Come ricostruire la nostra Europa?

Riceviamo in Redazione e riportiamo il testo della Newsletter n. 29 di Alpina SRL, a cura di Riccardo Lala, del 21 dicembre 2016
Nel delineare quelli che, secondo noi, dovrebbero essere gli obiettivi politici degli Europei nel prossimo anno, c occuperemo innanzitutto dell’ impatto dell’ elezione del Presidente Trump, non già per “attribuire un voto” al neo-presidente, bensì per valutare se, e in che misura, la sua elezione possa da noi essere utilizzata in positivo per il rinnovamento dell’ Europa, e, in particolare, per accrescerne l’autonomia della stessa nei confronti degli Stati Uniti.
Intanto, sembrerebbe ormai chiaro che Trump, una volta divenuto presidente, non seguirà la fantasiosa e disorganica politica cosiddetta ”populistica” delineata in campagna elettorale per raccogliere voti, ma invece perseguirà, almeno in parte, una sua “hidden agenda”(programma segreto) ancora sostanzialmente sconosciuta, ma che i suoi sostenitori definiscono come “americanistica”. Sul contenuto di questa politica, ogni ipotesi è lecita. Quindi non sappiamo se egli voglia incrementare, come teme l’amico Franco Cardini (Minima Cardiniana,152), le già numerosissime guerre lanciate dai suoi predecessori – anzi, potrebbe essere il contrario, visto che il suo discorso politico, contrariamente a quello di tutti i Presidenti americani fin dall’ inizio, è privo di ogni retorica messianica,e, quindi, imperiale-. Al contrario, egli sottolinea la priorità dell’ interesse nazionale americano (“America first”), così come Sol’zhenitsin sottolineava la priorità di quello russo: “Nasha Rossija”. Ed è per questo ch’ egli è poco amato dall’establishment “occidentalista” dell’ Europa, che ha, non solo tollerato, ma, spesso, addirittura preteso, di essere spalleggiato, per la propria sopravvivenza politica, dalle “covert operations” americane. Come confermato in modo sconcertante dal recentissimo appello lanciato da Tusk e Juncker, congiuntamente, addirittura, con il Segretario della NATO Stoltenberg, per una più stretta cooperazione fra NATO e UE, quando ancora nessuno ha discusso adeguatamente la nuova strategia di Politica Estera e di Difesa e il suo Piano d’attuazione, che puntano seppur parzialmente in un’altra direzione.
Quell’imprevedibilità della politica effettiva di Trump potrà essere spiacevole, ma sta divenendo la regola per tutti i politici del mondo (che invitano gli elettori a “votare con la pancia”, e poi ci pensano loro a riportare il tutto nell’ alveo del “mainstream”, oppure annunziano di volersi dimettere in caso di sconfitta e invece restano abbarbicati alle loro poltrone), tanto che c’è da chiedersi se tutto ciò non sia il risultato inevitabile (e voluto) dell’ inarrestabile marcia verso il livellamento sociale e culturale inaugurato proprio con la Rivoluzione Americana (una “democrazia” che, secondo la retorica “aristotelica”, dovrebbe qualificarsi più propriamente come “demagogia”, se non addirittura “oclocrazia”=governo della plebaglia). Il livello medio (intellettuale e morale) dei “cittadini” (“the man of the street”, la “ggente”) è infatti ormai divenuto ovunque così basso, che i temi vincenti sul piano elettorale sono sempre quelli, o più assurdi, o più irrealizzabili, o più immorali (il muro di Trump, i tre milioni di morti di Dutarte, ecc…).Al punto che i presunti “populisti” si guardano bene dal metterli in pratica. Ad esempio, Trump, con grande scandalo di molti suoi simpatizzanti, non perseguirà Hillary Clinton per lo scandalo delle e.mail; non ribadirà l’autorizzazione alla tortura già rilasciata da Bush e Obama; non negherà l’esistenza di un problema climatico; non violerà il 1° Emendamento della Costituzione; si limiterà a rinforzare l’esistente recinzione con il Messico, senza costruire un vero e proprio muro; nominerà quali responsabili dell’ economia uomini dell’odiata Wall Street, e quali responsabili della difesa dei generali che hanno servito sotto l’attuale establishment. In definitiva, tutta la parte “populistica” del suo programma, allo stesso tempo truculenta e irrealizzabile, viene ora da lui dichiarata apertamente essere stata pura propaganda.
