Appendino, avverata la profezia di Fassino

Riportiamo l’articolo, a firma di Oscar Serra, pubblicato su “Lo Spiffero” il 30 novembre 2017
“Si segga su questa sedia e vediamo se poi sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di poter fare”. È in questi giorni che l’ormai celebre profezia di Piero Fassino si è avverata, non un anno e mezzo fa, quando il Lungo venne spodestato, ahilui, dalla poltrona di sindaco. Perché la vera sfida, lanciata nel maggio 2015 dall’allora primo cittadino a una Chiara Appendino battagliera, che arringava l’aula sotto il quadro di Bellezia in Sala Rossa, non era a vincere le elezioni – una prospettiva, peraltro, mai presa davvero in considerazione dall’apparato democratico – quanto a realizzare tutto ciò che l’allora consigliera d’opposizione diceva. Quel video è diventato virale, passato agli onori delle cronache come la seconda profezia di Fassino – nella prima l’ex segretario dei Ds invitava Beppe Grillo a fondare un partito e presentarsi alle elezioni e lì sappiamo com’è andata – ma ciò che è stato presto dimenticato era la suadente forma della Torino a cinque stelle tratteggiata dalla Giovanna d’Arco di Cit Turin.
Dai conti alla trasparenza, dalle politiche urbanistiche alla cultura. Appendino era pronta a rivoltare Torino come un calzino. “Sarò fiera quando vedremo le pedonalizzazioni promesse e decantate anche nelle periferie e non solo nel centro – fu l’incipit – sarò fiera quando capiremo che dal punto di vista urbanistico è impensabile che il motore di sviluppo per la riqualificazione sia il grande centro commerciale, sarò fiera quando si deciderà su alcuni grandi eventi le risorse disponibili e io non penso che il Jazz Festival sia un evento su cui investire poiché solo il 10 per cento del pubblico arriva da fuori Piemonte, sarò fiera quando raggiungeremo il 60 per cento di raccolta differenziata, sarò fiera quando non dovremo lottare per anni per eliminare spese inutili come l’accordo assurdo con il museo di Lugano o aspettare le relazioni della Corte dei conti per vedere riduzioni di stipendi che noi riteniamo spropositati”. Era già un clima pre-elettorale, gran parte delle mozioni e dei discorsi di Appendino erano frutto dell’ispirazione di Paolo Giordana, in giro per Torino l’esercito pentastellato di attivisti e militanti batteva ogni quartiere, mentre gli interventi di “Chiara” in pochi ore facevano il giro di facebook.
Fu uno stremato Fassino a pronunciare la profezia: “Vediamo se poi sarà capace di fare tutto quello che ha auspicato di poter fare”. Ma è solo oggi che questa si avvera. Non c’è niente, o quasi, di quel manifesto politico nei primi 500 giorni di Appendino, se si esclude l’intenzione di estendere la differenziata. Il Jazz Festival è l’emblema dell’avvitamento politico di questa giunta: contestato perché non produceva valore aggiunto in termini turistici, eliminato dal palinsesto cittadino nel 2017 (o meglio presentato sotto altre spoglie) e ora reintrodotto nel carnet di eventi per il 2018: sulla kermesse promossa dall’allora assessore alla Cultura Maurizio Braccialarghe si può pensare quel che si vuole, ma riesumarla così dopo averla denigrata per cinque anni è l’ammissione implicita di una evidente assenza di idee.