Fuga dei cervelli: danno per l’Italia, pochi interessi per rientrare.
Riceviamo in Redazione e riportiamo l’articolo, a firma del Professor Carlo Manacorda*, pubblicato in data 10 settembre 2019 su “www.lineaitaliapiemonte.it
Nel Rapporto Ocse 2019 c’è una tabella che spiega perché i laureati specializzati che lavorano all’estero hanno poco interesse a rientrare in Italia. E’ la tabella che espone gli stipendi che si pagano, a questi lavoratori, nei vari paesi del mondo: l’Italia è al quart’ultimo posto nella classifica, soltanto prima del Belgio, della Lettonia e dell’Estonia.
Si parla di 2.500/3.000 laureati specializzati che, mediamente ogni anno, lasciano l’Italia per andare a lavorare all’estero. E’ il noto fenomeno della “fuga dei cervelli”. Si stima che il costo complessivo per la preparazione degli scienziati italiani che lavorano all’estero sia stato, per il nostro Paese, di 12 miliardi di euro. In altre parole, l’Italia ha investito 12 miliardi per qualificare i giovani. Di questo investimento, beneficiano i paesi dove ora lavorano i ricercatori italiani.
Tutti gli schieramenti politici mettono, nei loro programmi di risanamento dei mali del Paese, anche interventi per arginare la fuga dei cervelli. Quando vanno al governo, fanno però esattamente l’opposto di ciò che dovrebbero fare per impedirla: tagliano i fondi per la ricerca scientifica e diminuiscono i posti di lavoro che potrebbero occupare i laureati specializzati. Il settore più evidente per l’interesse che ha per tutti i cittadini: la sanità. Ma anche altri non sono da meno: chimica, fisica, ingegneria, informatica e via cantando.
Sempre chi governa, dimenticando di aver fatto provvedimenti totalmente contrari a quelli che avrebbe dovuto fare, programma poi interventi che dovrebbero far rientrare i cervelli. Per lo più promette, a chi rientra, sconti sulle tasse dei redditi da lavoro che produrranno in Italia. Per poter avere questi sconti, stabilisce però una tale burocrazia da togliere a chiunque, sano di mente, la voglia del rientro. Risultato: pochi abboccano (anche perché constatano che la situazione in Italia non è cambiata rispetto a quella che li ha spinti a cercare occupazioni all’estero).
Per questi “cervelli”, oltre alla scarsità dei fondi che consenta loro di lavorare in Italia e alle oggettive mancanze di posti di lavoro, c’è però una ragione che può prevalere su tutte per dissuaderli dal rientrare in Italia.
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) pubblica, ogni anno, un Rapporto sulle situazioni che esistono nell’istruzione nei vari paesi che ne fanno parte (36 paesi sparsi in tutto il mondo). Così è avvenuto anche per il 2019. Il Rapporto è stato pubblicato il 10 settembre (Education at a glance 2019 – Sguardo sull’istruzione 2019).
Nel Rapporto 2019, l’OCSE ha dedicato parecchio spazio anche alle analisi economiche che riguardano l’istruzione nei paesi: costi per il conseguimento dei titoli di studio, facilitazioni concesse a chi prosegue negli studi (borse di studio), possibilità di occupazione legata al titolo di studio posseduto, ecc.
Nel Rapporto, c’è però una tabella che ci aiuta a dare una risposta al perché i laureati specializzati che lavorano all’estero hanno poco interesse a rientrare in Italia. E’ la tabella che espone gli stipendi che si pagano, a questi lavoratori, nei vari paesi del mondo.
Il Rapporto osserva che il guadagno medio netto per un laureato specializzato può arrivare, nei 30 paesi considerati nella classifica, fino a 295.900 dollari (269 mila euro) per l’uomo, e fino a 227.600 dollari (207 mila euro) per la donna. Per i paesi dell’Unione europea, la media è di 276.100 dollari (251 mila euro) per l’uomo, e di 214.500 dollari (195 mila euro) per la donna.
Scorrendo la classifica (sempre espressa in dollari e che si riferisce a massimi stipendiali netti), vediamo in testa:
Lussemburgo, uomo 575.700 (523 mila euro); donna, 476.100 (433 mila euro).
Stati Uniti, uomo 542.600 (493 mila euro); donna, 354.800 (323 mila euro).
Cile, uomo 511.300 (465 mila euro); donna 313.100 (285 mila euro).
Poi si scende via via. E così:
Francia, uomo: 323.800 (294 mila euro); donna 210.600 (191 mila euro);
Germania, uomo 319.100 (290 mila euro); donna 192.600 (175 mila euro).
L’Italia è al quart’ultimo posto nella classifica, soltanto prima del Belgio, della Lettonia e dell’Estonia. Il guadagno netto stimato di un laureato specializzato italiano a fine carriera è di 190.800 dollari (173 mila euro) per l’uomo, e di 154.200 (140 mila euro) per la donna.
Ma è molto sgradevole rilevare che, per arrivare a questi stipendi netti in Italia, l’OCSE parte da 436.700 dollari lordi per l’uomo (397 mila euro), e 300.700 dollari lordi (273 mila euro) per la donna. Buona parte della differenza se la pappa lo Stato con tasse e contributi.
Se il quadro è questo, la fuga dei cervelli continuerà ad essere un tema d’attualità. Il loro rientro in Italia, salvo che non ci siano motivi personali o che il cuneo fiscale (del quale il Governo in carica parla tanto in questi giorni) scompaia quasi per intero, una pura illusione.
* Carlo Manacorda, docente di Economia Pubblica ed esperto di bilanci dello Stato