Quale Europa: Regioni, Nazioni e Popoli per un Futuro comune
Daniele Leonardo – Si è svolto, Lunedì 29 Maggio, presso il Centro Studi S.Carlo (Via Monte di Pietà, 1) il Convegno dal titolo “ Quale Europa: Regioni, Nazioni e Popoli per un Futuro comune” realizzato da Rinascimento Europeo. L’ambizione del Centro di studi e di iniziativa politica è quella di superare le divisioni dei partiti, nella convinzione che in un contesto di liquefazione dei tradizionali riferimenti di “destra” e di “sinistra”, sia necessario aggregare forze intorno a valori condivisi piuttosto che intorno a sigle politiche ormai prive di significato.
L’attuale situazione di freddezza “diffusa” rispetto ai temi della politica ha portato l’opinione pubblica ad essere distante oltre a non riuscire a dare un contributo concreto alla causa anche (e forse) per il fatto che spesso i grandi temi vengono decisi in ambiti non democraticamente eletti.
Ci si domanda quindi se l’Europa, la grande malata, abbia ancora l’attitudine a suscitare interesse, passione e a rafforzare quel senso di unità, nonostante le tante diversità in gioco. Sembra, da una parte, che la fascinazione iniziale sia sciamata cammin facendo e, dall’altra, siano invece cresciute quelle forze antagoniste al progetto europeo, i cd. euroscettici.
L’ultimo G7 di Taormina, ha evidenziato una rimarcata lontananza tra Europa e USA: in particolare, la strategia imperialistica di Trump pone l’Europa di fronte ad una serie cruciale di interrogativi sul suo futuro e la conseguente re-definizione degli spazi oltre al destino che intende riservare ai suoi popoli. Emblematica è la frase pronunciata dalla Cancelliera tedesca, Angela Merkel in cui dice “I tempi in cui potevamo fidarci completamente l’uno dell’altro sono passati. Noi europei dobbiamo veramente prendere il nostro destino nelle nostre mani». Un giro di boa che alluderebbe, secondo alcuni, alla creazione di una nuova identità europea, ponendosi allo stesso tempo in una posizione diversificata rispetto a quella degli Stati Uniti: un’Europa alleata ma non subalterna.
Il Professor. Monateri evidenzia nel suo intervento come, allo stato dell’arte, sia in corso uno scontro per il governo dei territori. Partendo da un’immagine visiva del globo terreste, si notano differenze concettuali enormi: la carta geografica americana pone le due Americhe al centro e impone un’argine di controllo sul Pacifico e Atlantico; la mappa cinese è invece l’antitesi delle mappe perché la Cina non viene raffigurata nel mezzo, dove invece c’è il vuoto: l’Oceano Pacifico. La diversa interpretazione del globo si rifà anche ad una diversa concezione del diritto e più in generale della corporate governance. Il nightmare inglese è quello di vedere una totalità di sistemi di civil law e solo la Gran Bretagna ancorata al sistema di common Law. L’idea stessa della Brexit conteneva implicitamente un’intenzione nel volersi emancipare dalla Corte Europea di Giustizia anche se dal punto di vista giuridico ciò non potrà accadere.
L’On. Rossomando sottolinea come la sinistra liberal democratiche non sia stata in grado di dare risposte esaustive ma si sia limitata, al contrario, a fornire solo aggiustamenti o correttivi ai tanti problemi. Risulta pertanto necessaria (se non indispensabile) una cultura riformista che sia capace di realizzare riforme radicali che diano risposte soddisfacenti ai tanti problemi in cui oggi versa l’Europa. Il G7 ha rappresentato un’evoluzione: una presa di coscienza di un’Europa incompleta e inadeguata a risolvere i problemi che la globalizzazione impone: dalla competizione sul costo del lavoro che comporta una dislocazione delle aziende verso l’estero, all’emergenza terrorismo oppure la ripartizione del carico dei migranti. Le soluzioni prospettate potrebbero essere quindi un sistema di difesa comune, una capacità fiscale europea con la conseguente revisione del fiscal compact insieme con l’applicazione di politiche per sviluppo ed investimento europei ( una sorta di new deal). Alcuni dei problemi che ha creato la globalizzazione sono quindi da risolvere in accordo tra gli Stati e attraverso una comunanza di interessi di tutte le forze politiche in gioco. Lo stesso Giovanni Ferraris, Giunta regionale del Piemonte, evidenzia come ci voglia un forte coraggio politico per attuare una politica basata sulle macro-regioni così come per immaginare uno Stato d’Europa con politiche comuni in particolare in ambito economico e di difesa da realizzarsi attraverso un dialogo decisamente più costruttivo che dovrebbe portare ad una politica di continente.