In pratica, ciò che invece comunque sembra destinato a restare almeno parzialmente valido è che Trump ha dichiarato “Io sarò il Presidente dell’ America, e non del mondo”, e che vuole difendere “solo i Paesi che paghino per la loro difesa”. Non è poco. Infatti, si tratta di due posizioni singolarmente identiche a ciò che Sol’zhenitsin aveva richiesto all’ URSS con il suo famoso saggio “Kak obustroit’ nam Rossiju”(“Come ristrutturare la nostra Russia”): che il Paese rinunziasse alla missione di “Paese Guida” di un’alleanza internazionale ideologica avente come obiettivo l’omologazione culturale e politica di tutti i paesi del mondo (quello che oggi noi chiameremmo ”l’Esportazione della Democrazia”). Se ciò fosse vero, verrebbe meno la causa principale di guerra nel mondo: gl’ininterrotti tentativi sedicenti “idealistici” di destabilizzazione, da parte dell’ America e dei suoi alleati, di tutti i paesi che non siano succubi ad essi sotto tutti i profili, e l’obbligo, da parte di tutti noi, di accettare senza obiezioni la loro “difesa” da parte degli USA (come quando gli ex “satelliti” sovieticichiedevano l’”aiuto fraterno” dell’URSS).
Cardini teme che, al contrario, tale destabilizzazione del mondo sia destinata a continuare, con nuove ingerenze che si annunziano a Cuba, Taiwan e in Iran. Viste le premesse, ciò è tutt’altro che escluso. Tuttavia, da un lato, tali ingerenze non costituirebbero alcuna novità (essendo questa da sempre la politica dell’ America), e, dall’ altra, esse sarebbero, con Trump, ben meno insidiose, essendo effettuate non già in nome dell’”esportazione della democrazia”, bensì dell’ interesse nazionale americano, realtà effettivamente esistente ed a cui chiunque ha il diritto e il dovere di opporre un interesse nazionale sudamericano, cinese o persiano. Infine, vista la distanza culturale fra Trumpe l’”establishment” europeo, quest’ultimo incontrerebbe obiettive difficoltà politiche a seguire il tradizionale corso servilistico verso gliUSA.
Che la politica estera di Trump sembri, in linea di principio, meno espansionistica di quella di Obama a noi pare indicato soprattutto dal ritiro dal TTP (trattato commerciale del Pacifico), cosa che equivale, come evidenziato dai media cinesi, a lasciare campo libero (non solo in Oriente, ma anche in Occidente) per la firma di trattato speculare ed alternativo-appunto, con la Cina-, come quello che la UE sta negoziando. E, dunque, ad abbandonare la pretesa obamiana di ri-segmentare il mercato mondiale, già unificato dal WTO, in tre grandi aree: una occidentale, una orientale, e, una terza, abbandonata alla Russia e alla Cina.
Purtroppo, già la Perestrojka, con cui Gorbaciov aveva cominciato a dare pratica attuazione alle proposte di Sol’zhenitsin, non era stata “utilizzata”, dagli Europei, in modo conforme ai loro interessi, che sarebbero dovuti consistere nel realizzare già allora, sfruttando la “libera uscita” dal “collegio” del Socialismo Reale, una “ricostruzione” della loro cultura e del loro sistema politico, rifiutando di partecipare all’”esportazione della democrazia” sotto il nuovo “Paese Guida”, e avvicinandosi invece sempre più, come chiedevano già allora i Russi, ai Paesi post-sovietici, ai quali li uniscono le loro radici etniche, storiche, religiose e culturali. Forti di quelle esperienze, occorre ora soprattutto evitare di sprecare questa seconda occasione, che si presenta praticamente identica alla prima (“Trump=Gorbaciov”?). Qui si tratta d’inserirsi in modo attivo nella manovra del nuovo presidente, che cerca di ridurre i costi militari improduttivi, dalle guerre in corso o programmate al braccio di ferro con Russia e Cina, che impediscono agli Stati Uniti di risolvere i propri problemi interni.
