IL PUNTO n. 642
Riceviamo in Redazione e riportiamo “Il Punto” n. 642 di Marco Zacchera del 14 settembre 2017
PERICOLO FASCISTA ?!
Non mi ero accorto che tra i mille problemi del nostro paese ci fosse soprattutto l’incombente pericolo neofascista e che ci fosse quindi questa necessità impellente di dover sanzionare penalmente e con la detenzione i gesti di qualche imbecille che va in giro a fare il saluto romano od ostenta un ciondolino del Duce.
Posso capire che il relatore della legge (l’on.le Emanuele Fiano, PD ed esponente della comunità ebraica milanese), abbia sofferto a livello famigliare per le persecuzioni razziali, ma allora perché non mettere sullo stesso piano tutte le diverse ideologie razziste e totalitarie del ‘900 che pur si sono accanite negli anni contro gli ebrei: forse che anche il comunismo non ne ha sterminato milioni?
Perché, soprattutto, Fiano non pensa oggi a semmai sanzionare chi inneggia all’estremismo islamico, questo sì un pericolo attuale e grave per tutti ?
E’ comunque assurdo voler condannare penalmente l’esposizione di un busto del Duce e non uno del compagno Giuseppe Stalin che ha ucciso e deportato decine di milioni di persone o vietare perfino “manifestazioni fisiche” che richiamino il fascismo, tipo la mano tesa o le pose mussoliniane.
Non è logico voler criminalizzare un gesto, uno slogan, una canzone, un gadget ma soprattutto un’ opinione – giusta o sbagliata che sia – che sta nella libertà e nella responsabilità di chi la esprime, anche perché così si rischia di trasformare in vittime e perseguitati i violenti – di qualsiasi colore – che invece non meritano attenuanti proprio perchè tali.
L’art. 21 della Costituzione è chiaro: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” : se valeva nel 1947, a solo due anni dalla caduta del fascismo, credo valga ancor di più oggi che ne sono passati altri 70.
Credo quindi che questa sia soltanto una legge cretina, demagogica e assolutamente inutile ma che fa tanto di “chiamata alle armi” per una sinistra divisa e derisa, soprattutto perché l’antifascismo dovrebbe essere una cosa seria e non una pagliacciata, come invece così si sta dimostrando.
IN ARGOMENTO, SABATO 16 SETTEMBRE ALLE ORE 11.30 IN LARGO COBIANCHI AD OMEGNA, MANIFESTAZIONE DI FRATELLI D’ITALIA-AN
Ps: ho in cantina una bottiglia di vino “Me ne frego” regalatami tempo fa da un amico di passaggio a Predappio. Che faccio: me la bevo alla faccia di Fiano o la porto in commissariato come (sua) “prova di reato” ? Aspetto consigli…
APPROFONDIMENTO : A PROPOSITO DI JUS SOLI
Si parla di un rinvio a tempi migliori del dibattito al Senato sullo “jus soli” ma al di là degli aspetti parlamentari è utile una riflessione serena sul concetto di “cittadinanza” perché prima di tutto è necessario chiederci cosa sia oggi per noi il concetto di “nazionalità”
Il punto di partenza è che una volta la “nazionalità” significava essenzialmente l’appartenenza stretta ad una specifica comunità. In spazi più piccoli, società chiuse e dialetti considerati come lingue, si configuravano nazionalità più piccole, poi – dalla metà dell’ 800 e almeno in Europa – è nato il concetto di nazionalità inteso come appartenenza ad uno stato nazionale non solo per Francia o Gran Bretagna che esistevano da secoli ma anche per alcune nuove nazioni riunite, come Germania ed Italia.
Questa nazionalità significava appartenenza non sempre ad una lingua comune (solo il 30% degli italiani nel 1861 sapeva leggere e scrivere e – a parte il toscano adottato a lingua nazionale – pochi di più parlavano effettivamente italiano) ma piuttosto ad una realtà geografica e poi, progressivamente, ad essere soggetti ad un unico stato sovrano, a leggi comuni, a cicli di scuola unitari ecc.
