IL PUNTO n. 750 di Marco Zacchera

Riceviamo in Redazione, e riportiamo, la newsletter “Il Punto” di Marco Zacchera del 31 gennaio 2020
RIFLESSIONE POST ELETTORALE
Perdere in Emilia (e vincere in Calabria) ci può stare, ma non c’è dubbio che in Emilia si sia sfiorato un successo clamoroso che però alla fine è mancato: perché?
Ci sono già stati mille commenti, cui vorrei aggiungere alcune considerazioni:
1) Innanzitutto è evidente che la radicalizzazione non paga nel momento in cui cresce la percentuale dei votanti. Gli “elettori-tifosi” sono una cosa, ma la platea generale si fa meno pilotare dal “voto di pancia”. Quando in Emilia a sinistra – spinti dalle Sardine – ci si è resi conti che il centro destra con Salvini poteva davvero vincere è scattata la molla del “voto contro” e dello spirito di appartenenza (o ex appartenenza) ideologica, quel “profondo rosso” che in Emilia ha uno dei suoi fortini con relativa sindrome da ultimo presidio.
2) Quando il voto è anche – o soprattutto – amministrativo, la sinistra è da sempre più radicata del centro-destra. L’anno scorso la Lega fu il primo partito emiliano e il centrodestra prese più voti della sinistra, ma molti comuni – in cui si votava lo stesso giorno – restarono a guida PD. L’opinione generale era che la regione fosse stata guidata bene e questo ha quindi logicamente premiato il governatore uscente, oltre all’indubbio e profondo connubio che in Emilia c’è tra la sinistra e l’economia, le cooperative, il sottogoverno e i relativi centri di potere: 75 anni non trascorrono invano. Salvini per vincere non aveva forse altra strada che buttarla sul “politico”, ma in Emilia il cuore sta a sinistra, da sempre.
3) A questo aspetto si è aggiunto l’ “odio” contro Salvini del M5S per le polemiche quotidiane, anche con voti disgiunti, specchio di quanto d’altronde facevano qualche anno fa gli elettori di destra ai ballottaggi votando i candidati 5 Stelle purchè perdesse il candidato PD, non dimentichiamocelo.
4) La stessa “immagine” di Salvini “tira”, ma fino ad un certo punto e forse qualche polemica plateale di troppo più che portare voti alla Lega ha ringalluzzito e motivato gli avversari. La Lega non può pensare di andare oltre un certo limite fisiologico di voti e il “bacino” di voti leghisti scende percentualmente all’aumentare dei votanti. La Lega è poi fin troppo “un uomo solo al comando” e ha dei limiti – come tutto il centro-destra – nella preparazione politica della sua classe dirigente locale: il centro-destra deve ancora crescere in mentalità e immagine di governo (e di questo ne parleremo nel prossimo futuro)
5) La vittoria del PD è stata frutto della secca ed inequivocabile sconfitta del M5S con voti grillini “tornati a casa” pur di non far vincere Salvini. Adesso abbiamo l’assurdità di un parlamento dove i 5 Stelle – che valgono molto meno del 10% complessivo su scala nazionale – hanno però la maggioranza relativa dei seggi: è assurdo, appunto, ma realtà. Chi schioderà più da Montecitorio i deputati grillini che hanno ormai la certezza matematica che con nuove elezioni perderebbero il posto? La conseguenza politica del voto emiliano è però che ora il PD avrà maggior peso nel governo e i 5 Stelle dovranno ubbidire, così come nella distribuzione delle ormai prossime nomine “ricche” (oltre 700 posti di sottogoverno) che per il PD sono pane, burro e marmellata.
6) Paradossalmente chi rischia di più adesso è però proprio Conte perché qualcuno (Renzi?) e nel PD potrebbero chiedere la sua testa per un nuovo esecutivo a maggior trazione PD. Conte ha fiutato l’aria e in 3 giorni ha già preso le distanze dai 5 Stelle e – da navigato uomo-anguilla per tutte le stagioni – si sta già ricicciando con il PD. “Face of tolla” (faccia di tolla) tutta italiota.
