Tutti vogliono fare il premier: centrodestra diviso
Riportiamo l’articolo, a firma di Ruben Razzante, pubblicato su “La Nuova Bussola Quotidiana” il 18 settembre 2017
Stando ai sondaggi, il centrodestra unito sarebbe maggioranza nel Paese. Particolare non trascurabile: il centrodestra non è unito e con il sistema proporzionale le sue componenti andranno in ordine sparso. Dalle urne con ogni probabilità non uscirà alcun vincitore, ma il primo partito sarà o il Pd o il Movimento Cinque Stelle, con Forza Italia e Lega abbondantemente distaccati.
Il cantiere per un centrodestra unito rimane dunque in subbuglio perché le posizioni tra Lega e Forza Italia sono ancora distanti e le voci di un accordo sotterraneo tra Carroccio e Cinque Stelle per governare il Paese dopo il voto non sembrano affatto infondate. Ieri Berlusconi e Salvini si sono contesi la scena. Il primo è intervenuto a Fiuggi alla kermesse di tre giorni promossa dal Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, il secondo ha parlato al tradizionale raduno leghista di Pontida.
L’ex Cavaliere è apparso motivatissimo e in splendida forma e ha rivendicato la guida del centrodestra per Forza Italia, richiamandosi ai valori del Partito popolare europeo: “Siamo molto fieri di essere rappresentanti in Italia della grande famiglia popolare europea. I suoi valori sono i nostri valori. Mi ci ritrovo sino alle virgole. Solo chi è nel Ppe vincerà le prossime elezioni in Ue. La sinistra è in crisi ovunque e i populisti, ma rispetto il popolo e li chiamo ribellisti, non hanno vinto mai. Ci troviamo davanti a un anno importante, in cui tra regionali e politiche si deciderà il futuro dell’Italia”.
Anche se non dovesse ottenere la fatidica riabilitazione da Strasburgo, Berlusconi ha già assicurato che farà campagna elettorale e ha indirizzato una stoccata al Carroccio: “Alla Lega dico che avremo sempre rispetto per le loro idee, ma sappia che il centrodestra l’abbiamo fatto noi e abbiamo sempre avuto il leader per realizzare il programma”. Quanto ai Cinque Stelle, il leader del centrodestra ha attaccato Di Maio: “Ieri il Movimento Cinque Stelle ha indicato come candidato un giovane che mi sembra una meteorina della politica, che viene bene in tv ma non porta alcun bagaglio per gli italiani. Non si fa campagna elettorale con l’età. Per fare il Presidente del Consiglio bisogna avere potere decisionale, grande esperienza”.
Con la Lega la rivalità appare evidente. Matteo Salvini dal palco di Pontida è stato molto chiaro: auspica la candidatura di Berlusconi “perché non devono essere i magistrati a fare selezione politica ma i cittadini”, ma contemporaneamente lancia la sfida per Palazzo Chigi e si dichiara pronto a fare il premier (perfino sulla felpa d’ordinanza campeggia la scritta “Salvini premier”). In verità, l’unica possibilità che ha il segretario della Lega di fare il premier è quella di arrivare prima di Forza Italia e potrebbe riuscirci solo con una lista unica con Fratelli d’Italia, cosa che al momento non sembra all’ordine del giorno.
Berlusconi, a differenza di Salvini, ha più margini per una vittoria: lui vince se il centrodestra fa il listone e arriva primo, conquistando il premio di maggioranza, ma lui vince anche se si facesse un governo di larghe intese con il Pd. A quel punto, a lui andrebbe bene come premier Gentiloni, lo ha anche ammesso in varie interviste, ma al Quirinale potrebbe anche proporre lo stesso Tajani, che non lascia la presidenza del Parlamento europeo per candidarsi alle politiche ma può tornare spendibile come candidato di mediazione per Palazzo Chigi, gradito anche a una parte della sinistra.
Salvini, invece, gioca il tutto per tutto: o diventa premier in quanto segretario del partito di centrodestra più votato (è per questo che non vuole il listone, che non sarebbe lui a guidare) oppure potrebbe perfino valute di appoggiare un governo pentastellato, magari senza un’alleanza organica ma con una condivisione di punti programmatici.
Nel frattempo ieri a Pontida si sono visti sul palco il governatore della Liguria, Giovanni Toti, il forzista più vicino alla Lega in questo momento, e i governatori di Lombardia e Veneto, Maroni e Zaia, impegnati nella campagna per i referendum consultivi del 22 ottobre sull’autonomia. Una notizia destinata ad avere strascichi velenosi in casa leghista è l’esclusione dal palco di Umberto Bossi, per la prima volta nella storia di Pontida. Maroni non ha gradito: “Che Bossi non parli al raduno della Lega mi dispiace perché Pontida è Bossi. La decisione l’ha presa il segretario Matteo Salvini. Per me Bossi a Pontida ha sempre diritto di parola”. E il diretto interessato l’ha presa molto male: “Salvini mi ha detto che non voleva farmi fischiare, ma è un segnale che devo andarmene via”, ha reagito Bossi.
Nelle prossime ore capiremo se nel Carroccio scoppierà la “bomba senatur”, non facile da gestire, dopo la grana del sequestro dei conti correnti del partito, che rischia di compromettere la battaglia elettorale della Lega e del suo ambiziosissimo segretario.