Futuro dell’Europa: sogno o incubo?

Redazione – Il 25 marzo del 1957 furono firmati i Trattati di Roma. La caduta degli imperi, guerre, morti. Distruzione dell’ambiente (si pensi che alcune zone della prima guerra mondiale sono tutt’ora inaccessibili), lotta per le risorse minerarie. Malattie, miseria e fame. Umiliazioni reciprocamente inflitte.
Un sogno: dire basta a tutto questo dolore. Un sogno, diventato progetto, con la firma di quei trattati, che, a quanto pare, ieri nessuno ha voluto ricordare. Oggi, di fronte ad un piccolo essere, un virus, siamo tutti ugualmente fragili. Oggi rischiamo di fare un balzo indietro, tornando alla fine dell’800. La paura di perdere ciò che si è conquistato, a costo di sacrifici, la paura di perdere quel gradino nel podio. La paura di una privazione, che si fa concreta nella popolazione. In quelli, che temono di perdere il lavoro e, con questo, di patire nuovi ed imprevisti stenti. La pandemia, che genera un reale shock economico, come riporta il Guardian.
Vediamo, subdolo, nascere un dibattito. La maggior importanza tra denaro e uomo. La paura che si cada in uno stato di recessione economica a causa delle condizioni, createsi con l’espandersi della attuale pandemia, sono fondate. Non bisogna, però, credere che gli effetti economici dipendano dal virus. Dipenderanno, piuttosto, dalla responsabilità di chi ci governa e dalla cura che avranno nel tutelare la cosa pubblica. Lo scrivevamo pochi giorni fa.
In tal senso, l’intervento di Mario Draghi sul Financial Times è chiarissimo. Non bisogna essere oscuri contabili, ma governanti, che hanno a cura la salute dei propri popoli, che hanno deciso di condividere un destino comune, chiamato Europa. Il rischio è, invece, che ogni aiuto sia contabilizzato per ragioni geo-politiche. Ben diverso dal “non sappia la mano destra cosa fa la sinistra”.
Il problema, in realtà, non è quanto cali il PIL, ma come i Governi risponderanno, senza indugiare. Così, sempre citando “The Guardian”, ciò di cui avremmo bisogno è un immediato segno di mutua fiducia perché il carico di questi problemi sia condiviso all’interno della famiglia europea.
Questo è il momento in cui si deve vedere la solidarietà europea. Se non sarà così, quel sogno, su cui si pose il sigillo nel 1957, diverrà un incubo, che ci farà tornare indietro, alla fine dell’800. Provvedano i nostri governanti, insieme, affinché ciò non accada.