7) Un dato politico importante è che cresce ovunque Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia. Un partito che – dopo aver eroso una buona fetta di Forza Italia – sta macinando consensi. La Meloni si presenta come donna determinata e con un viso e un atteggiamento deciso, ma più rassicurante di Salvini verso molti elettori. Questo nonostante che FdI sia stato ai margini della comunicazione e della polemica “Salvini contro tutti”. In un anno la Meloni ha quasi raddoppiato i voti delle europee e la sua crescita sembra costante. E’ una buona notizia per chi crede in un centro-destra più equilibrato e coeso.
Ultimo aspetto da considerare è il voto in Calabria (di cui i media hanno ovviamente parlato poco, così come del fatto che da 1 a 8 a favore della sinistra ora le regioni andate al voto dopo il 2018 sono passate 8 a 1 per il centro-destra). La Calabria ha dimostrato come il M5S abbia virtualmente perso le sue roccaforti del Sud, là dove – vincendo nei collegi uninominali – aveva costruito la propria vittoria elettorale nel 2018.
Con la legge ancora in vigore se si votasse oggi il centro-destra avrebbe una larga maggioranza di seggi e temo che – proprio per questo – faranno di tutto per non farci tornare a votare.
Comunque non è detta, perché sono in arrivo altre elezioni regionali e le amministrative di fine primavera, L’Italia è un paese al voto perpetuo (e meno male).
CRISTIANI PERSEGUITATI
La scorsa settimana si è celebrata l’annuale “Settimana per l’unità dei cristiani”, un appuntamento ecumenico per spingere i cristiani delle diverse confessioni a crescere più uniti.
Negli stessi giorni è uscito un impressionante report Open Doors, l’agenzia americana di aiuto ai cristiani perseguitati, con la lista dei paesi dove i cristiani sono più perseguitati. Dati allarmanti e di cui non parla nessuno perché – come in politica – troppe volte la libertà religiosa è data per scontata quando purtroppo non lo è.
Il primo dato che emerge della World Watch List 2020 è allarmante: in termini assoluti, cresce la persecuzione anticristiana nel mondo. Salgono da 245 a 260 milioni i cristiani perseguitati nei paesi della World Watch List 2020. Di questi, 2.983 sono stati uccisi nel 2019.
In parole povere a livello mondiale 1 cristiano ogni 8 subisce la persecuzione a causa della propria fede e ogni giorno siamo testimoni dell’uccisione di 8 cristiani, sempre a causa della fede.
Nel mondo 11 nazioni rivelano una persecuzione definita “estrema” e “alta” in altri 24 paesi. Per esempio nella Corea del Nord, il numero di cristiani detenuti nei campi di lavoro forzato per motivi legati alla fede è calcolato fra i 50 e i 70 mila. Nell’Afghanistan, in Somalia e in Libia la persecuzione è messa in atto da una società islamica tribale radicalizzata. La fede va vissuta nel segreto e se scoperti, specie se ex-musulmani, si rischia anche la morte.
Il Pakistan rimane ai primi posti per quanto riguarda l’aggressività anticristiana, mantenendo elevata anche la pressione nella vita quotidiana dei cristiani, tramite la legge contro il cosiddetto “crimine” di blasfemia.
In India, la politica di “induizzazione” promossa dal partito al potere, di carattere nazionalista religioso, lascia sempre meno spazio alle altre fedi, specialmente al cristianesimo, attraverso espulsioni e chiusure di Ong, così come un clima di impunità per chi aggredisce e viola i diritti dei cristiani. Sempre in India, 9 stati poi hanno adottato le cosiddette leggi anti-conversione.
In Africa è la Nigeria che detiene il triste titolo di “terra di massacri”, per mano soprattutto degli allevatori islamici “Fulani” ma anche da parte dei seguaci di Boko Haram.
La sorte di altre 112 ragazze, la maggior parte delle quali cristiane, rapite alcuni mesi fa a Chibok, nella parte orientale della Nigeria, resta ancora ignota. Altre ragazze, rapite nel 2019 sono state torturate durante le conversazioni telefoniche con i genitori, per far sì che essi pagassero elevati riscatti.
