Il governo della commedia dell’arte

Redazione – Il nostro Paese, il nostro amato Paese, rimette in scena la commedia dell’arte.
Ci avevano confinati. Finito il lockdown, tanti cittadini, attenti a sé e agli altri, si sono tirati su le maniche, rispettando tutte le regole. Ristoratori, artigiani, professionisti, operai, artisti, studenti. Nonostante le paure, nonostante le incertezze, nonostante le oggettive difficoltà economiche. Ci siamo tirati su le maniche.
Tutto bene, direte voi? No! Perché, alla fine, abbiamo fatto la figura di Pantalone. Perché? Ad alcuni è stato concesso in maniera silente di fare ciò che voleva, al di là delle regole. Esempi? Tanti!
Quei locali, che non hanno rispettato i distanziamenti dei tavolini e non sono stati multati. Proprio quei locali, che hanno potuto fare queste cose, accanto ad altri, che hanno continuato a rispettare le regole (giustamente).
Quelle persone, che, nei fine settimana, a partire da fine agosto, si sono accalcate nelle vie del centro, senza mascherina e senza alcuna regola. Me le invento? Provate a chiedere ai gestori di locali in via Verdi, a Torino, cosa succedeva il sabato sera. Questo per fare un esempio.
I mezzi di trasporto. Rimaniamo a Torino. Come fa la GTT a dire che il numero di persone è inferiore all’80%? Non avendo autisti ipovedenti, l’ipotesi è una sola. Alcuni non timbrano il biglietto. Il problema, però, rimane. Come hanno fatto a non vederlo? Beh, in barba alla regola del “nessuno in piedi”, sancita dai regolamenti della Regione Piemonte, come scritto negli avvisi affissi da GTT “su questo bus standard urbano possono viaggiare 80 persone cioè tutti seduti e circa 60 in piedi, pari all’80% della capienza massima” [trascritto letteralmente da un avviso su un autobus GTT]. Ma… Non era vietato stare in piedi???
Vogliamo, forse, tralasciare quelli che proprio non hanno capito che mettere una mascherina non sia morire? Quelli che, ancora sabato scorso, in centro, giravano senza mascherina in mezzo alla gente. Quelli che, credendo nella magia, la mettono senza coprirsi il naso. Quelli che entrano nei locali chiusi senza, perché, tanto, sono pochi passi dal luogo in cui vivono o lavorano?
Questa “banda dei dritti” non ha età, colore, nazione, credo o altre caratteristiche, che li contraddistingua. Sono della stessa banda di quei personaggi, sempre raffigurati nella Commedia dell’Arte, accanto a Pantalone.
Passiamo al capitolo informazione. Da anni non si punta ad informare, ma ad eccitare il pubblico. L’eccitazione morbosa, patologica della morte, nelle sue sfumature. Dall’omicidio alla guerra. Dal suicidio alla pandemia. L’eccitato comunicare, con un gusto perverso, di persone, che dovrebbero avere, oltre che l’attenzione alla veridicità delle fonti (studiare!!!!) e all’affidabilità degli intervistati (non perché sedicenti esperti), un senso etico. Una attenzione per le persone, impaurite e sofferenti, dubbiose nei confronti del futuro che ci attende…
Nulla di questo. Vengono sfornati bollettini della morte, parole di studiosi e presunti tali, che gridano “è tutto fuori controllo! Moriremo tutti! Si salvi chi può”. Cosa ne può, il povero pensionato, la casalinga, l’imprenditore, lo studente? Devono diventare esperti di virologia, epidemiologia, gestione ospedaliera, per essere certi che le parole dette siano vere e non generate da persone, colte da senso di protagonismo, piuttosto che da uguale disperazione?
Così diventiamo tutti vittime, facendo felici quelli che devono ricevere un “click” per far alzare la visibilità del loro sito di informazione… Accanto a questi, continuano ad esserci altri Pantalone, quelli che prendono il loro mestiere di informare sul serio.
Veniamo a chi ci dovrebbe guidare. Passata l’emergenza del primo lockdown, programmate assunzioni, dati i titoli du studio abilitanti (con un senso di giustizia alquanto dubbio, perché non siamo certi che l’abilitazione valga anche per chi ha preso il titolo prima della legge, non essendo, normalmente, retroattiva). Ora leggiamo di strutture ospedaliere in affanno, RSA con casi positivi. Cosa è stato fatto?
A colpi di DPCM, il Parlamento muto, il Presidente della Repubblica… chissà…
Il Governo decide chi sia sacrificabile. Ristoratore? A morte! Artista? A morte. Mister x? ci sta simpatico e ci sembra utile. Ovviamente colpire il ristoratore o il teatro – entrambi si sono dovuti accollare le spese per mettere le infrastrutture a norma e non sempre hanno ricevuto aiuti – significa colpire tutto l’indotto. Da pastifici a trasporti, fornitori di servizi luci e suono, costumisti, alberghi, e così via. Persone. Famiglie.
Perché? Due i motivi. La “banda dei dritti” va di moda. Ovunque. Non c’è luogo, latitudine, condizione sociale o culturale che si salvi. Impuniti, possono continuare. Paga Pantalone. Secondo motivo. Il governo non governa. Fa spettacolo.
Annunci repentini di conferenze stampa. Dato un orario, mai rispettato. Sempre in ritardo. Già questo è un segno di cosa sia (o non sia) il rispetto. Aria contrita, da penitente. Sempre. Mostrare empatia. Parlare di provvedimenti inediti, per dimostrare il proprio sforzo e la propria bravura. Incolpare gli altri (si ricordino le parole della sindaca Appendino quando sfrecciarono le frecce tricolori in Piazza Vittorio… Mica lo avevano organizzato i cittadini). Dire che si fanno cose eccezionali, perché quello che si faceva prima faceva schifo e annoiava. Questo è il caso dei banchi a rotelle e delle parole del Ministro (pardon, Ministra) Azzolina.
Uno sciagurato insieme di figure da Commedia dell’Arte, riportate in vita in forma orrenda, grottesca. Figure, che, però, sono sostenute da cittadini, che sui social scrivono “bravo Presidente”, “com’è umano lei”. Reazioni, che Paolo Villaggio ben descrisse negli atteggiamenti del suo Fantozzi e, che, successivamente, furono incarnate bene da Tafazzi (quello che si prendeva a bottigliate negli attributi, per intenderci).
Il Presidente Conte ha dichiarato che comprende le proteste. Al più, riteniamo che ne prenda atto. Comprendere porterebbe a comportamenti diversi. Accanto ad un governo senza bussola, abbiamo i dritti. A questo punto possiamo accettare a capo chino. Oppure, abbiamo due alternative democratiche. Chiedere conto. Il dovere di rendere conto e la trasparenza sono caratteristiche fondanti di una democrazia. Lo scrivono tutti i testi di scienze politiche. La seconda è confidare nella capacità di auto-valutazione. Sulla seconda abbiamo qualche ragionevole dubbio, dato che chi governa pare sia solito darsi pacche sulle spalle e dirsi “bravo”. In questo secondo caso, generato da un risveglio di coscienze, questi signori dovrebbero dimettersi, facendo in modo che il Presidente della Repubblica scelga persone più idonee e responsabili.