Per esempio, il suo attacco al programma aeronautico F-35, imposto dalla Lockheed all’ America, e dall’ America all’ Europa, ripercorre quanto detto da noi fin da una decina di anni fa, quando, invece, i governanti europei, e, in primo luogo, quelli italiani e piemontesi, stavano uccidendo, nel nome dell’ F-35, il programma europeo Eurofighter, consegnando così l’industria militare europea alla Lockheed, a cui le Autorità italiane e la Finmeccanica concessero praticamente la sede di Cameri. E’ ovvio che i generali intorno a Trump vogliano un aereo migliore, visto che l’ F-35, oltre a non funzionare, è tecnologicamente superato dai nuovi cacciabombardieri cinesi Chengdu J-20. Anche qui, una magnifica occasione per rilanciare l’industria europea aerospaziale e della difesa.
Per essere coerenti con il nuovo corso culturale “patriottico” ormai prevalente in tutti i continenti, dovremmo in ogni caso smetterla con il servilismo nei confronti dell’ America – sia essa quella di Obama o quella di Trump-, mascherato da internazionalismo ideologico (democratico, conservatore o puritano), e affermare anche noi senza falsi pudori: “Europe First”!, o, per non essere come sempre dei banali imitatori, ”Europe Pròtistos!”.
1.Basta con gl’ “inciuci“ euro-atlantici
Il motivo numero uno per cui oggi non si può dire la più grande verità, che cioè un sentimento europeo esisteva già in Grecia, a Roma, nel Medioevo e nell’ Illuminismo, è che quest’ attuale Europa, cioè quella tecnocratica e ”occidentale” (i cosiddetti“ Stati Uniti d’Europa”), è effettivamente stata creata solo dopo la IIa Guerra Mondiale, in opposizione ad un’ antica identità europea, per fare del nostro Continente un protettorato americano, così come l’Impero Anglo-Indiano era stato un protettorato britannico, con tutti i riti e i miti inglesi, dai quali l’ India sta riuscendo solo oggi a liberarsi. Quindi, effettivamente, prima della IIa Guerra Mondiale, non esisteva questa Europa funzionalistica e omologata, che tutti ormai rifiutano, bensì l’ Europa come “casa comune del cuore”, come l’aveva definita Stefan Zweig.
E’ soprattutto significativo che numerosi autori, come Rebattet, Evans Pritchard, Kaufer, Aldrich, Paul e Meyssan, abbiano ormai fornito, sulla base di testimonianze di prima mano e di documenti recentemente desecretati (“dead archinves”), amplissime informazioni sulle interferenze americane sul corso dell’integrazione europea, e, soprattutto sullo sviluppo postbellico del movimento europeo. Se la CIA considera ora inaccettabili le pretese interferenze della Russia nell’elezione di Trump, che cosa dovremmo dire noi Europei circa la vera e propria invenzione, da parte della CIA, di in movimento fittizio d’integrazione europea, privo di una sua identità,per “tagliare la strada” a quello vero? Il quale, ben inteso, esisteva già da tempo in modo indipendente e sotto varie forme (Coudenhove Kalergi, Spinelli), ma, dopo la guerra, venne facilmente manipolato dai servizi segreti e dai finanziamenti USA, fino all’ elaborazione del Piano Schuman e alla nascita della CECA.
