Tra Lega e Forza Italia sfida all’ultimo voto
Riportiamo l’articolo, a firma di Stefano Rizzi, pubblicato su “Lo Spiffero” il 21 febbraio 2018
Predica nel deserto Raffaele Fitto quando, come ha fatto ancora ieri, esorta il centrodestra a privilegiare l’indicazione di voto dei candidati dei collegi uninominali rispetto alla quota proporzionale. La realtà è, infatti, l’esatto opposto: Forza Italia e Legahanno ormai imperniato l’appello ai loro elettori sul simbolo, evitando accuratamente che il segno sulla scheda vada sul nome dell’aspirante deputato o senatore, distribuendo così il voto alle varie forze della coalizione. La ragione principale è, come noto, un’altra e di ben altro peso: la rincorsa tra i due maggiori partiti alla conquista della percentuale più alta.
In ballo, come va ripetendo a mo’ di mantra Matteo Salvini, c’è l’indicazione del premier: lo esprimerà chi prenderà un voto in più. E il rischio per Silvio Berlusconi resta alto. Negli ambienti di Forza Italia cresce il timore che il Carroccio sia sottostimato negli ultimi sondaggi, pubblicati prima del divieto di divulgazione, e lo spettro del sorpasso viene avvalorato innanzitutto dalle previsioni che riguardano il Nord: oltre all’exploit nel Veneto dove la Lega di Luca Zaia viene accreditata di un 30%, l’effetto traino delle amministrative in Lombardia porterebbe Salvini ad essere il primo anche dove Roberto Maroni con la sua non rinuncia ha comunque aperto un fronte critico.
Una vittoria del Carroccio è data per più che probabile pure in Piemonte. Lo stato maggiore leghista, a partire dal segretario Riccardo Molinari, se ne dice certo. Ma non per questo i lumbard abbassano la guardia, tantomeno si cullano su futuri allori, anzi: è proprio il partito di Salvini a battere palmo a palmo il territorio, mercato dopo mercato: l’esercito dei gazebo è sceso subito in campo e forse appare ancor più forte se confrontato con una campagna elettorale in cui, salvo alcuni casi, i berluscones sembrano assai più tiepidi e meno presenti. Che il presidio territoriale sia uno dei tratti distintivi della Lega fin dalle origini e che Forza Italia riponga, a ragion veduta, molto sull’effetto mediatico del Cav. è cosa assodata. Resta tuttavia il mutato scenario di questa competizione e i rischi che per gli azzurri, in Piemonte, potrebbero essere non limitati (si fa per dire) al superamento da parte della Lega nella contesa per i seggi in Parlamento. Prospettiva che viene monitorata con attenzione dal coordinatore azzurro Gilberto Pichetto.
Questa è la regione dove dal 5 marzo, appena conclusa una campagna se ne aprirà un’altra: quella per le regionali del 2019. E il risultato che uscirà dalle urne tra un paio di settimane sarà importante, se non dirimente, anche per un’altra scelta: quella del candidato alla presidenza della Regione. È pure vero che nella divisione non scritta della geografia del centrodestra, con Veneto e (se vincerà Attilio Fontana) Lombardia al Carroccio, Forza Italia rivendicherebbe in aggiunta alla Liguria anche il Piemonte, ma sono schemi che valgono (per quel che valgono) oggi. Non si sa domani, ovvero quando sarà definito il risultato delle politiche e magari si apriranno ipotesi di governo oggi da tutti escluse.
L’attuale dilemma, tutto in casa azzurra, tra l’eurodeputato Alberto Cirio (rimasto fuori dalla corsa per il Senato e per questo in qualche modo “rassicurato” circa un suo probabile futuro in piazza Castello da Berlusconi) e la futura deputata Claudia Porchietto, potrebbe aprirsi ad altre eventualità, proprio in virtù di un supposto sorpasso da parte del Carroccio. Molto sarà legato a quel che succederà nel quadro nazionale, alla tenuta della coalizione e al rispetto dei patti, ma di fronte a un risultato che rafforzerebbe ulteriormente (dopo le conquiste di capoluoghi come Novara e Alessandria) il peso della Lega in Piemonte, chi può escludere un rilancio con scombinamento di piani a scapito di Forza Italia? A poco varrebbe invocare la tesi per cui l’uomo forte del Carroccio, il salviniano Molinari, difficilmente lascerebbe un appena conquistato seggio parlamentare sia pure per sedersi sulla poltrona oggi occupata da Sergio Chiamparino. A parte il non fortunato precedente di Roberto Cota, troppo breve sarebbe il lasso di tempo dall’avvenuta elezione alla Camera per imbarcarsi in una nuova impresa elettorale.
Questo non significa che il Carroccio possa rinunciare a priori a un’eventualità, del resto mai esclusa con nettezza. E potrebbe farlo con uno dei suoi sindaci più noti, per giorni a un passo dall’essere candidato anch’egli al Parlamento: Valter Marin, primo cittadino di Sestriere, in testa al gruppo di sindaci a sostegno della candidatura per le Olimpiadi invernali 2026, non ha mai nascosto di accarezzare l’idea di fare il presidente della Regione. Uomo ben piazzato nel Carroccio, buone relazioni – nei giorni scorsi ha ospitato nel suo comune al convegno “Sport e benessere dalle Alpi al Mare”, il presidente della Liguria Giovanni Toti e la sua vice, la leghista Sonia Viale, il patron della Sestrieres Spa Giovanni Brasso, insieme al ct della Nazionale di ciclismo Davide Cassani, oltre a una nutrita rappresentanza di sindaci montani – Marin, anche in virtù della sua non candidatura al Senato (come invece pareva pressoché certo) potrebbe essere la carta da giocare da parte della Lega, nel caso il 4 marzo le urne ne sancissero, in Piemonte, una decisa superiorità su Forza Italia. Che, dunque, ha più di una ragione per temere il sorpasso.