Secondo Riccardo Molinari, segretario Nazionale della Lega Nord in Piemonte, lo scopo dell’Europa era quello di creare un rapporto di concorrenza leale tra gli Stati in un’ottica di tutela contro l’esterno. Ma dal Trattato di Maastricht in avanti (quando si creò un’unità monetaria senza però un’unità politica), l’Europa si è spogliata della prerogativa di poter battere moneta e così facendo si è tolto allo Stato nazionale la possibilità di tutelare il risparmio. Essere euroscettici significa dare una risposta al grido di dolere che viene dal tessuto economico del Paese: riforme sbagliate su vari fronti come quello delle pensioni, del lavoro o della sanità. Tali riforme strutturali hanno bruciato sulla pelle dei cittadini in aggiunta ad un aumento esponenziale del debito pubblico. Il Presidente Trump ha reagito alla globalizzazione tutelando le imprese in America (secondo il motto “America First”) mentre in Europa, i Governanti non sono stati in grado di tutelarle i molteplici interessi delle piccole e medie imprese e, quando ci siamo vincolati alla moneta unica, abbiamo buttato via il vantaggio economico basato sulla rete di imprese italiane, eccellenza rispetto alla Germania o Francia. La risposta sembra quindi un’inversione decisa di rotta prendendo coscienza che lo stato attuale delle politiche europee non tutela in modo adeguato le esigenze dei suoi popoli e se si continua su questa rotta, si andrà inevitabilmente verso un baratro e alla disgregazione del progetto europeo.
Secondo Alessandro Cherio, rappresentante di Energie per l’Italia in Piemonte, la colpa non è tutta da addossare all’Europa perché, attraverso il processo legislativo europeo, è il Parlamento che approva le leggi e quindi risulta necessaria una ratifica obbligatoria da parte degli Stati Membri. Cinque sono gli scenari ipotetici dell’Europa del domani:
1) la prima via è quella ribattezzata “Avanti così” e prevede di seguire la direzione già tracciata dalla Commissione nel 2014 e dalla dichiarazione di Bratislava del 2016;
2) Il secondo scenario è invece quello del “Solo mercato unico”, che prevede una rifocalizzazione su questo singolo aspetto;
3) La terza opzione, denominata “Chi vuole di più fa di più”, è quella dell’Europa a più velocità;
4) Quarta possibilità, quella di “Fare meno in modo più efficiente”, intervenendo in modo minore nei settori per i quali non se ne percepisce un valore aggiunto. A riguardo, il Presidente Juncker ha indicato come esempi di settori ritenuti rilevanti la sicurezza e la tutela dei consumatori, ipotizzando la creazione di una agenzia europea per la lotta al terrorismo;
5) Quinto e ultimo scenario, quello del “Fare molto di più insieme”, in cui gli Stati membri decidono di condividere in maggiore misura poteri, risorse e processi decisionali in tutti gli ambiti.
Conclude il convegno il Sen. Lucio Malan, Forza Italia, rimarcando come l’Europa non sia riuscita a far sorgere sentimenti pro-europa nei suoi consociati a differenza degli americani dove il sentimento patriottico è, invece, molto forte sia per quanto concerne i fatti (e le rievocazioni storiche) sia per quanto concerne i contenuti. Nelle carte europee (Nizza in primis), tali sentimenti sembrano alquanto annacquati e a titolo esemplificativo basti pensare all’inno europeo che non contiene parole ma solo musica, dietro la scusa delle 27 lingue parlate e una mancanza di unità di intenti sul punto.