Salvini sta prosciugando il Movimento 5 Stelle: quale impatto sul governo?
Riportiamo l’articolo, a firma di Martino Loiacono, pubblicato su “Atlanticoquotidiano.it” il 7 novembre 2018
L’ultimo sondaggio realizzato da Ipsos fotografa uno scenario politico in cui la Lega è sempre più egemone. Il Carroccio, dalla nascita del governo gialloblù, ha praticamente raddoppiato i propri consensi passando dal 17,4 per cento, ottenuto alle politiche del 4 marzo, al 34,7 per cento; il Movimento 5 Stelle, invece, è sceso dal 32,7 per cento al 28,7 per cento. Certo, i sondaggi non dicono tutto e possono essere fuorvianti, ma la dinamica di lungo periodo è chiara. Salvini ha vinto la sua scommessa e da socio di minoranza dell’esecutivo ne sta diventando sempre più il dominus. Le ragioni del suo successo sono sostanzialmente due: da un lato la sua abilità politico-comunicativa e la sua forza nel dettare l’agenda; dall’altro le fratture interne ai 5 Stelle e la loro incapacità di mantenere le promesse elettorali.
Salvini ha escogitato una strategia finora perfetta. Ha costruito una campagna elettorale semplice e chiara fondata su alcuni punti che ha portato all’attenzione del governo. La scelta del Ministero degli interni è stata la mossa vincente che gli ha permesso di realizzare il suo programma elettorale e di avere un incredibile ritorno di consensi. La lotta all’immigrazione clandestina ne è la dimostrazione. Lo slogan “stop invasione” è diventato realtà. Promessa fatta, promessa mantenuta ed elettori guadagnati. Anche i temi legati alla sicurezza, su cui il ministro ha insistito più volte, stanno acquisendo sempre più centralità: legittima difesa e aumento delle forze dell’ordine hanno una presenza stabile nel dibattito politico e in sede parlamentare.
Bisogna però riconoscere che in ambito economico la Lega sta faticando parecchio. La cancellazione della legge Fornero e la flat tax sono misure molto più difficili da realizzare rispetto ai provvedimenti sulla sicurezza. L’abilità del leader della Lega, tuttavia, garantisce a questi temi una certa rilevanza nell’agenda del governo. Nel caso in cui la politica economica leghista dovesse rivelarsi insoddisfacente (ipotesi abbastanza plausibile), tutte le colpe sarebbero comunque scaricate sull’assistenzialismo del M5S e sull’Unione europea. In questo modo Salvini avrebbe un’ancora di salvezza importante per preservare la buona reputazione finora acquisita. Un insuccesso potrebbe anche generare il casus belli per rompere definitivamente con Di Maio e per lanciarsi in una nuova campagna elettorale in chiave anti Ue. Scenario particolarmente favorevole se si pensa ad un possibile accorpamento di politiche ed europee.
Insomma la coerenza, l’agire politico e la piena sintonia tra tutti i colonnelli stanno garantendo alla Lega un successo senza precedenti. I 5 Stelle, al contrario, continuano a navigare a vista. Privi dell’esperienza necessaria per governare e divisi al loro interno, faticano a convivere con il granitico alleato leghista. Difficile dire dove inizino i meriti di Salvini e dove i demeriti di Di Maio. Certo è che i grillini stanno pagando a caro prezzo il passaggio dall’opposizione al governo. Se prima bastava gridare “onestà-onestà”, promettere di tutto e di più (leggasi reddito di cittadinanza) e opporsi a qualsiasi cosa, ora, in sede decisionale, tutto ciò risulta impossibile.
Le estenuanti dispute sulla realizzazione di Tap, Tav e grandi opere rappresentano plasticamente l’incoerenza del Movimento 5 Stelle che vive diverse difficoltà nel suo cambio di pelle. Un programma molto impegnativo, la scelta di un dicastero complesso come quello dello sviluppo economico pongono i pentastellati in una posizione di debolezza. Perché non possono godere in tempi rapidi dei dividendi elettorali derivanti dai provvedimenti economici (si pensi a quanto pesa elettoralmente il blocco degli sbarchi realizzato da Salvini), e perché le promesse si stanno rivelando sempre meno mantenibili. E questo viene pagato a carissimo prezzo. Sia per la defezione di tanti militanti, sia per la fronda parlamentare che non permette a Di Maio la libertà di manovra di Salvini. E dalle tensioni interne, per ricompattare il Movimento, nascono le manine e i complotti che scuotono la creatura di Grillo, generando una certa ilarità in un potenziale elettorato contendibile alla Lega.
Last but not least: Alessandro Di Battista. Il suo ritorno in Italia potrebbe mettere Di Maio sotto pressione alimentando ulteriormente il dissenso. Gli equilibri interni potrebbero modificarsi e il titolare dello sviluppo economico, per contenere le sortite di Dibba, potrebbe essere costretto ad alzare i toni e a svestire la grisaglia ministeriale per indossare i panni del barricadiero. Ad oggi, dunque, il futuro dei grillini rimane un rebus di difficile soluzione. Solo un intervento della coppia Grillo-Casaleggio junior potrebbe riportare ordine.
Alla luce dei rapporti di forza tra Lega e 5 Stelle, sembra che questo matrimonio di interesse non sia destinato a durare a lungo. Salvini ha confidato più volte che da solo deciderebbe più velocemente. I sondaggi registrano un centrodestra unito al 46,5 per cento. Se due indizi fanno una prova…