Chi partiva emigrante si identificava però attraverso un documento rilasciato dallo Stato – il passaporto – che ne certificava l’appartenenza nazionale.
Nel tempo chi era emigrato perdeva progressivamente le proprie peculiarità di partenza per assumere quella del paese di nuova residenza e questo soprattutto nel correre delle generazioni.
In alcuni paesi (come in Australia) per accedere a lavori pubblici occorreva la cittadinanza locale per cui si perdeva quella di partenza, ma ferme restavano le caratteristiche di comunità italiana “di sangue”, anche se non più legalmente.
Al contrario, quando altri parti del mondo sono andate economicamente in crisi (come in Sudamerica) ecco il correre a ritrovare anche recentemente una nazionalità fittizia ma di origine, utile solo per recuperare un passaporto “europeo” anche tra persone che di italiano non avevano più nulla, lontanissimi parenti di bisnonni emigrati.
La pratica insegna oggi che è difficile avere una legge sulla cittadinanza buona per tutti e che sarebbe necessario – ad esempio – valutare caso per caso imponendo un esame della singola storia personale di chi chieda quella italiana.
Oggi per una badante ucraina o una signorina brasiliana, cubana o bielorussa – solo perché magari di bella presenza – basta sposare un italiano ottantenne per avere il diritto alla cittadinanza (salvo poi sveltamente abbandonare il marito) mentre è assurdo che persone integrate debbano attendere dieci anni per fare una domanda e poi aspettarne altri 2 o 3 perché la burocrazia faccia il suo corso.
Per assumere la cittadinanza non conta insomma dove nasci ma chi sei, come ti consideri, se ha delle radici comuni, se sei minimamente interessato a capire cosa significhi essere italiano ed europeo, consapevole dei diritti e dei doveri che comporta un giuramento. Questo è il punto di partenza per qualsiasi nuova legge.
22 OTTOBRE: AUTONOMIA
Il prossimo 22 ottobre i cittadini della Lombardia e del Veneto voteranno un referendum sull’autonomia delle loro regioni disposte dai rispettivi consigli regionali.
Mi auguro un afflusso positivo e massiccio di elettori, anche se non mi illudo che il governo centrale capisca la profonda irritazione delle zone più progredite del paese contro le staticità romane e che chiedono di poter procedere più speditamente e liberamente nel loro sviluppo.
MA PERCHE’ LOMBARDIA E VENETO VOTANO E IL PIEMONTE NO?
Non è ora che anche i cittadini piemontesi possano esprimersi su queste problematiche ? Il problema è che alla corte sabauda il potere è tutto nelle mani del PD e dei Magistrati che hanno defenestrato l’amministrazione precedente.
Credo che il centro-destra piemontese abbia il diritto ed il dovere di promuovere un analogo referendum, anche per sottolineare la assoluta necessità di un maggiore decentramento.
RIFLESSIONE PROVOCATORIA
In questi giorni in giro per Milano – come ovunque – noto diverse (presunte) donne musulmane in burka integrale o in niquab nero, quelli che lasciano scoperti solo gli occhi. Fanno magari acquisti e foto coi telefonini e hanno tutta l’aria di persone ricche intente allo shopping. Ma CHI sono, come identificarle, come perquisirle?
In tempi di emergenza terrorismo non sarebbe più logico imporre che sia obbligatorio PER TUTTI E PER TUTTE mostrare almeno il volto e le proprie fattezze? Lo imporrebbe la legge italiana (vedi il cosiddetto “decreto Reale” in tema di riconoscimento nei luoghi pubblici) e perché allora la legge non viene applicata per la tranquillità di tutti?
D’altronde se un’ italiana va a Riad DEVE coprirsi, ma allora perché in tutta Europa non si attua un minimo di reciproco rispetto e reciprocità?