L’Italia è ricca o povera? Un dubbio (forse) non infondato.
Riceviamo in Redazione, e riportiamo, l’articolo a firma di Carlo Manacorda*, pubblicato in data 23 settembre 2021 su “www.lineaitaliapiemonte.it“
Crescita annunciata del 5,8%, “congiuntura astrale strepitosa” per l’economia italiana: sono solo alcune fra le espressioni usate dal governo per annunciare la ripartenza dell’economia italiana cui si aggiungono i cori dell’Istat e dell’Ocse che valuta il nostro tasso di crescita addirittura superiore ad economie tradizionalmente più forti: l’economia italiana, impoverita causa pandemia , è ridiventata ricca. Queste note ottimistiche tuttavia si scontrano con altre di segno opposto a partire dalla diminuzione della spesa media mensile per i consumi, diminuzione che in alcuni casi tocca le due cifre: ciò significa che le famiglie diventano più povere e spendono meno. Perchè una cosa sono le partite contabili, altra è la realtà.
Il bombardamento di notizie esaltanti sulla ripresa economica del nostro Paese è incessante. Quasi ogni giorno, i mezzi d’informazione diffondono annunci sulla robusta ripartenza dell’economia italiana. Però, con altrettanta frequenza, gli stessi mezzi informano di gravi situazioni dell’economia nostrana. In un simile quadro di luci e ombre, sembra logico chiedersi se l’Italia sia ricca o povera.
Predicatori della crescita economica sono, in primo luogo, i componenti del Governo. Il Ministro dell’economia e delle finanze Daniele Franco annuncia che, per il 2021, è ormai acquisita una crescita del Prodotto interno lordo (Pil) del 4,7 per cento e non si può escludere che, a fine anno, la crescita giunga al 5,8 per cento. Anche il Ministro delle infrastrutture e del trasporto Enrico Giovannini manifesta lo stesso convincimento. Il Ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta parla, addirittura, di un “momento magico” per l’economia italiana dovuto a una “congiuntura astrale strepitosa” per il Paese.
All’ottimismo del Governo fanno eco enti nazionali e internazionali. Tra gli enti nazionali, l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) informa che, nel secondo trimestre del 2021, il Pil italiano registra un aumento del 2,7 per cento rispetto al trimestre precedente, e ben del 17,3 per cento nei confronti dello stesso trimestre 2020 (che però corrispondeva al punto più elevato della pandemia).
Tra gli enti internazionali, possiamo citare l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), un ente internazionale che analizza, a livello mondiale, le politiche e le condizioni economiche dei Paesi. Anche l’OCSE valuta che, in questo momento, l’economia italiana stia segnando forti tassi di crescita, addirittura superiori a quelli delle economie tradizionalmente considerate più forti (Stati Uniti e Germania). Seguono alcune di quelle Agenzie che giudicano se un determinato soggetto (Stato, impresa, ecc.) sia solido e affidabile quando fa debiti emettendo titoli sui mercati finanziari per acquisire risorse che gli mancano. L’Agenzia Fitch, ad esempio, ha alzato le proprie stime sulle possibilità di crescita dell’Italia, dopo la pandemia.
Tutti sottolineano la “forte dinamicità” dell’economia italiana. Concordano nell’attribuirla, in primo luogo, alla riconquistata fiducia degli italiani nel futuro. Pesa inoltre la ripresa dei consumi in tutte le direzioni. Dunque l’Italia, diventata povera per colpa del virus, è, improvvisamente, ridiventata ricca.
Tuttavia ― come detto ―, le note ottimistiche sull’economia italiana si scontrano con altre di segno opposto.
Prima di ricordarne alcune, possiamo però fare una considerazione di carattere generale. Chi esprime note ottimistiche, fa costante riferimento al Pil. Ora è vero che, nel linguaggio economico, il Pil indica la ricchezza di un Paese (se cresce, il Paese va bene; se diminuisce, il Paese va male). Però, intanto il Pil non è una grandezza con valore assoluto, ma la sua entità può variare a seconda degli importi che si contabilizzano per determinarlo. Inoltre, non si esprime “in soldoni”. Di conseguenza, soltanto gli addetti ai lavori ne capiscono il significato. Per le tasche dei cittadini, il suo peso effettivo resta assolutamente incomprensibile. D’altro canto, ha sempre fatto comodo a chi governa “parlare difficile”. Non importa ciò che i cittadini/sudditi capiscono. Detto questo, guardiamo a fatti concreti di segno non proprio positivo.
La Banca d’Italia informa che, a luglio 2021, il debito pubblico ha raggiunto i 2.725,9 miliardi, 29,7 miliardi in più rispetto a giugno e 118,9 miliardi in più rispetto a gennaio di quest’anno. Per carità, nulla da dire. Continuano le necessità di interventi della finanza pubblica per aiutare la ripresa. Però chi fa l’ottimista non può non pensare che questa montagna di debito ― più gli interessi da pagare ― non pesi sulla ricchezza del Paese. E i cittadini, annualmente e quale che sia il Pil, dovranno pagare debito e interessi. Pagamenti che diventeranno sempre più pesanti quando la Banca Centrale Europea ― come ha già detto ― diminuirà e/o cesserà di continuare ad acquistare i nostri BTP e gli altri titoli emessi dallo Stato italiano.
Lo stesso ISTAT, dopo gli annunci ottimistici prima ricordati sul Pil, diventa più realista e parla di arretramento nell’autunno dei fatturati dell’industria. Stima, inoltre, una notevole diminuzione della spesa media mensile delle famiglie per consumi (7,5 per cento), con punte di due cifre per alcuni consumi. Ciò significa che le famiglie diventano più povere e spendono meno. D’altro canto, non è difficile da capire tenendo conto delle crisi occupazionali in atto per migliaia di lavoratori: Alitalia, Monte dei Paschi, Acciaierie d’Italia (ex Ilva), Whirlpool, GKN, Embraco, ma l’elenco è senza fine. E poi si aggiungono: le stangate sulle bollette di gas ed elettricità, l’aumento dei carburanti, le inefficienze del sistema sanitario pubblico, con ricorso necessariamente sempre più frequente al sistema sanitario privato, ma a pagamento. E, anche qui, l’elenco delle povertà può diventare lunghissimo.
In conclusione, nelle astratte valutazioni di governanti ed economisti, il Pil ci direbbe che l’Italia è ricca. Nei fatti quotidiani, sembra diventare sempre più povera. Il Governo dice che, con il Patto Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), si salveranno capra e cavoli. Si vedrà. Ma dovremo guardare per un po’ di anni. Le povertà di oggi ci sono e pesano per chi le sta vivendo. Il Pil potrà anche crescere ma, per molti e almeno per ora, il piatto continua a restare vuoto.