Stupisce che nessuna delle svariate correnti del “revisionismo mainstream” (come per esempio Nolte, De Felice, Pavone, Romano, Finkelstein, Sand, Toaff , Pansa, Mieli) si sia dedicato a questa fase della storia europea, mentre sono state “decostruite”, per esempio, le teorie dominanti sulla monogenesi, sul patriarcato e il matriarcato, sulla teoria ariana, sulla razza ebraica, sulle persecuzioni anticristiane, sulle “scoperte” occidentali, sulla Resistenza, ecc..
Secondo Aldrich, i Servizi segreti americani in realtà avevano allora risposto alle separate, e concorrenti, richieste di aiuto, di Churchill (appena sconfitto alle elezioni e capo dell’opposizione di Sua Maestà) ,e di Coudenhove Calergi, residente negli USA, che avevano inaugurato la disdicevole gara fra Europei per attirare fondi occulti americani e russi, gara che ancora non è finita. Grazie a Coudenhove Kalergi, il Council for Foreign Relations aveva sottoposto al Dipartimento di Stato americano la raccomandazione di creare una cittadinanza comune anglo-americana, mentre l’“Europa” sarebbe rimasta una constellazione di Stati invitati a lavorare insieme, sotto la guida di un’autorità sovrannazionale, corrispondente all’ Impero Anglofono di cui avevano scritto Kipling, Friske e Wilkie. Per parte sua, il Governo inglese aveva creato l’ Independent League for European Cooperation (ILEC). Allen W. Dulles, il nuovo presidente della CIA, finanziava la neonata European Union of Federalists (EUF) destinata a mobilitare l’ opinione pubblica europea, e Churchill fondava il Provisional United Europe Committee. Nel Marzo 1946, J.W Fulbright aveva fatto adottare, dal Senato e dalla Camera, delle mozioni a favore degli ‘United States of Europe’, prima che chiunque in Europa ne avesse perfino sentito parlare.
Il 5 giugno 1947 ,il Segretario di Stato americano, generale Marshall, offriva un «aiuto economico senza precedenti» all’intera Europa. Il continuo riferimento, che viene fatto da tutti, ad ogni evenienza, al “Piano Marshall” come a un modello da seguire ancor oggi, dimostra, quando ve ne fosse ancora bisogno, la persistente dipendenza politica e culturale dell’ attuale classe dirigente da uno schema economico e politico arcaico (di 70 anni fa), risalente ad un momento infausto di dipendenza dell’ Europa. Il 15 luglio 1947, sedici paesi dell’Europa occidentale accettavano l’aiuto americano.
Nel frattempo, il 15 Agosto, l’India diventava indipendente dall’ Inghilterra, mentre, contemporaneamente, l’Europa diventava un protettorato americano. Anche l’ India aveva cominciato, una settantina di anni prima, con un “Congresso Nazionale Indiano” fondato dagli Inglesi, tuttavia, sarebbe passata presto attraverso le fasi della rivendicazione della “Purna Swaraj” (indipendenza piena), e, poi, dell’insurrezione militare (Indian National Army).
Per ripartirsi i 12 miliardi di dollari di aiuti del Piano Marshall, era stato creato, su richiesta americana, un comitato che vide la luce il 16 aprile 1948 con il nome di Organizzazione Europea di Cooperazione Economica (OECE, diventata OCSE a partire dal 1960),primo organismo europeo.Nel 1948, Churchill presiedeva la Conferenza dell’ Aia, che sanciva l’unione fra varie organizzazioni europeistiche, come la Pan-European Union, l’ ILEC, l’ Union des Federalistes nello “European Movement”, sotto la presidenza di suo nipote Sandys, e la fondazione del Consiglio d’Europa. Per decisione americana, Coudenhove Calergi, come poi anche Alexandre Marc e Altiero Spinelli, che rappresentavano movimenti culturali e politici genuinamente europei, che volevano un’Europa “politica”, vengono messi da parte. La vittoria di Churchill equivale alla vittoria del “metodo funzionalistico”, che, allora, era chiamato “unionistico”, perché, come nelle “unioni personali” monarchiche (caso tipico Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord), mirava a mantenere in piedi le sovranità nazionali degli Stati membri. Non per nulla, anche la “Dichiarazione Schuman”,e, poi, le Comunità Europee, saranno ispirate proprio a quel “Metodo Funzionalistico”, che, secondo lo stesso Spinelli, avrebbe portato inevitabilmente, come poi fu, al rafforzarsi, non già dell’ Europa, bensì degli Stati membri e dell’ America. E’ grottescamente contraddittorio che oggi tutti i politici alzino alti lai contro l’ Europa tecnocratica, che fu invece deliberatamente scelta allora con la complicità di tutte le forze politiche, e che mirava proprio a questa “spoliticizzazione” del nostro Continente.
