Oltre il genere, la vita dei bambini libellula
S.M.C. – Così titola oggi La Stampa riportando un articolo di Maria Corbi che vuole affrontare il fenomeno, che definisce diffuso, dei bambini e degli adolescenti con difficoltà nel definire la loro identità sessuale.
In realtà l’articolo tocca e mette in evidenza quello che è uno dei maggiori rischi nella formazione e nello sviluppo per gli adolescenti ed i bambini nelle nostre scuole – e addirittura negli asili e nelle scuole materne – frutto della massiccia propaganda della teoria “Gender” secondo cui la differenza sessuale è solo frutto del percorso culturale e sociologico della persona: quindi chi è con caratteri sessuali del maschio può in realtà “sentirsi” e quindi essere femmina e viceversa: significativa in tal senso una recente sentenza che ha ammesso al cambio di sesso una persona che neppure aveva fatto ricorso al conseguente intervento chirurgico, dando spazio al solo elemento psicologico. Ricordiamo che tale campagna è spinta ed organizzata dai dai grandi media – La Stampa in prima fila – comprese stazioni televisive molto influente sugli adolescenti come MTV (consiglio? Oscuratela!!).
Quello che è in atto è una vera colonizzazione culturale che vuole imporre alle famiglie ed ai genitori uno sviluppo o modello di sviluppo e di formazione culturale dei bambini e dei giovani che prescinde dal riconoscimento di un dato oggettivo e cioè la loro identità sessuale.
In pratica. Tuo figlio è un maschietto/femminuccia? Sicuro che a scuola non lo facciano studiare per diventare femminuccia/maschietto?
Questa pericolosa teoria e la conseguente sua imposizione come “verbo” del Pensiero Unico Dominante è in realtà la punta di un iceberg, strumento di un pericolo ancora peggiore: la cultura tecnocratica che vuole arrivare a creare un’umanità priva di ogni differenziazione culturale e valoriale, per creare una nuova civiltà che vedrà l’uomo asservito alle macchine ed alla robotica.
Lo strumento pratico per condizionare i nostri giovani sono tutte quelle iniziative che si affermano finalizzate a combattere differenze di genere e/o bullismo, ma che in realtà vogliono giungere – con l’affermazione di una pregiudiziale tutta ideologica – ad una società non più differenziata in maschi e femmine, negando così la famiglia come ambito in cui si crea una vita nuova con l’arrivo di un figlio, con la pretesa di voler creare la vita in laboratorio, magari passando per pratiche odiose come l’utero in affitto, per allenare il “piccolo chimico” a raggiungere più ambiziosi risultati: la vita completamente avulsa dalla sessualità.
I genitori devono quindi fare attenzione ed esaminare con cura quali sono i programmi formativi educativi della scuola o anche dell’asilo o scuola materna in cui sono iscritti i propri figli: tra le pieghe di tali programmi (i cosiddetti POF) si possono celare iniziative che propongono ai giovani una assoluta indifferenza sessuale, sfruttando la naturale curiosità che il bambino e l’adolescente hanno intorno alla propria identità e sessualità.
Questi programmi di “disorientamento” che escludono alla radice l’utilizzo dei termini “papà” e “mamma”, sono gestiti da persone molto preparate al condizionamento delle giovani menti, che attuano spesso senza il controllo degli insegnanti (per lasciare più liberi i ragazzini…), utilizzando domande tipo: “Come ti chiami? Paolo? Ed hai scelto tu il tuo nome? Ti sembra giusto che altri abbiano scelto il tuo nome? Tu come avresti voluto chiamarti? Luisa, ti sarebbe piaciuto come nome?…ecc.”
Attenzione quindi: i vostri figli potrebbero essere indottrinati dalle loro maestre e dai loro professori -o da attivisti pro-gender – a non riconoscersi maschio o femmina e attraverso questa formazione indifferenziata effettivamente subire dei disturbi la loro crescita che diventeranno poi un grave problema per i ragazzi e per le famiglie.
Occhi aperti!



