RIFLESSIONI SULLA GIUSTIZIA – Parte 2

Proseguendo nell’attuazione dei propri fini statutari, http://www.rinascimentoeuropeo.org/statuto/Statuto.pdf, RINASCIMENTO EUROPEO ha creato, sul proprio sito web www.rinascimentoeuropeo.org, uno spazio interamente destinato a raccogliere scritti e riflessioni su temi d’interesse generale che rientrino nelle finalità dell’Associazione.
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RIFLESSIONI SULLA GIUSTIZIA – Parte 1 QUI [http://www.rinascimentoeuropeo.org/riflessioni-sulla-giustizia-parte-1/]
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Ma vi sono altri aspetti che meritano attenzione.
Queste considerazioni, inevitabilmente, spostano l’attenzione sui soggetti che avrebbero fatto parte del “sistema” in quanto elementi necessari per il funzionamento. Questo aspetto parte dal dato essenziale e innegabile secondo cui il magistrato in questione non avrebbe potuto svolgere la sua (supposta) azione delittuosa senza la compartecipazione indispensabile e cosciente di concorrenti, in numero e “posizione” adeguati al funzionamento. Ancora una volta va ribadito essere del tutto ingiusto, ma soprattutto scorretto penalmente, fare del protagonista “il responsabile”, all’evidente scopo di concludere la vicenda, anche e specialmente nei confronti del popolo italiano.
Il “sistema correntizio” ha avuto la sua parte parimenti determinante, ma viene dato quasi unanimemente per scontato e quasi legittimo, trascurando che ad esso risultano collegati elementi “politici”, in violazione del principio secondo cui” la Politica esige una scelta di campo, la Giustizia esclude ogni scelta di campo”. La stessa ammissione dei fatti, sia pure in sede non processuale, lascia ampio spazio per ogni illazione.
Ma, di conseguenza, il discorso e la analisi devono spostarsi sulla qualificazione giuridica “complessiva” della vicenda, con particolare riferimento al delitto di associazione per delinquere di cui all’art. 416 del codice penale, non trascurando, se del caso, le ulteriori modifiche. In buona sostanza, sia pure a livello di ipotesi, ci si deve chiedere come fosse possibile ottenere decisioni “gradite” senza avere la certezza di un numero sufficiente e “stabile” di adesioni, quindi non occasionali. Si pensi anche soltanto ai membri togati del CSM essi in numero di sedici. Come dire che occorreva poter contare su almeno sette altri componenti. E costoro, ci si deve chiedere, come venivano “sollecitati” ed a quali condizioni evidentemente accettavano. Una indagine meticolosa sulle “pratiche” evase sarebbe, quindi, indispensabile per dare alla vicenda quella stessa importanza investigativa che certamente avrebbe avuto con soggetti diversi e in un ambiente…diverso.
Ma questo difficilmente accadrà, perché è evidente il potere di veto “sostanziale”; in quanto tale peggiore di quello legale.
Una seria investigazione, specialmente laddove potrebbe prendere corpo la ipotesi “associativa”, andrebbe effettuata sulle specifiche modalità della annosa “gestione”. Potrà sembrare esagerata, e persino fantascientifica, una ipotesi richiamante l’art. 416 bis del Codice Penale. In una intervista televisiva, del 14 giungo scorso, nel medesimo programma, un altissimo magistrato vi ha fatto apertamente cenno, senza infingimenti. Certamente, non può non apparire stravagante l’immagine di una congregazione “mafiosa” composta da magistrati e assimilati. Ma la insuperabile “parità di trattamento” dovrebbe imporre quanto meno la “verifica per escludere”. Tale quale esigono la qualità delle persone e delle funzioni, per cui il richiamo alla moglie di Cesare appare persino scontato e superfluo. Quanto meno perché ciò non divenga, viceversa, uno scudo. Gli altri magistrati, è stato affermato semplicisticamente, “subivano” in apparente silenzio e rassegnazione. Ma era veramente tale – e già sarebbe gravissimo – oppure si era instaurato un sottile, ma pesante, “clima di intimidazione”. Anche su questo occorrerà indagare con minuzia e distacco, come si sarebbe fatto e si fa nei confronti di cittadini comuni, specialmente se… “qualificati” in termini non graditi al “sistema” e specialmente “politici” o “ideologici”. Occorrerà verificare se, come sempre nei processi per reati “associativi”, sia stato effettuato il “controllo mediante apparecchiature idonee” (il trojan) anche sui soggetti che si …interfacciavano col principale sospettato, per questo gravato dall’intercettatore occulto. Quanto meno per escludere.
Merita attenzione, a modesto parere di chi scrive, una “panoramica” che può essere tracciata su aspetti molto importanti, se non propriamente essenziali.
I numerosi casi che si sono presentati, richiedono un accenno al rapporto fra la Politica (attiva) e l’esercizio della funzione giudiziaria. Non v’è dubbio che al magistrato non possa essere precluso l’accesso alla Politica; per motivi di costituzionalità, si è sempre detto. Il che non vuol dire che esso non possa, anzi debba, essere severamente regolamentato posto che, si ripete, la “scelta di campo” è essenziale nella politica ma contrasta insuperabilmente con l’amministrazione della Giustizia. Generalmente, si tende a spostare il limite della cosiddetta “porta girevole”, ostacolando e regolando il rientro in magistratura di chi l’abbia momentaneamente “accantonata” per dedicarsi alla Politica. I casi sono noti e non occorre più di tanto. A parere di chi scrive, occorre soprattutto fare riferimento alla ben più importante fase iniziale, ossia l’entrata in politica del magistrato. Si è detto che il magistrato deve essere imparziale ma anche “apparire tale”. Viceversa, la funzione politica non può che contrastare con la imparzialità. Viene da chiedersi allora su quale via di Damasco il magistrato novello politico, o aspirante tale, possa essere stato “fulminato” dal credo politico. Evidentemente, aveva già una sua ben precisa idea politica (o peggio “ideologia”) che ad un certo punto si rende necessariamente manifesta. Tutto sta a vedere quanto e come sia riuscito a spogliarsi della tentazione politica rendendo Giustizia e, soprattutto, convincere i cittadini giudicati di essere stati trattai, ciononostante, in maniera imparziale. Specialmente in alcuni casi particolarmente “delicati” che non richiedono esempi concreti essendo facilmente rintracciabili nelle cronache. Una sorta di “quarantena” potrebbe rivelarsi strumento idoneo nel rispetto del diritto costituzionalmente garantito ma anche della indispensabile apparenza di imparzialità. Come dire che la “conversione” potrebbe essere maturata in due o tre anni dalla uscita dalla magistratura o, quanto meno, dal posizionamento “fuori ruolo”, con quanto ne deriva.
Del resto, la dedizione alla Politica, per il magistrato è un diritto ma non certamente un obbligo.
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Autore: Giuseppe Marciante
Titolo: “RIFLESSIONI SULLA GIUSTIZIA “
Data di pubblicazione: 1 luglio 2020