La Conferenza di Palermo, tra abbandoni e conferme. Ora tocca ai libici
Riportiamo l’articolo, a firma di Isabella Nardone, pubblicato su “Formiche.net” il 13 novembre 2018
“Un successo per la nostra lotta comune di pace, sicurezza e prosperità al popolo libico. Vedere che la comunità internazionale si può riunire e discutere per una pacificazione è un grande passo in avanti”, ha dichiarato l’inviato speciale dell’Onu Ghassan Salamè in conferenza stampa al termine della conferenza di Palermo per la Libia. Sullo sfondo di Villa Igiea, oggi, Khalifa Haftar e Fayez al Sarraj si sono stretti la mano. Senza dubbio l’immagine simbolo di questa due giorni. Il premier Giuseppe Conte a suggellare l’incontro che, fino all’ultimo, era stato ritenuto incerto. D’altra parte, però, lo spirito propositivo, nel corso delle ore, aveva lasciato spazio alla confusione. “Non parteciperei alla Conferenza di Palermo neanche tra cento anni”, così ha commentato il generale della Cirenaica all’emittente televisiva libica Libya al Hadath. “Non ho niente a che fare con la conferenza”, ha sottolineato, abbandonando il capoluogo siciliano subito dopo l’incontro a porte chiuse con il premier italiano e gli altri leader del Mediterraneo. L’intenzione, chiara, è quella di non sedersi al tavolo della sessione plenaria con gli altri libici.
Intanto, mentre anche la delegazione turca, risentita per non essere stata inviata al tavolo con il generale Haftar, ha lasciato in fretta e furia la conferenza, i punti cardine dell’incontro si sono confermati nelle “elezioni entro primavera, nel rispetto delle scadenze costituzionali da parte della Camera dei rappresentanti di Tobruk (il parlamento libico che si riunisce nell’est del paese), il sostegno agli sforzi portati avanti dall’Egitto per riunificare le Forze armate e l’appoggio ai tentativi di riunificare le istituzioni finanziarie del paese, in particolare per quanto concerne la Banca centrali.
L’ABBANDONO TURCO
Il mini vertice che si è tenuto stamattina ha, in un certo senso, unito e diviso. Il vice premier turco ha lasciato Palermo con “disappunto” per non essere stato inviato all’incontro mattutino con Serraj e Haftar. I russi, dal canto loro, si sono mostrati entusiasti e propositivi. D’altra parte il presidente Conte, che pure si è detto dispiaciuto per come sono andate le cose con la delegazione guidata dal vice presidente Fuat Oktay, ha specificato come “far convergere trenta Paesi significa esporre l’incontro a qualche fibrillazione e sensibilità diversa. Bisogna accettarlo”. E se il sospetto porta a pensare ad uno spostamento del baricentro verso Haftar (che inevitabilmente si scontra con la posizione turca) Arturo Varvelli, analista dell’Ispi ed esperto di Libia ha commentato a Formiche.net: “La sensazione della Turchia è senza dubbio quella che ci sia stato uno spostamento del baricentro verso Haftar. Ma di questo l’Italia non ha responsabilità perché, in fin dei conti, quello che è avvenuto a Palermo è in continuità con quanto già successo a Parigi a maggio”.
Anche se, infatti, specifica Varvelli, “È vero che l’Italia ha tenuto una posizione meno ambigua rispetto a quanto non avesse fatto la Francia, preservando comunque il ruolo di Serraj a capo del governo internazionalmente riconosciuto, ha preso comunque atto che Haftar è troppo importante e troppo appoggiato dall’esterno, per non essere messo alla pari in un contesto ufficiale come quello di Palermo”. Dunque, continua “non ci vedo tanto un cambiamento di linea quanto una presa di coscienza da parte della comunità internazionale del ruolo centrale rappresentato da Haftar”.
LA ROAD MAP ONU E IL RUOLO DELL’ITALIA
Se la Conferenza di Palermo ha consentito all’Italia di ritagliarsi un ruolo da protagonista nel panorama internazionale, è indubbio che il ruolo degli Usa abbia rappresentato la spinta propulsiva per la costruzione dell’evento. L’idea della conferenza, infatti, era nata proprio dopo l’incontro di Conte con Donald Trump e, riportare gli Stati uniti dentro la gestione politica della crisi libica è stato uno dei fattori chiave per assicurarsi un ruolo di primo piano sulla scena internazionale. Anche se, l’assenza dei grandi leader (tra cui lo stesso Trump), ha poi minato l’immagine dell’incontro stesso.
D’altra parte, Varvelli aggiunge: “Penso che le iniziali ambizioni del governo italiano sicuramente si sono mostrate velleitarie. In primis l’ambizione di pensare di portare Trump e Putin al tavolo delle trattative si è dimostrato subito un passo falso. Ritengo comunque che a prescindere da questo, l’Italia abbia comunque lavorato bene, è stata capace di portare a casa un risultato discreto: quello di dare una nuova centralità alle Nazioni Unite”. E ancora: “La parificazione di Haftar avviene in un contesto delle Nazioni Unite, tanto che anche il generale della Cirenaica deve ammettere che l’Onu ha le redini in mano, riconoscendo, in qualche modo, il suo ruolo”. In sostanza “questo contribuirà al rilancio, ad un secondo tentativo dell’azione di Ghassan Salamè. ”. In sostanza “se questo tentativo andrà a buon fine è prematuro dirlo. L’obiettivo principale comunque rimane avere una road map chiara dei passaggi istituzionali”, conclude Varvelli.
In conferenza stampa Salamè, poi, ha annunciato che entro i primi giorni del prossimo anno si terrà una conferenza nazionale sul suolo libico, la seconda fase di una road map che, a quanto pare è stata definita anche nel corso della plenaria palermitana.