Nel Settembre 1948, poco prima della NATO e al Patto di Varsavia, viene creato l’ American Committee for a United Europe (ACUE), diretto dal capo della CIA, Donovan. L’ ACUE e la CIA mettono in piedi dei circuiti finanziari complessi, grazie a cui viene pagato annualmente l’equivalente di I5 milioni di Euro al Movimento Europeo e all’Unione dei Federalisti, nel più totale segreto, per richiesta esplicita di Jean Monnet e di altri leaders europei (tant’è è vero che, degli autori citati, non parla assolutamente nessuno neppure ora). Il 4 Aprile 1949, USA, UK , Canada e Francia firmano la North Atlantic Alliance (NATO).Ormai, il mondo è diviso fra le due potenze nucleari , facendo svanire le pretese inglesi di parità con gli Stati Uniti. L’ACUE assume perciò il controllo diretto dello European Movement, cessando temporaneamente di finanziarlo e provocando la sostituzione di Sandys con Spaak. L’ 8 Maggio 1950, Robert Schuman pronunzia la famosa Dichiarazione, elaborata in realtà da Monnet e il Segretario di Stato Acheson.
Nel Settembre 1952 ,il Principe Bernardo d’Olanda (reduce dalla sua militanza nelle SS), Paul van Zeeland, Alcide Gasperi, Guy Mollet e Antoine Pinay preparano il progetto del Consiglio Europeo di Difesa, poi sottoposto da Bernardo d’Olanda al Generale Walter Bedell Smith, nuovo direttore della CIA e a and Charles D. Jackson, consigliere speciale del Presidente. L’incontro fra un comitato americano con David Rockfeller, Dean Rusk e altri, e quello europeo, ha luogo dal 29 al 31 Maggio all’ Hotel Bilderberg. Come noto, questo progetto fu poi bocciato dal parlamento francese,ma il “Club Bilderberg” esiste ancor oggi.
Successivamente, questo controllo americano si manifestò essenzialmente con la manipolazione dei vertici degli Stati Membri (“recupero” di Spinelli come fiancheggiatore del “funzionalismo”, come Commissario e come Europarlamentare; “Kanzlerakte”; boicottaggio dell’”Europe Européenne” di De Gaulle; Prism), e con l’egemonia militare, culturale ed economica (ex Yugoslavia, Internet).
Se gli Stati Uniti, con il Piano Marshall e con l’ACUE, avevano così sostenuto, seppur da dietro le quinte, l’integrazione europea fino al 1989, invece, dopo la Caduta del Muro di Berlino, essi l’hanno poi di fatto fortemente osteggiata, per impedire , come diceva, nel 1986, il Rapporto Wolfowitz, che si creasse un blocco in grado si “sfidare” gli Stati Uniti , e/o, come si esprimeva Huntington, per controbilanciare la forza delle potenze asiatiche. Il pericolo numero uno era considerato quello che, con il ravvicinarsi fra l’Unione Europea e l’Unione Eurasiatica promosso da Gorbaciov e da Giovanni Paolo II, si creasse un blocco “europeo” più forte degli Stati Uniti, perché respirante “con i suoi due polmoni”.
Nelle fasi più recenti, le interferenze americane nella vita politica europea sono divenute, se possibile, ancor più evidenti, per ultimo con gl’interventi di Obama contro Brexit e a favore del referendum di Renzi e l’invito a Kerry a partecipare alle riunioni di Istituzioni europee.
