“UN GIORNALE PER BENE”?
Presentandosi ai lettori nella prima uscita come nuovo Direttore de La Stampa, Massimo Giannini ha ricordato quando, anni addietro, Gianni Agnelli gli aveva dato il “benvenuto in un giornale per bene”! Torino ed il Piemonte sono legati a La Stampa e, pur conoscendone i vizi cortigiani di chi non può stare lontano dal potere, hanno sempre avuto nel giornale un punto di riferimento, non solo per lo stile sobrio e per la qualità del prodotto editoriale, ma anche per l’indipendenza che nella sostanza rappresentava la sua stella polare. C’è però da chiedersi se La Stampa possa ancora definirsi “un giornale per bene” e gli indizi spingono evidentemente per una riposta netta e negativa, vediamo.
E’ chiaro che un giornale come La Stampa non può scadere nella faziosità smaccata, ma è proprio nella capacità di indirizzare il lettore in modo sofisticato ed impalpabile, che la faziosità raggiunge la sua migliore efficacia, in particolare mettendo all’incasso l’arma più forte che hanno i media: la censura.
Ma come? La censura è uno strumento contro la libertà giornalistica, come è possibile?!
E’ molto semplice: La Stampa non censura perché qualcuno impone il silenzio su certi fatti, ma perché per sua scelta decide di “uccidere” del tutto una notizia quando la ritiene non funzionale alla propria linea culturale e politica del giornale.
Un esempio clamoroso l’abbiamo avuto in questi giorni: i lettori de La Stampa ben poco sanno del devastante scandalo che sta scuotendo la credibilità della Magistratura, mettendone in dubbio il ruolo di terzo cardine dei poteri costituzionali. Poche notizie e molto prudenti, dando addirittura spazio ad alcuni dei protagonisti della triste vicenda, soprattutto sono state censurate tutte le intercettazioni che rendevano palpabile la pochezza di tanti importanti magistrati, presi solo da camarille e lotta per le carriere e senza mai una parola per la qualità e l’efficienza del loro lavoro.
Quando mai La Stampa ha rinunciato a pubblicare le intercettazioni, soprattutto quando riguardavano personalità non vicine al mainstream? Perché non sono state pubblicate le chat in cui i magistrati si organizzavano e sollecitavano reciprocamente per aggredire l’allora Ministro degli Interni Salvini, in merito alla vicenda delle navi ONG?
Altra evidente e continua censura riguarda il mondo e la cultura cattolica: nessuna notizia o trafiletti degni di una partita rionale per incontri e celebrazioni che coinvolgono migliaia di persone, mentre iniziative di incerto spessore che coinvolgono qualche decina di persone meritano una mezza paginata se organizzate da vegani, animalisti, ecc., con tutto il rispetto per questi gruppi e solo per evidenziare la diversità discriminante dell’approccio del giornale.
Se parla Papa Francesco, spazi infiniti se domanda “chi sono io per giudicare?” Imbavagliandolo, cioè non citandolo quando parla con vigore contro la piaga dell’aborto. Ecco, l’aborto è un pò la cartina al tornasole delle ambiguità de La Stampa: quasi centomila bimbi uccisi da tutti noi ogni anno, gli ultimi e gli indifesi che però non hanno alcuno spazio nel buonismo dolciastro del giornale. Nessuna voce a tutela delle donne sfruttate dagli schiavisti del sesso, costrette anche a più aborti per tornare sulla strada: nessuna parola sul concorso nel reato che in pratica lo Stato offre alla mafia nigeriana ed agli sfruttatori di ogni specie.
Tutta l’area politica di centrodestra è in pratica espulsa dalla informazione: i convegni non vengono riportati nell’agenda, nessuno commento segue ad incontri con centinaia di partecipanti.
E tutto questo si inserisce nella continua attenzione ed esaltazione di posizioni e temi del Pensiero Unico Dominante: globalizzazione (beh certo, ora un po’ rivista causa Covid…), immigrazionismo, genderismo e relativismo sessuale, statalismo centralista nella scuola..
Proprio ieri Marco Revelli, storico fondatore di Lotta Continua (quelli che l’omicidio Calabresi…..si…però…), ci ha ancora insegnato che la piazza della opposizione di destra ha bisogno dell’assembramento “per rappresentare una presenza che sul piano delle idee e delle proposte non ha”, mentre le altre ..quelle si che sono “piazze vere, queste, le cui ragioni sono affondate nella carne viva del Paese”.
Retorica, qualunquismo, piaggeria ad un potere che privo di ogni valore morale sta portando il Paese alla ininfluenza prima e poi all’inevitabile disastro sociale ed economico: quanto basta per togliere definitivamente a La Stampa l’autoreferenziale qualifica di “giornale per bene” e per scegliere testate che ancora danno senso alla parola “giornalista”.
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Autore: S.M.C.
Data di pubblicazione: 27.06.2020
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