Piemontellum versione light
Riportiamo l’articolo pubblicato su “Lo Spiffero” il 7 febbraio 2017
C’è una legge elettorale di cui si discute (in verità, poco) da non meno tempo rispetto a quanto non si faccia per quella che riempie l’agenda politica da settimane, ormai da mesi. Certo riguarda solo il Piemonte, giacché dovrebbe cambiare (non si sa quanto e in che modo) l’elezione del Consiglio regionale. Questo, tuttavia, non dovrebbe risultare riduttivo agli occhi e, soprattutto, all’impegno delle forze le quali, invece, sembrano affette da una sorta di strabismo che le porta a guardare assai più verso i possibili sistemi per la composizione delle Camere, anziché alla più volte annunciata nuova norma da applicare nelle consultazioni del 2019.
Mettere mano, con un provvedimento legislativo, alla normativa attualmente in vigore, eliminando la lista boccata, il cosiddetto “listino del presidente” con la conseguente assegnazione del premio di maggioranza in maniera differente e ridisegnando i collegi era stato uno degli obiettivi da raggiungere a brevissimo termine che l’attuale maggioranza si era data e aveva annunciato al momento dell’insediamento della giunta di Sergio Chiamparino. Il quale oggi, quando il giro di boa di metà mandato è ormai da un bel po’ alle spalle, riconferma la validità di quella priorità assegnata ormai quasi tre anni fa alla modifica del sistema elettorale: “I tempi mi paiono maturi per mettere in pratica quell’impegno”. Una sollecitazione fatta ben guardandosi, tuttavia, dal correre il rischio che la sua possa apparire un’ingerenza dell’esecutivo “in una materia che è propria dell’organo legislativo”.
Il ponderato richiamo del governatore a proseguire, magari con una velocità superiore rispetto a quella vista fino ad oggi, sulla strada indicata a suo tempo non trova, paradossalmente, opposizioni. Pur con leggeri distinguo tutte le forze politiche sono concordi sulla necessità di legiferare sul nuovo sistema di elezione dei consiglieri. Se qualche asperità la si potrebbe incontrare sul peso da attribuire al premio di maggioranza, la strada verso l’abolizione del listino si presenta spianata da tempo. Ma nessuno l’ha ancora imboccata in maniera concreta. La stessa operazione condotta negli ultimi tempi dal consigliere Gabriele Molinari, uno dei segretari dell’ufficio di presidenza di Palazzo Lascarsi, ha riconfermato un fronte sostanzialmente unanime dei vari gruppi almeno per quanto riguarda proprio la cancellazione dei listino. Partire da questo, trovando una soluzione condivisa sul premio di maggioranza da distribuire sui vari collegi e “promuovendo” di fatto i candidati non eletti con il miglior risultato, sarebbe la soluzione più rapida e, comunque, in grado di far uscire questa legislatura regionale da un impasse che ormai sta assumendo il carattere della commedia dell’assurdo: tutti sostanzialmente d’accordo, ma nulla si muove, pur se molto di annuncia ripetutamente.
Nel luglio dello scorso anno il presidente dell’assemblea di via Alfieri, Mauro Laus, aveva fissato entro e non oltre i sei mesi “a partire da settembre” il termine per licenziare la nuova legge elettorale. La metà del tempo è già trascorso. Ancora Laus, nella conferenza stampa di fine anno aveva ribadito come prioritario il varo della norma. Che, a questo punto, per avere qualche possibilità in più per non rimanere una chimera potrebbe essere snellita evitando di mettere mano al tema più complesso: quello dei collegi. L’aria che si respira a Palazzo Lascaris è questa: se ci infiliamo nel ridisegnarli non ne usciamo. Mantenere l’attuale geografia, senza cadere in un ginepraio dove a pungere sono le prospettive del momento di questo o quel partito, e puntare dritti a cancellare l’ormai unanimemente deprecato listino è forse la soluzione meno esaustiva, ma più rapida e concreta del problema. Oggi Laus annuncia la convocazione dell’ennesimo tavolo con il compito di redigere il testo da portare al voto. Chissà.
Quanto il ritenere da parte di Chiamparino “i tempi ormai maturi” per cancellare dall’offerta elettorale l’elenco dei consiglieri eletti in blocco nel caso di vittoria del candidato presidente cui sono collegati possa avere effetto sui lavori dell’assemblea, visti tutti i precedenti annunci e altrettanti rallentamenti, è difficile dirlo. Le elezioni politiche forse anticipate cui alcuni componenti di spicco del consiglio regionale guardano tra apprensioni e ambizioni, non aiutano. Alle novità, tra cui l’introduzione della parità di genere, che andrebbero a modificare l’attuale sistema elettorale regionale sembra anteporsi l’incognita dello scenario politico nazionale, ultimo indicibile alibi – in ordine di tempo – per giustificare un’immobilità sul tema che ormai dura dall’inizio della legislatura. Con il già citato paradosso di una visione sostanzialmente unanime sull’impianto generale.
Chiamparino, forse anche rammentando l’errore di Matteo Renzi commesso sul referendum, trasla in sedicesimo lo storico richiamo di Piero Calamandrei – “Quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti” – e ribadisce come questa “sia materia del consiglio” dalla quale la giunta e il presidente debbono restarne fuori. Non si esime, come in passato, tuttavia, dall’osservare come anche una rivisitazione della norma che fissa il numero degli assessori esterni magari ampliandone il peso al 50% rispetto ai componenti della giunta attinti dagli eletti “potrebbe rimediare al rischio di incidere in maniera significativa sulla composizione dell’assemblea stessa” con assenze dovute alla duplice figura di consigliere e assessore, nonché favorire “la possibilità di scelta per il presidente di competenze all’esterno” utili al governo della Regione. Accantonato, con ogni probabilità, il complesso ridisegno dei collegi, la strada verso il nuovo sistema di elezione si presenta ancora più in discesa di prima. Resta da vedere se si continuerà a percorrerla con il freno a mano tirato. E, da oggi, con lo sguardo verso altre leggi elettorali.