Qualunque sarà la politica di Trump verso l’ Europa, essa non potrebbe essere più invadente di quelle dei presidenti precedenti. Semmai, corriamo il rischio di un protagonismo congiunto delle due superpotenze, chemetta in ombra piùche mai l’identità europea.
2.La Politica Estera e di Difesa: unica innovazione possibile oggi.
Su una cosa c’è una sostanziale convergenza fra tutti: che la strada maestra per perseguire finalmente una vera unificazione dell’ Europa sia costituita dall’ attuare, dopo millenni di inutili parole, una politica estera e di difesa comune. Già nel Medioevo, Dubois, Podebrad, Pio II e Sully avevano infatti accoppiato l’idea dell’ integrazione europea a quella della difesa comune (allora concepita come Crociata), ed era alla Politica Estera e di Difesa che il Trattato di Maastricht affidava l’implementazione dell’ Identità Europea definita nella Dichiarazione di Kopenhagen del 1973. Ancor oggi, la sua definizione vaga fa sì che addirittura si confonda la politica estera e di difesa con l’identità culturale dell’ Europa, con i suoi rapporti geopolitici in generali, e così via.
Purtroppo, i più, dando superficialmente per scontato che l’Europa (e, in particolare, la sua identità) sia qualcosa di ben definito ed immodificabile, dimenticano di considerare l’essenziale, e, cioè che, qualora si volesse veramente creare anche un minimo di politica estera e di difesa comune, occorrerebbe prima definirne le basi teoriche, gli strumenti e soprattutto la “catena di comando”, la quale ultima, in un mondo multipolare quale quello che si sta formando, dovrebbe essere altrettanto efficiente ed autorevole quanto quella degli altri Stati subcontinentali, e, quindi, come minimo, unipersonale: Trump, Putin, Xi Jinping, Modi. Chi, infatti, se non un Presidente Unico, potrebbe detenere la famosa “valigetta”? Al contrario, tutte le riflessioni strategiche americane (e anche della UE) sulla politica di difesa hanno sempre dato per scontato che la “valigetta” ce l’abbia solo il Presidente americano. Ed è precisamente per questa strada che la Politica Estera e di Difesa dell’ Europa costringerà gli Europei a cercarsi una leadership veramente forte e condivisa.
E’ anche evidente che non basterebbe neppure , per una vera politica estera e di difesa comune dell’ Europa, che Trump continuasse, come pare voler fare e come auspichiamo, a disinteressarsi di noi. Infatti l’egemonia, culturale, politica, economica e militare, è detenuta in Europa da un ”establishment” europeo formatosi sul modello americano (e magari in università americane, o in istituzioni o programmi creati dall’ ACUE negli Anni 50, come la Fondazione Fulbright, il Salzburg Seminar ola John Hopkins University), e che, quindi, non se la sente in alcun modo di fare alcunché che contrasti l’”élite” al potere di volta in volta in America. Basti pensare alla rapidità con cui tutti si stanno allineando alla nuova politica di Trump. Questi membri dell’ “establishment” europeo corrispondono a quei “gatekeepers” dell’Impero mondiale che oggi in India vengono chiamati i “sepoys”, con uno sprezzante riferimento ai mercenari indiani al servizio della Compagnia delle Indie (e massacrate dall’Esercito di Sua Maestà). E che sono ancora sulla breccia perfino dopo 50 anni d’indipendenza dell’ India. E, fra questi “gatekeepers” europei, va annoverata anche la maggior parte dei cosiddetti “populisti”, i quali, infatti, vengono spesso lodati per la loro capacità di “tenere in caldo” i “veri” voti di protesta, che, grazie a loro, non si sono ancora manifestati.
- Mentre l’Europa resta pietrificata, tutti si muovono
Per governare l’ Europa, non basterà neppure affidarci ciecamente all’ auspicata politica di amicizia russo-americana.
