Crisi di sistema, populismo e popolarismo
Riportiamo l’articolo, a firma di Pier Paolo Saleri pubblicato su “eupop.it” in data 7 novembre 2018
L’alleanza di governo tra socialdemocratici e cristianodemocratici è stata, fino ad oggi, il perno del potere e della governabilità non solo in Germania ma anche in Europa
Ciò che avviene in Germania ha avuto sempre, almeno da due secoli a questa parte, una importanza determinante, e tutta particolare, per l’assetto dell’Europa intera e non solo. Per rendersene conto basta pensare a quanto sia cambiato l’intero scenario mondiale a seguito della caduta del muro di Berlino e della riunificazione tedesca. Con quel muro che crollava ha preso avvio un vero e proprio terremoto che, nel giro di pochi anni, con ripetuti scossoni ha, non solo, radicalmente cambiato il volto geopolitico del continente europeo ma, addirittura, ha aperto le porte all’era della globalizzazione lasciando liberi e, senza freni, gli “spiriti animali” del capitalismo.
Questo riferimento introduttivo può essere utile per meglio mettere a fuoco quanto sia determinante, per le prospettive dell’intera Europa, il fatto che nei giorni scorsi, in Germania, la coalizione rosso nera Cdu/Spd sia stata tanto pesantemente sconfitta, da populisti e verdi, alle recenti elezioni amministrative della Baviera e dell’Assia. Si tratta di un voto che va ben al di là di due sconfitte locali, seppure in due lander di primaria importanza; un voto che annuncia una crisi di sistema non solo in Germania ma, anche, nell’ Unione Europea. Lo conferma, in maniera chiarissima l’addio alla politica annunciato da Angela Merkel. La cancelliera – vero “pivot” del potere in Germania ed in Europa – in una drammatica conferenza stampa ha annunciato non solo che lascerà la presidenza del suo partito, che guida da 18 anni, già dal Congresso del prossimo dicembre ma ha, anche, aggiunto che, alla fine del suo mandato, non si ricandiderà più né alla cancelleria, né al Bundestag e neppure per incarichi europei. La Merkel paga così, con un gesto coraggioso di grande rilevanza politica, il prezzo per non essere riuscita a contenere l’esplosione populista in Germania ed in Europa. Un gesto che testimonia, senza mezzi termini, l’estrema gravità della situazione attuale.
L’alleanza di governo tra socialdemocratici e cristianodemocratici è stata infatti, fino ad oggi, il perno del potere e della governabilità non solo in Germania ma anche in Europa. Ed è di tutta evidenza, e fuori discussione, che Cdu e Spd hanno esercitato, fino ad oggi, un’assoluta egemonia sull’Unione Europea, sulle sue istituzioni e sul suo Parlamento. Tutto questo in una complice logica di contesa/intesa che le ha viste sempre collaborare e soprattutto, fatto più significativo, collaborare nel quadro di una comune nuova cornice ideologico-culturale di stampo mondialista, tecnocratico ed elitario. Una cornice che ha pesantemente appannato, sovrapponendovisi, le loro identità originarie, rispettivamente popolari e socialiste impedendo, di fatto a queste due grandi forze politiche di entrare in sintonia, ed interpretare l’enorme scontento montante in Europa dalla recessione del 2008 fino ad oggi.
La crisi che si è aperta in Germania sconvolge, dunque, non solo l’assetto politico della Germania stessa, ma anche quello dell’intera Europa visto che cristianodemocratici e socialdemocratici sono, da molti anni le colonne portanti dell’attuale “governance” europea. Né d’altra parte potrebbe essere altrimenti visto che lo scontento nei confronti delle attuali istituzioni europee ha, chiaramente, dimensioni continentali. La crisi della Cdu è, in buona sostanza, anche la crisi del Ppe.
A questo punto – dacchè la comune matrice della marea montante dei diversi movimenti e gruppi che rifiutano le attuali istituzioni europee viene oggi comunemente definita come “populismo” – diventa quanto mai interessante e significativo soffermarsi a ragionare su una questione, specifica, ma fondamentale per inquadrare correttamente la situazione nel suo complesso. Ovvero: quale è il reale rapporto ideologico e culturale sotteso allo scontro tra popolari e populisti?
Popolarismo e populismo sono, infatti, due parole che hanno la stessa radice nel comune riferimento al popolo. Ne consegue che, almeno in linea teorica, dovrebbero avere molti interessi e valori comuni da difendere e riaffermare.
In questo quadro diventa facilmente comprensibile perché il populismo trovi, il suo maggior spazio innanzitutto là dove il popolarismo, venendo meno alla sua vera missione, non svolge più la sua funzione di rappresentanza del popolo, di difesa della sua identità e dei suoi interessi
Il populismo sta dilagando soprattutto in quanto il popolarismo -prigioniero degli schemi ideologici del globalismo tecnocratico ed elitario che egemonizza le principali organizzazioni internazionali, compresa l’Unione Europea- non è più riuscito a dare risposte credibili alla disgregazione sociale che avanza con l’aumentare della povertà, della disoccupazione, dell’impoverimento dei ceti medi, del degrado materiale e morale e dell’immigrazione incontrollata.
Il “populismo” costituisce una risposta estrema, e non scevra di pericoli, ai disastri sociali, culturali, economici e di deriva etica che la globalizzazione egemonizzata dal pensiero unico mondialista e dagli interessi della finanza internazionale, ha determinato in Europa come in tutto l’Occidente. Ma è soprattutto la latitanza del popolarismo, della sua cultura e di una azione politica realmente radicata nella sua identità, nella sua tradizione e nella sua storia che spalanca le porte al dilagare del populismo.
A questa marea di disperazione e di sfiducia montante è, infatti, proprio la tradizione politica e sociale dei popolari che potrebbe riuscire a dare risposte efficaci sottraendo al populismo molto terreno sotto i piedi. Ma il popolarismo potrà fare questo solo risvegliando la propria identità autenticamente popolare e rompendo la gabbia del pensiero unico mercatista e relativista che oggi lo egemonizza e lo imprigiona.
È solo questa la via maestra per recuperare la capacità di ben discernere tra la strumentalizzazione politica, spregiudicata ed estrema, dei profondi disagi sociali di cui il populismo si fa portatore, alla quale bisogna contrapporsi, e la realtà drammaticamente concreta di quegli stessi disagi sociali ai quali invece bisogna dare attenzione, voce e risposte concrete e giuste.