Sempre in Africa, nel Burkina Faso, Open Doors ha registrato una dozzina di preti cattolici uccisi oltre ad alcuni pastori protestanti e le loro famiglie che sono stati rapie ad opera di violenti militanti islamici. Il Camerun patisce la violenza presente nelle zone più settentrionali, roccaforti di Boko Haram. La radicalizzazione islamica minaccia le vite dei rifugiati cristiani e perturba le attività delle chiese.
Le chiese ed edifici connessi attaccati o chiusi nel mondo sono stati nel 2019 almeno 9.488 (26 ogni giorno), di cui oltre 5.550 soltanto in Cina, dove il numero di cristiani è cresciuto molto, al punto che si sostiene superino il numero dei membri del partito comunista.
Inoltre la Cina ha messo in pratica una politica ferrea di sorveglianza, anche tecnologica, sulle attività cristiane. I cristiani arrestati senza processo sono stati 3.711, 10 ogni giorno e i cristiani rapiti (o spariti dopo convocazione della polizia) sono stati 1.052, 3 al giorno.
Il cristianesimo continua intanto a scomparire dall’Iraq e dalla Siria a causa di conflitti e instabilità. In Iraq c’erano 1,5 milioni di cristiani prima del 2003, ora si aggirano sui 202.000: un calo dell’87%. In Siria erano 2,2 milioni prima della guerra civile (2011), ora sono 744.000 circa: un calo del 66%.
E purtroppo l’elenco prosegue con troppi altri paesi…
Nessuno deve odiare, nessuno per questo ha il diritto di uccidere o disprezzare altre religioni, ma sono dati che stranamente non vengono diffusi dai media più importanti, forse perché è più facile chiudere gli occhi, dimenticare, far finta di nulla il che è – ovviamente – è oltretutto molto più “politicamente corretto”.
GRETA SHOW: BASTA CON IL FOSSILE
L’annunciato show di Greta a Davos la scorsa settimana è stato la consueta critica a Trump, addirittura attaccato per il suo piano di piantare nuovi alberi “Che non bastano – ha tuonato Greta – per riequilibrare la natura”. “Il che è sicuramente vero, ma intanto si cominci a farlo”, direbbero le persone intelligenti.
Poi Greta ha insistito: “ Dovete interrompere immediatamente tutti gli investimenti nell’esplorazione e nell’estrazione di combustibili fossili; interrompere immediatamente tutti i sussidi per i combustibili fossili. Dismettete immediatamente e completamente i combustibili fossili». Subito: «Non entro il 2050, 2030 o anche il 2021. Vogliamo che tutto questo venga fatto ora». Insomma da domani basta miniere, basta petrolio, basta auto. Sicuramente Greta sarà tornata in Svezia a piedi, mentre le folte delegazioni viaggiavano su elicotteri e jet privati, purtroppo l’esatto contrario del favoleggiato risparmio energetico.
Ma se stiamo sul piano delle cose serie non c’è dubbio che si debba puntare ad una riduzione del consumo di energia, soprattutto se prodotta da petrolio e carbone ma – in cambio – cosa si deve consumare? Forse energia elettrica, visto che c’è la nomea che questo sia “green”, ma questa energia – salvo quella minoritaria idroelettrica, termica, eolica o solare – è di fatto quasi tutta prodotta dalla combustione e quindi siamo da capo. Non solo, se anche vietassimo tutte le auto a benzina e diesel, come smaltire poi milioni di batterie, ricariche, macchinari elettrici una volta dismessi? Producendo energia elettrica con il nucleare? Sarebbe un’ipotesi anche sensata, ma ci rendiamo conto quali altri rischi potrebbe averne l’umanità? Quindi, alla fine, si gira sempre intorno a punto: Greta attacca Trump e gli USA, nulla dice sui più grandi produttori di inquinamento nel mondo a cominciare da India e Cina e le sue richieste quando anche sarebbero sensate vengono presentate in termini che le rendono impossibili. Chi scrive i discorsi a Greta tutto questo lo sa benissimo e forse per prima cosa bisognerebbe capire bene chi c’è dietro proprio ai discorsi di Greta.