Pasticci autostrade, anche il Comune di Torino fa la sua parte.
Riceviamo in Redazione e riportiamo l’articolo, a firma del Professor Carlo Manacorda*, pubblicato in data 29 gennaio 2020 su “www.lineaitaliapiemonte.it”
Si può essere d’accordo o meno sul fatto che le autostrade siano in mano a enti pubblici o privati. Però è importante fare molta attenzione alle modalità con cui si passa da un sistema all’altro. Perchè si rischia che le “trovate” di chi amministra denaro pubblico abbiano pesanti ripercussioni sulle tasche dei cittadini. Caso Sitaf: se il Comune di Torino entro il 28 febbraio 2020 dovesse restituire ad Anas 78 milioni, dove andrebbe a prenderli?
Da qualche tempo, l’argomento autostrade è tra i più presenti nei mezzi d’informazione: viadotti che crollano, assenza di manutenzioni, financo revoca delle concessioni dopo i morti che ci sono stati per il crollo del ponte Morandi a Genova. Insomma, un bel po’ di pasticci. In questo quadro, anche il Comune di Torino fa la sua parte. Qui, per fortuna, non ci sono morti o crolli. Però ci sono fatti che suscitano qualche perplessità nei cittadini. Dunque, parlarne un po’ non guasta.
Nel 2014, l’amministrazione del Comune di Torino (Sindaco Fassino), alla caccia di entrate per risanare le disastrate finanze comunali lasciate in eredità dai precedenti governi del Comune, decide di vendere le azioni che possiede della SITAF, la Società Italiana per il Traforo Autostradale del Frejus (la società che gestisce la Torino – Bardonecchia). La vendita sarà fatta direttamente, quindi senza gara pubblica, all’ANAS, in quanto già socio di SITAF. Incasso presunto: dai 20 ai 30 milioni.
I soci privati presenti nel capitale di SITAF (ATIVA, SIAS e MATTIODA), interessati all’acquisto delle azioni del Comune di Torino, però non ci stanno e mandano una diffida al Comune invitandolo a non firmare la vendita all’ANAS. Ma il Comune ― cui s’affianca anche la Provincia di Torino, anch’essa proprietaria di azioni SITAF ― firma, insieme alla Provincia, la vendita. ANAS diventa così proprietaria del 51,092% del capitale di SITAF. Ad ATIVA, SIAS e MATTIODA non resta quindi che ricorrere al Tribunale per far dichiarare illegittima la vendita. Nasce una causa che ha vari e complessi sviluppi.
Dopo le elezioni, nel 2016 s’insedia al Comune di Torino un’altra amministrazione (Sindaco/a Appendino). Frattanto, scompare la Provincia di Torino, che viene sostituita dalla Città metropolitana di Torino. Come noto, il Sindaco di Torino è anche Sindaco della Città metropolitana, cosicché la questione della vendita delle azioni SITAF finisce nelle mani della stessa persona. Ora l’incasso complessivo della vendita è ancora più allettante: circa 78 milioni, 44 milioni per il Comune e 34 per la Città metropolitana.
Con le casse di Comune e Città metropolitana sempre vuote, rinunciare a queste belle sommette sarebbe un peccato imperdonabile. Le somme vengono quindi incassate nonostante che il Consiglio di Stato, con due sentenze del 2016, abbia giudicato illegittima la vendita ad ANAS di Comune e Provincia/Città metropolitana.
Che fare? La fantasia non manca. E così, per non restituire i 78 milioni, Comune e Città metropolitana, d’intesa con ANAS, “hanno convenuto di ottemperare alla Sentenza del Consiglio di Stato, senza per questo prestare acquiescenza alla medesima né rinunciare all’impugnazione proposta nei confronti della stessa” (posizione che non sembra particolarmente lodevole se posta in essere da amministrazioni pubbliche e che, tra l’altro, afferma una cosa e il suo esatto contrario: la non acquiescenza escluderebbe l’ottemperanza). Tradotto dal giuridichese: obbediamo alla sentenza, ma non l’accettiamo; in definitiva, diciamo di applicarla, ma non l’applichiamo. Sulla base di questa intesa, i tre enti sottoscrivono un accordo (ingegnoso) rinviando, sostanzialmente, la vendita delle azioni SITAF ritenendola più vantaggiosa se riferita al 51,092 % delle azioni.
Il Consiglio di Stato però non si dimentica di quanto aveva già detto nel 2016. E così, nell’ottobre del 2019, pronuncia un’altra sentenza che dichiara nulli tutti i provvedimenti con i quali il Comune di Torino (e anche Provincia, poi Città metropolitana), tra il 2014 e il 2016, ha ceduto la propria partecipazione azionaria direttamente ad ANAS. I giudici hanno anche disposto che il Comune di Torino, entro 120 giorni (e cioè entro il 28 febbraio 2020), faccia una gara pubblica per cedere le azioni di SITAF.
Di fronte a questo nuovo fatto (ma che si poteva aspettare tranquillamente), tutta la politica si è subito agitata. E così la Sindaca che vede il rischio di dover restituire ad ANAS i 78 milioni, e vari parlamentari che si battono chi per mantenere pubblica la gestione della SITAF e chi ne vorrebbe invece la privatizzazione.
Il cittadino, venendo a conoscenza di questi fatti, può essere d’accordo o non d’accordo affinché le autostrade siano in mano a enti pubblici o a privati. Ma poi non ha grande interesse a sapere con quali modalità questo possa avvenire. Però, di fronte a questi comportamenti, gli vengono spontanee alcune domande.
Dal momento che chi amministra enti pubblici amministra denaro pubblico, cioè denaro del cittadino, quanto possono costare alle sue tasche tutte queste “trovate” specialmente quando, fin dall’inizio e sulla base delle norme vigenti, si poteva supporre che i giudici non avrebbero condiviso un passaggio diretto di azioni tra Comune/Provincia/Città metropolitana e ANAS? Ma ammettiamo pure che, quando si sono avviate queste operazioni, si fosse convinti delle loro regolarità. Però, dopo sentenze della più alta Magistratura amministrativa che le hanno giudicate totalmente illegittime, perché insistere facendo balenare vantaggi futuri (guadagneremo di più) assolutamente incerti? E che costi (legali, di periti, ecc.) le casse pubbliche stanno sostenendo per questi comportamenti?
Da ultimo, c’è la questione dei 78 milioni che potrebbero essere da restituire. Se così fosse, quali altri balzelli l’amministrazione intenderebbe inventarsi per far quadrare i conti, o quali altri disservizi (buche nelle strade, mancate manutenzioni in edifici scolastici, trasporti pubblici deficitari, ecc.) il cittadino dovrà aspettarsi?
Forse chi amministra denaro pubblico si scorda che il denaro e i beni degli enti pubblici non sono loro ma dei cittadini. I quali, per legge, hanno diritto di sapere come vengono gestiti, mentre anche il caso SITAF conferma ancora una volta il contrario.
* Carlo Manacorda, docente di Economia Pubblica ed esperto di bilanci dello Stato