Economia in terapia intensiva, il quadro italiano.
Riceviamo in Redazione, e riportiamo, l’articolo a firma di Carlo Manacorda pubblicato in data 20 dicembre 2020 su “www.lineaitaliapiemonte.it“
C’è una sorta di parallelismo tra la malattia causata dal Coronavirus, nei casi più gravi, e quella, gravissima, dell’economia. Che richiede una sorta di terapia intensiva attraverso robusti interventi di denaro i quali però non hanno avuto gli effetti sperati. Ora la partita è aperta sul Next Generation Italia: si tratta di capire se i fondi assegnati all’Italia saranno acquisiti e in che misura. Certo è che, se non si ricorre al Mes, questa terapia intensiva non entrerà in funzione.
La pandemia ci ha ormai abituato a ritenere la terapia intensiva come il rimedio più efficace per superare i casi gravissimi della malattia causata dal Coronavirus. Il virus ha però determinato anche un gravissimo stato di malattia nell’economia. La sua guarigione può avvenire soltanto attraverso potenti iniezioni di denaro pubblico. Facendo le dovute distinzioni, non sembra irriverente immaginare una sorta di parallelismo tra le due malattie. I robusti interventi di denaro degli Stati per risanare l’economia possono essere assimilati alle cure in terapia intensiva ma non hanno avuto gli effetti sperati.
Il Governo Conte ha adottato numerosi provvedimenti per curare l’economia italiana. Le iniezioni di spesa pubblica sono ormai vicine ai 200 milioni (tutti a debito, essendo vuote le casse dello Stato). Tuttavia, i provvedimenti non si sono rivelati come cure di terapia intensiva. La recessione resta. Tutte le categorie sociali ― pesantemente colpite dalla caduta dell’economia ― lamentano l’inefficacia dei provvedimenti e centinaia di piccole e medie imprese chiudono i battenti, con spaventosi aumenti della disoccupazione.
Anche l’Unione europea, per sostenere il rilancio delle economie degli Stati che la compongono, ha messo a disposizione somme ingenti. Gli Stati possono attingere ad esse secondo le proprie esigenze, insostenibili con le loro sole finanze. Le somme messe a disposizione possono essere a fondo perduto, cioè sovvenzioni concesse senza corresponsione di interessi e da non restituire. Oppure prestiti, con interessi da pagare all’Europa e obbligo di restituzione del capitale. Anche l’Italia può beneficiare degli aiuti finanziari deliberati dall’Europa. Le ragguardevoli somme messe a sua disposizione possono o potranno rappresentare una terapia intensiva per la nostra economia? E’ sperabile. Però finora i comportamenti concreti di chi governa non sono proprio andati in questa direzione.
Un fondo europeo di 100 miliardi (programma SURE) è finalizzato a combattere la disoccupazione. Su sua richiesta, di questo fondo sono stati assegnati all’Italia 27,4 miliardi. Ne ha già incassati 16,5. Si tratta di prestiti concessi ― come si sente dire dal Governo ― a tassi d’interesse inferiori a quelli di mercato (che si desidererebbe conoscere per convincersi della convenienza, ma che il Governo tiene totalmente per sé ritenendo i cittadini incapaci d’intendere). Sicuramente, i 27,4 miliardi sono particolarmente utili per coprire oneri della Cassa integrazione guadagni (Cig). Per questo caso, la terapia intensiva può funzionare ― purché quanto deliberato da Conte non si blocchi per le solite pastoie burocratiche ―. Al riguardo, i segnali sono purtroppo di questo tipo.
Il 10 dicembre, il Consiglio europeo ha trovato l’accordo per far decollare il Recovery fund, ora ridefinito Next Generation Eu. Il piano del fondo è previsto in 750 miliardi, divisi in: 390 miliardi per sovvenzioni e 360 miliardi per prestiti. All’Italia sono stati assegnati 209 miliardi divisi in: 82 miliardi di sovvenzioni e 127 miliardi di prestiti. L’erogazione dei fondi avverrà per tranchesulla base di Piani nazionali di riforme coerenti con le priorità stabilite dall’Europa. Secondo quanto finora detto dalla Commissione europea, almeno il 60% delle sovvenzioni dovrebbe essere erogato entro la fine del 2022. Il resto entro la fine del 2024. I prestiti potranno essere richiesti entro e non oltre il 2024.
Finora, le iniziative del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per dare corso, in Italia, al Next Generation Eu sono consistite, per lo più, in chiacchiere. Dopo insistenti pressioni politiche e dell’opinione pubblica (timore che l’Italia arrivasse in ritardo per ottenere i fondi del Recovery fund), il 6 dicembre Conte ha messo in circolazione il Recovery plan per l’Italia, definito “Piano nazionale di ripresa e resilienza – Next Generation Italia”. Sul documento ― risultato addirittura ignoto al Consiglio dei Ministri ― si è subito acceso un infuocato dibattito politico e dell’opinione pubblica. Politicamente, si è stigmatizzato che Conte abbia fatto tutto da solo. Si chiede una riscrittura del Piano da farsi col contributo di tutte le forze politiche. L’opinione pubblica (segnatamente gli economisti) hanno sottolineato l’assenza nel Piano di una chiara visione dei problemi, con conseguente vaghezza delle proposte. La partita è aperta. Occorrerà attenderne la conclusione per sapere se i fondi assegnati all’Italia con il Next Generation EU saranno acquisiti e in che misura. Pur sottolineando l’urgenza degli interventi, soltanto dopo si potrà dire se questi fondi rappresenteranno una effettiva terapia intensiva per risanare l’economia del Paese.
C’è poi il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), noto anche come Fondo salva Stati. L’Europa ne ha indicato l’utilizzo con gli altri fondi per superare la recessione. Però soltanto per interventi nel settore sanitario. Da questo Fondo, l’Italia potrebbe avere prestiti per 36/37 miliardi. Sul suo utilizzo, c’è però il veto totale del M5S. Anche Lega e Fratelli d’Italia sono contrari al ricorso al Mes. Si teme che, se venisse richiesto, potrebbero esserci ingerenze dell’Europa nelle azioni politiche interne. Inoltre, gli oppositori al Mes reputano inutile il ricorso ― che comporterebbe il pagamento di interessi e l’obbligo di finanziare soltanto programmi sanitari ― dal momento che arriveranno somme dal Next Generation Eu gratuite e senza obblighi specifici. Finora il Mes è dunque messo da parte. Né l’opinione cambia benché il Consiglio europeo ne abbia approvato una radicale riforma. Che comunque esiste e funziona e dal quale potrebbero arrivare risorse almeno per la Sanità. Certo è che, se non si ricorre al Mes, questa terapia intensiva non entrerà in funzione.
Se si escludono le somme assegnate dal programma Sure, la sola, concreta terapia intensiva finora messa in atto dal Governo Conte per risanare l’economia è l’indebitamento dello Stato (il debito pubblico veleggia ormai tra i 2.700/2.900 miliardi). Conte confida inoltre molto nella terapia intensiva attivata dalla Banca Centrale Europea (BCE) che, nel 2020, comprerà titoli del nostro debito per 190 miliardi e proseguirà anche nell’anno prossimo. Vivaddio: questi sono fondi facili e arrivano senza fare programmi! E si dimentica che anche i debiti con la BCE dovranno essere restituiti. Ma altri ci penseranno.