RIFIUTI URBANI, LA DESOLANTE FOTOGRAFIA DELLA CORTE DEI CONTI di Carlo MANACORDA
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Con ripetuta frequenza, i mezzi d’informazione mostrano zone di città italiane sommerse da rifiuti. Le reazioni di sdegno al proposito sono unanimi. Da un lato, si evoca immediatamente la TARI, la tassa che tutti pagano al Comune per il servizio di raccolta e trattamento dei rifiuti solidi urbani: “si paga un sacco di soldi e questo è quello che si ottiene”. Dall’altro, altrettanto immediata è la critica alle inefficienze delle amministrazioni comunali, incapaci di rendere dignitosamente il servizio benché pagato dai cittadini.
Molte risposte al malfunzionamento del servizio in questione vengono dal “Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica”, approvato dalla Corte dei conti l’8 giugno 2021 (www.corteconti.it/Download?id=867011ba-87e4-4e6b-8338-dd4874ff0b39). Con dovizia di analisi e ricchezza di dati, la Magistratura contabile traccia, in materia di gestione di rifiuti urbani, una fotografia desolante.
Il Rapporto muove da alcuni elementi ritenuti utili per dare una dimensione al problema. In Italia si producono in un anno, mediamente, 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani. Nel settore del trattamento dei rifiuti urbani, operano oltre 700 aziende che occupano più di 95 mila addetti. Gli interventi che si effettuano nel settore sono, di massima:
- raccolta;
- trattamento, che include riciclaggio, recupero di materia, compostaggio (trasformazione dei rifiuti organici in fertilizzanti), produzione di biogas, ecodistretto (complesso industriale per il trattamento dei rifiuti, con annessa discarica in cui smaltire ciò che non è recuperabile);
- smaltimento/incenerimento, che consta di discarica e termovalorizzazione.
Analizzando questi interventi, la Corte rileva che, dal 2012 al 2020, ne sono stati approvati 1.841, finanziati per un ammontare di 1,55 miliardi. Gli interventi avviati sono 1.353 (588 chiusi e 765 attivi) per complessivi 971 milioni. Ne risultano pagati solo 316 (20%), importo che indicherebbe il grado di realizzazione delle opere. Degli interventi ancora in corso, soltanto per il 33% esiste qualche stato di avanzamento lavori. Di 488 interventi ― per un totale di finanziamento di 579 milioni ― s’è persa ogni traccia. Sul punto, la Corte osserva che esiste: “Una evidenza quali-quantitativa che suggerisce come la realizzazione delle infrastrutture per la gestione del ciclo dei rifiuti sia decisamente inferiore rispetto a quanto programmato e finanziato”. Tenendo presenti questi dati, si può anche pensare al disordine e alla confusione che viene a crearsi nei conti pubblici, esistendo fondi destinati a investimenti totalmente o parzialmente inutilizzati o a investimenti che non saranno mai realizzati.
Guardando ai soggetti cui compete l’attuazione degli interventi, la Corte osserva che la quota prevalente per numero e risorse fa capo ai Comuni. Al riguardo, tuttavia evidenzia che si tratta, per lo più, di opere di valore inferiore al milione, con prevalenza di interventi per la raccolta. La ragione è, facilmente, intuibile: una migliore accettazione sociale trattandosi di opere meno invasive anche se non risolutive. In ogni caso, la realizzazione di queste opere richiede un tempo medio di 4,3 anni.
La realizzazione di infrastrutture complesse (termovalorizzatori, ecodistretti, ecc.) con un valore medio superiore ai 10 milioni, è affidata a Regioni, Province e Città metropolitane. La Corte definisce “drammatica” la capacità di realizzare opere di maggiori dimensioni. Il tasso di realizzazione si ferma a poco più del 5% denunciando, in sostanza, che queste opere strategiche non vengono realizzate. Considerando poi che la localizzazione di queste opere è prevista, prevalentemente, nelle Regioni del Mezzogiorno, la Corte non manca di rilevare gli squilibri in tema di trattamento di rifiuti urbani che vengono a crearsi nel Paese. La Corte auspica che l’incapacità nella realizzazione di queste grandi opere possa essere superata attraverso il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR) introdotto dal d.lgs. 116/2020 nel Testo Unico Ambientale (d.lgs. 152/2006). Il PNGR definirà una strategia nazionale per allineare la pianificazione regionale con il conseguimento degli impegnativi obiettivi comunitari.
Diretta conseguenza di questi squilibri è la differenza tra la capacità di smaltimento, a livello regionale, dei rifiuti e gli eventuali surplus che si determinano ove questa capacità non esista. Il Rapporto misura questa differenza mettendo a confronto le tonnellate di rifiuti indifferenziati annualmente raccolti in ciascuna regione e le tonnellate di quelli che ciascuna regione riesce a smaltire. Partendo dai dati 2019 ultimi disponibili, emerge un bilancio negativo per 9 regioni e positivo per 11. Presentano un saldo negativo 5 regioni del Sud (Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo e Basilicata); positivo 5 regioni del Nord (Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino Alto Adige, Piemonte e Valle d’Aosta). Queste ultime possono gestire un volume di rifiuti superiore alla loro produzione. Notevoli i surplus di Campania (500.586 tonnellate) e Lazio (498.175 tonnellate) che devono essere smaltiti in impianti extraregionali. Ecco dunque il motivo delle frequenti situazioni emergenziali in queste regioni, con aumento dei costi di gestione dei rifiuti urbani e, di conseguenza, della tassa a carico dei cittadini.
Tutta questa materia ora si cala nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il PNRR è orientato a obiettivi un po’ diversi da quelli finora raccontati, più che perseguiti. Ancora si parla di investimenti in infrastrutture per la gestione dei rifiuti o per l’ammodernamento di quelle esistenti (1,5 miliardi), con allocazione dei progetti soprattutto al Centro-Sud. Ma si prospettano soprattutto riforme denominate “Economia circolare e agricoltura sostenibile”, “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, “Sviluppo del biometano”. A queste riforme sono destinati 2,5 miliardi.
Il PNRR è stato promosso con lode da parte dell’Europa. L’erogazione dei fondi avverrà però soltanto quando saranno raggiunti gli obiettivi previsti dai progetti. E così fino al 2026, data entro la quale cesseranno i sostegni europei. Tenendo conto dei fatti e delle considerazioni esposti dalla Corte dei conti nel suo Rapporto 2021, forse sarà necessario un cambio di passo da parte di tutti gli operatori coinvolti nella partita dei rifiuti. Sarebbe da irresponsabili che le attese contenute nel PNRR andassero deluse.
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* Autore: Prof. Carlo Manacorda, Economista ed esperto di bilanci pubblici
Titolo:RIFIUTI URBANI, LA DESOLANTE FOTOGRAFIA DELLA CORTE DEI CONTI
Data di pubblicazione: 28 Giugno 2021