accrescere la rappresentatività dell’ Europa nei confronti di Trump, di Xi Jinping, di Putin e di Modi, con i quali siamo costretti, volenti o nolenti, a fare i conti tutti i giorni.
Si noti che anche in America, gli scienziati preoccupati per i rischi tecnologici ammoniscono contro la sintesi perversa fra nuove tecnologie militari automatizzate e decadenza del livello culturale e umano della classe politica, che porta ad una catastrofe certa.