Intanto, Trump, se oggi ci sta ignorando e non cercherà più, come Bush e Obama, di coinvolgerci nelle sue crociate ideologiche, non sembra volerci “fare nessuno sconto”. Ma anche il Putin di oggi, contrariamente a Gorbaciov, a El’cin e alla stessa prima fase del suo governo, e contrariamente alle stesse apparenze, deve inseguire piuttosto un’opinione pubblica russa, che, dopo 30 anni di soprusi occidentali, è rivolta con assoluta priorità a recuperare un ruolo determinante della Russia in un mondo multipolare, e meno interessata ad una funzione di aggregatrice europea (quella, per intenderci, dei discorsi di Putin alla 43° conferenza sulla sicurezza svoltasi a Monaco di Baviera e al Bundestag di Berlino:”Sono convinto anche che, a lungo termine, l’ Europa potrà rafforzare la sua immagine di centro potente ed indipendente della politica mondiale solo se si unirà le proprie forze con le risorse umane, territoriali e naturali e con i potenziali economici, culturali e di difesa della Russia”)
Anche l’elezione di Trump testimonia la presa d’atto che i Paesi che contano sono più che mai, l’ America, la Russia e la Cina, e che, nella reciproca dialettica fra queste, un’ Europa inerte sarà un vaso di coccio, sicché anche a questa nuova stagione, si potrebbero applicare più che mai agli Europei i versi del Manzoni: ”Tornate alle vostre superbe ruine,/ all’opere imbelli dell’ arse officine, ai solchi, bagnati di servo sudor!”.
La battaglia per la Politica Estera e di Difesa sarà quindi, inevitabilmente un “Kulturkampf” per la creazione di una nuova cultura e di una nuova classe dirigente europea, alternative a quelle americane e filoamericane, e capace, non solo di essere influenzate da quelle russe, bensì anche d’influenzarle. Il trauma dell’ elezione di Trump, un uomo culturalmente lontano dall’attuale establishment europeo, costituisce già un elemento di forza per gli elementi genuinamente europeistici anche sotto questo punto di vista, in quanto frantuma ulteriormente l’unità dell’ establishment tecnocratico al potere in Occidente, permettendo finalmente di sostituirlo.
Oggi, dopo 100 anni di propaganda “occidentale”, c’è innanzitutto l’esigenza di una consapevolezza, da parte di tutti gli Europei,occidentali e orientali, che, in tutti i settori della cultura, dall’epica alle Migrazioni di Popoli al mito greco alle origini indoeuropee, dal Romanticismo all’ Illuminismo, dal Post-umanesimo al Decadentismo, l’Europa Centro-Orientale non è mai stata meno europea, per esempio, della Mitteleuropa, dell’Inghilterra, della Francia, dell’Italia o della Grecia. Occorrerà riscoprire Gimbutas e Modzelewski, Jordanes e il Canto della Schiera di Igor, il Kalevala e la Commissione Legislativa, Dostojevskij e Tol’stoi, Fiodorov e Tsiolkovskij, Berdiajev e Voloshin, Sol’zhenitsin e Sokurov.
- La vera e la falsa riforma dell’ Europa
In questa situazione, tutti stanno dicendo che “occorre riformare completamente l’ Europa”, ma nessuno è capace di dire come, visto che non viene messa in campo nessuna nuova idea, e quelle vecchie (“pace perpetua”, razionalismo, funzionalismo, americanismo) sono ancora sempre quelle dei Donovan, Dulles, Marshall, Churchill, Monnet e Schuman, che ci hanno portati fino a questo punto (irrilevanza internazionale dell’ Europa, distruzione della nostra cultura, crisi economica e demografica senza precedenti, nuova divisione fra Est e Ovest).
