“Troppa euforia per Biden” di Gianluca SEGRE

Riceviamo in Redazione, e riportiamo, la lettera scritta da Gianluca Segre e pubblicata su “www.vocetempo.it” in data 3 Dicembre 2020
Caro Direttore,
le recenti elezioni americane meritano alcune considerazioni, vista anche una «narrazione» sicuramente già molto schierata.
Partiamo dai risultati. Non c’è stata la conclamata «onda blu»: i democratici hanno mantenuto il Congresso, ma perdendo una decina di seggi; il Senato rimane per ora a maggioranza repubblicana, 50 a 48, in attesa degli ultimi due seggi in Georgia, in gennaio. È aumentato anche il numero dei governatori repubblicani. Si afferma che Joe Biden sia il presidente più votato della storia americana; a parte alcune contestazioni ancora in corso, il dato vale anche per Trump, il repubblicano più votato nella storia. Non solo, ma con una crescita dei consensi anche nell’elettorato femminile, ispanico e afro – americano, fatto che è stato notato, sia pure con disdegno, dallo schieratissimo New York Times.
Fanno specie le affermazioni sul «ritorno» della democrazia, con la vittoria di Biden. È una tesi tipica di un certo mondo liberal americano, che vede la democrazia minacciata dopo ogni sconfitta elettorale della sinistra; cosicché l’avversario è sempre un bieco reazionario, fascista, oggigiorno sovranista ecc. Vale anche dalle nostre parti. Come ha commentato su Repubblica Federico Rampini – non esattamente un simpatizzante – Trump ha in ogni caso dato voce all’altra metà dell’America, che non è evidentemente solo quella delle grandi città della costa. Dovrebbe essere compito dell’informazione raccontarla, così non è stato. Si potrebbe parlare di economia, che sino a marzo aveva visto la più imponente ripresa degli ultimi anni. Di politica estera, con alcuni successi quali gli accordi di Abramo, tra Israele e alcuni Stati arabi; con i primi collo- qui con la Corea del Nord.
E di guerre: zero quelle condotte da Trump, a differenza di tutti i predecessori. Se si pensa che dobbiamo a Obama, con Biden suo vice, la disastrosa destabilizzazione della Libia; altro che Premio Nobel per la pace. Mi soffermo invece su una questione di fondo, che nel dibattito politico ed etico americano è e rimane fondamentale: l’aborto e la questione della tutela della vita. Ora, il «cattolico» Biden, pur tiepido sull’argomento, sino al 2019 difendeva l’emendamento Hide, che limitava i finanziamenti federali in materia di aborto. Di fronte alle pressioni della sinistra del partito, ha rinnegato tale posizione. Non c’è che dire, fermezza di princìpi e schiena dritta. Non solo, ma la sua vice Kamala Harris, dell’ala ultra liberal dei dem, è tra le più estreme sostenitrici dell’aborto, sino alla nascita. La sua nomina è stata salutata con entusiasmo da Planned Parenthood, la multinazionale delle cliniche abortiste.
A fronte di tutto ciò, la scorsa settimana il presidente dei Vescovi americani, mons. Gomez, arcivescovo di Los Angeles, ha definito «difficile e complessa» la posizione del presidente eletto: «Quando i politici si dicono cattolici e supportano l’aborto ci sono molti problemi. Uno di questi è che si crea confusione tra i fedeli rispetto agli insegnamenti della Chiesa» e ha citato le politiche che fanno parte del programma di Biden: abrogazione dell’emendamento Hide, ripristino del programma di contraccezione da parte del sistema sanitario pubblico – con divieto di obiezione di coscienza; approvazione della legge sull’eguaglianza (pro Lgbt) e disparità di trattamento per le scuole cattoliche. «Queste politiche – ha concluso mons. Gomez – rappresentano una seria minaccia per il bene comune. Da tempo ci siamo opposti con forza ad esse, e continueremo a farlo». Una chiarezza a quanto pare fastidiosa per Facebook, che ha censurato vari post che riprendevano le parole di Gomez.
In compenso, Biden ha ottenuto il plauso del gesuita padre James Martin, esplicitamente schierato a favore della causa Lgbt.
E Trump? Sotto la sua presidenza il governo ha tolto i finanziamenti federali agli enti abortisti, ha cancellato i finanziamenti all’Unpfa, agenzia Onu coinvolta nel controllo delle nascite, ha difeso l’obiezione di coscienza che era stata pesantemente colpita dall’Obamacare. Al punto che il movimento pro life americano, tramite la presidente Jeanne Mancini, ha affermato ad inizio 2020 che Trump «ha fatto di più per il movimento pro vita di ogni altro presidente».
Da ricordare, infine, le nomine dei Giudici della Corte Suprema, in particolare della cattolica Amy Coney Barret. Proprio in questi giorni la Corte ha annullato le forti restrizioni alla libertà di culto imposte dallo Stato di New York, a guida democratica. Un ottimo segnale a presidio delle libertà fondamentali. Questi i fatti, su tali tematiche, sia per Trump sia per Biden. Su quest’ultimo, quindi, suggerisco almeno cautela, al di là del mio giudizio personale totalmente negativo e preoccupato.