Toti, Mara e il Mago
Riceviamo in Redazione e riportiamo l’articolo, a firma di Marcello Veneziani, pubblicato su “La Verità” in data 23 giugno 2019
Toti e Mara, ecco la nuova coppia di conigli che il Mago Silvio Berlusconi ha tirato fuori dal cilindro per rilanciare Forza Italia. Una bella trovata, non c’è che dire, che conferma il grande estro del Prestigiatore di Lungo Corso. Perché in una mossa è riuscito ad assorbire il dissenso interno, a ridimensionare Tajani e i perdenti del giorno prima, a dare l’idea di un cambio di passo e a lanciare un messaggio double face al mondo esterno – uno a nord e l’altro a sud, uno con Toti pro Salvini & Meloni associati, l’altro di segno opposto con la Carfagna, che da tempo si distingue per posizioni liberal-radicali e femministe-politicamente corrette. A parte questo, si tratta di due figure spendibili e presentabili. Se consideriamo quanti delfini ha lanciato e bruciato Berlusconi in questi anni possiamo dire che con l’ultima rinascita siamo a Forza sei o Forza sette. Anche se ora, con lo spostamento legale della sede di Mediaset nei Paesi bassi, verrebbe voglia di chiamarla Forza Olanda, più che Forza Italia.
Ma il problema non è solo caratteriale, non riguarda solo l’indole egocentrica insopprimibile di Berlusconi che non sopporta vicari, successori, eredi e alla fine è sempre lui il Successore di se stesso. Il vizio è congenito a Forza Italia, che è nato come partito monarchico, una versione ben più radicale di quel che fu definito il partito personale. E’ una monarchia non costituzionale e nemmeno ereditaria, fondata sulla rigenerazione periodica del capo, che ciclicamente si riproduce in ristampa anastatica.
Da tempo Berlusconi è un Ingombro. E non solo in senso negativo. Ha una personalità così forte, così avvolgente, che nessuno lo vuole nemmeno come socio di minoranza o come alleato provvisorio. Il mago non fa solo apparire i conigli, li fa anche sparire, è un incantatore di sergenti, un formidabile illusionista e pure un prodigioso trasformista. E’ sicuramente un intralcio a ogni ipotesi politica futura, ma va riconosciuto che è il “nano” più gigante degli ultimi decenni (per non mancare di rispetto a Fanfani).
Finché ci sarà lui, non sarà agevole ripensare in qualunque modo il centro-destra; che sembra non si possa fare né con lui né contro di lui.
Al di là del caso Berlusconi resta però nell’aria un ectoplasma, una larva, un’entità più volte invocata e sempre indefinita che viene riassunta con la parola Moderati. Mi pare la parola comune da cui sono partiti i pur divergenti Toti e Carfagna, mi pare l’unica variante riassuntiva per indicare i berlusconiani senza citare lui, il Re Silvio. Moderati, lo dico da sempre, non indica un contenuto ma una modalità, un tono di voce, un’andatura.
In questa fase, i moderati non li rappresenta nessuno; quelli che un tempo erano di centro, a volte detti liberali o alloggiati a lungo nella Democrazia Cristiana. Due forze non moderate guidano il governo, una forza progressista si oppone da sinistra. E poi basta, non ci sono moderati. E così i moderati occhieggiano un po’ a Salvini, un po’ a sinistra (prendete un Casini). Si adattano ai partiti presenti, magari risvegliando l’anima più arrabbiata che cova in loro; o si danno all’astensionismo, all’ascetismo, all’anoressia politica. Certo, non sono più la maggioranza silenziosa del paese. Vivono un disagio bilaterale, con Salvini o con la sinistra, perché sono irriducibili ai due. E si trovano un po’ nella situazione del partito popolare europeo, costretto a subire l’azione di socialisti, verdi e liberali ma a non allearsi coi sovranisti e i conservatori. I moderati non hanno un’ideologia, non hanno posizioni nette e radicali, semmai si distinguono proprio per questo; per un periodo hanno strizzato l’occhio a Renzi, quando si presentava double-face col partito della nazione. Ma davanti a una sinistra incapace di rapportarsi alla realtà, però arrogante e presuntuosa, che giudica il mondo con le sue lenti moraliste, una sinistra che vive di migranti, di gay pride, di antifascismo militante, di striscioni per Regeni, di odio viscerale per chi non la pensa come loro e non segue il sacro canone del politically correct, alla fine il moderato preferisce Salvini (e la Meloni). A condizione che si liberi dall’abbraccio mortale coi grillini, considerati dai moderati una sciagura biblica come l’invasione delle cavallette. In questa fase, i moderati, e nella fattispecie Toti & Mara, sono aiutati nell’impresa dal ritorno in campo del “chiacchierone tropicale” Diba, come lo ha definito Salvini, autore di un libro dal titolo bugiardo, Politicamente scorretto. Se si prendono i dieci punti salienti del politicamente corretto, Diba è allineato almeno in otto su dieci. Più giusto sarebbe stato titolarlo Politicamente sconnesso. DiBa funzionava bene nello stato nascente, all’opposizione, e quando era ragazzo. Ora no. Il suo ritorno in campo contro Salvini, faciliterebbe il rifluire dei moderati verso Salvini, col voto e con l’alleanza.
Comunque, ai moderati si addice una sola posizione: obtorto collo. Ma pur con il collo torto, il male minore ora è e resta per loro il sovranismo. Non so se a Salvini e alla Meloni convenga riaprire i ponti con Forza Italia. Ma so che per Forza Italia, per i moderati, l’unica strada alternativa all’Aventino è quell’alleanza. Però c’è un Problema, c’è Lui, il Re Prestigiatore, un po’ di qua, un po’ di là, un po’ su, un po’ giù…