Abbiamo sempre detto che, a nostro avviso, s’impone il riorientamento (“Perestrojka”), complessivo del movimento per il completamento dell’Europa, a cui ci riferivamo già, in occasione delle elezioni europee del 2014, con il volume “100 tesi sull’ Europa”. In sintesi, questo “riorientamento” deve tradursi, a nostro avviso, sulle tracce delle opere pubblicate da Alpina e dai documenti di Diàlexis , in UNA PARTITA IN DODICI MOSSE:
1.Hic et nunc: Un’approfondita riflessione storico-filosofica, almeno da parte di ristrette “élites” intellettuali non conformistiche, sui seguenti temi: era delle macchine intelligenti (cfr.”Habeas Corpus Digitale”) ; fine delle ideologie; globalizzazione e identità; storia dell’ Identità Europea (cfr. “10.000 anni d’Identità Europea”); Europa, Asia ed America, (cfr. “Il Ruolo dell’ Europa nel Mondo”);
2.Subito: L’ apertura di un dibattito all’ interno della classe dirigente, su argomenti più specifici, come: politica estera e di difesa (vedi nostra Lettera Aperta all’ Alto Commissario); rapporti con l’ Europa Centrale e Orientale; mondo europeo dell’informatica (cfr. “Restarting EU Economy”); la critica delle attuali ideologie economiche;
3.Nell’immediato: La creazione di un network culturale e politico, capace di trasferire gli esiti di quei dibattiti nelle diverse materie, ambienti ed ambiti geografici (prossima trasformazione in tal senso del sito http://www.alpinasrl.com);
4.Nel breve: L’ elaborazione d’ una strategia globale, insieme con le punte avanzate delle organizzazioni sociali dell’ Europa, per costituire una vera lobby dell’ Europa- nel mondo finanziario, nelle Chiese, nella cultura, nella politica, nel mondo della Difesa, nelle professioni, fra i lavoratori, fra i giovani-;
5.A medio-breve: La nascita di un Nuovo Movimento culturale e politico, al di fuori e al di sopra degli attuali Gruppi Politici al Parlamento Europeo;
6.A medio: Una nuova egemonia nel movimento europeo, che, da cantore dell’Europa funzionalistica, deve tornare ad essere uno strumento di coordinamento della lotta europeistica a tutti i livelli;
7.Entro questo decennio: La creazione di vere Istituzioni della cultura europea, al di fuori e al di sopra di quelle antiquate create a suo tempo sotto l’influenza dell’ ACUE;
8.Nel prossimo decennio: La creazione di un Nuovo Movimento Europeo, comprendente l’insieme dei partiti, dei sindacati e delle altre organizzazioni favorevoli all’ unificazione europea, anche e soprattutto al di fuori dell’ “establishment”;
9.Entro una decina d’anni: L’ assunzione del controllo delle istituzioni esistenti, attraverso la presenza ovunque di rappresentanti di questo Nuovo Movimento Europeo;
10.Entro i prossimi vent’anni: L’autentica trasformazione della struttura culturale, politica, militare, sociale, giuridica ed economica dell’ Europa,fuori del condizionamento americano, per esempio con l’integrazione fra culture dell’ Est e dell’ Ovest, l’associazione con l’Unione Eurasiatica e la Turchia, la creazione dell’ Esercito Europeo, dei Campioni Europei, il Dialogo Sociale Europeo, un Diritto Europeo unificato e di Imprese Europee, e la nomina di un Presidente Europeo, con la stessa autorevolezza che hanno, ciascuno nel suo paese, Trump, di Putin,di XiJinping e Modi (la “Euròpe pròtistos”);
11.A medio-lungo: L’ interazione con le altre parti del mondo per la ristrutturazione del sistema internazionale sulla base del multiculturalismo e del multipolarismo; (“La fine delle egemonie”);
12.Sul piano strategico: La messa sotto controllo delle Macchine Intelligenti, attraverso un’Organizzazione Internazionale per il Controllo delle Nuove Tecnologie (Corpus Juris Technologici).
In considerazione dei problemi riscontrati con l’approccio fino ad ora seguito, proseguiremo la nostra battaglia il prossimo anno con strumenti nuovi, di cui Vi informeremo non appena possibile.