Pro family, non serve identificarsi con un partito
Riportiamo l’articolo, a firma di Stefano Fontana, pubblicato su “www.lanuovabq.it” il 20 marzo 2019
La presenza di politici al Congresso mondiale delle Famiglie a Verona è positiva ma il movimento pro family non può identificarsi con nessuno di loro o con un partito, sia per i limiti stessi della politica sia perché la lotta per la famiglia e la vita sarà lunga e ampia e bisogna tenere la barra a dritta e l’obiettivo alto.
Esiste nel nostro Paese un vasto movimento pro family che si è dato un importante appuntamento al Congresso mondiale delle famiglie di Verona. È una galassia di realtà piccole e grandi – ormai “altro” rispetto al cosiddetto “popolo del Family Day” – che non demorde e continua a combattere sul fronte della famiglia che, ormai, vuol dire anche fronte della vita e della società intera. Infatti, dallo stravolgimento in atto della famiglia deriva lo stravolgimento di ogni aspetto della vita sociale, dalla cultura all’educazione, dalla procreazione alle politiche familiari fino alla tenuta in futuro della stessa natura umana. Gli attacchi concentrici e brutali nei confronti del prossimo appuntamento di Verona, come già messo in evidenza dalla Nuova Bussola Quotidiana (clicca qui e qui oltre all’articolo di oggi), e la sostanziale avversione del mondo ecclesiastico, dicono che il movimento sa fare cose che disturbano e, quindi, cose importanti.
Operazioni di popolo di questo tipo devono per forza misurarsi con la politica ,sia nella forma che un tempo si chiamava pre-politica, ossia di formazione e stimolo di retroguardia, sia nella forma di contatti diretti con i partiti e con gli uomini politici per ottenere sbocchi concreti che diano corpo al “bene” della famiglia per il quale si lotta. Ora, su questo fronte, le tentazioni di fughe in avanti o di rapporti personali o preferenziali con gli attori politici non dovrebbero mai avere il sopravvento sull’ampiezza e profondità della prospettiva del movimento pro family, che opera sì per ottenere cose concrete, ma nello stesso tempo – anzi soprattutto – per non ridurre la cultura politica della famiglia a qualche riduttivo e magari ambiguo provvedimento di compromesso. C’è una prospettiva da tenere alta e da portare avanti a lungo.
Che a Verona siano presenti dei politici è decisamente opportuno e utile. La loro presenza indica dei possibili e reali interlocutori, pur nella prospettiva politica particolare, talvolta non pienamente soddisfacente, da cui essi vedono le cose. La loro presenza, inoltre, demarca anche visivamente le diverse posizioni degli uomini politici e dei partiti, dato che ormai Verona è diventata segno di contraddizione. In questo modo si sa con chiarezza chi è decisamente e irrimediabilmente contro la vita e la famiglia e chi, invece, è sensibile al discorso.
I politici che a Verona ci metteranno la faccia prenderanno posizione e con il movimento pro family stabiliranno un rapporto concreto. Tuttavia il movimento nel suo complesso non potrà identificarsi con nessuno di essi in particolare, né con singoli uomini politici né con singoli partiti. Valorizzerà la loro presenza e la loro apertura, ma manterrà anche le distanze. Ciò soprattutto per tre motivi.
Il primo è che la politica non sa darsi luce da se stessa e rischia spesso di far coincidere il (politicamente) possibile con il (politicamente) giusto e buono. L’attività politica è spesso frammentata, le contingenze dei rapporti di forza spingono a procedere per spezzoni e non con un quadro operativo organico e coerente. La politica è anche il luogo delle omissioni e delle renitenze, delle parzialità e delle riduzioni. La politica non è l’arte del possibile, ma sarebbe ingenuo non tenere conto che molti politici la ritengono così. Per questo occorre che il movimento pro family provochi i politici a compromettersi, ne vagli concretamente la volontà ma nello stesso tempo non cessi di fornire loro il quadro completo, di chiamarli alla coerenza, di spingerli a non accontentarsi del singolo timido provvedimento politicamente corretto.
Il secondo motivo è che l’attività del movimento pro family si rivolge a tutti i partiti. Intendiamoci: è chiaro che, di fatto, con alcuni di essi è impossibile qualsiasi rapporto se non di scontro ideale e pratico, tanto è incallita la loro ideologia dell’autodeterminazione soggettiva come fonte di verità, bontà e diritto. Ma con altri, dalla configurazione ideologica più fluida o addirittura contenente alcuni elementi di accettabilità, il rapporto deve essere aperto e non chiudersi con delle scelte privilegiate. Nei confronti di questi partiti il rapporto dovrebbe aprirsi anche nel campo della formazione politica. Anche nei partiti che sulla carta possono sembrare più vicini alle esigenze di politiche familiari esistono correnti radicali, perché il nichilismo politico è ormai penetrato ovunque. Sarebbe bene quindi che il movimento si ponesse il problema di una formazione con i partiti e nei partiti per rafforzare dentro di essi la parte favorevole alla vita e alla famiglia. È chiaro che un simile progetto richiede una prudente apertura e non un appiattimento, nemmeno nella forma dell’endorsement, su uno o l’altro partito.
Infine, c’è l’aspetto forse più importante. La lotta culturale e politica per la famiglia e la vita sarà lunga e ampia, date le forze nemiche che si coalizzano contro di essa e dato il venir meno degli appoggi tradizionali nei suoi confronti: quanti si sarebbero aspettati che lottare per la vita e per la famiglia sarebbe diventato inviso a tanta parte del mondo cattolico e della stessa Chiesa? Proprio perché la lotta sarà lunga, occorre che si tenga la barra a dritta e l’obiettivo alto, nella consapevolezza della gravità della partita in gioco.