Piemonte banco di prova dell’alleanza M5s-Lega
Riportiamo l’articolo, a firma di Stefano Rizzi, pubblicato su “Lo Spiffero” il 24 maggio 2018
Sta nascendo il Governo gialloverde e più di un necrologio annuncia la fine della coalizione di centrodestra, così come si è presentata agli elettori e così come governa molte Regioni. I caratteri di stampa più grandi li usa Giorgia Meloni per dire che “il centrodestra non c’è più, Salvini ha tradito consegnandosi a Di Maio”, ma non è certo da meno Renato Brunetta per il quale il leader della Lega “ha voluto da subito abbandonare l’alleanza di centrodestra e ha tradito gli elettori. Berlusconi si è già pentito di avergli dato via libera”. Parole, quelle di Brunetta, che hanno fatto scattare la reazione delle due capogruppo azzurre Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini, affrettatesi a spiegare che l’ex ministro parlava a titolo personale. Le amazzoni azzurre hanno preso l’estintore non certo per difendere Matteo, ma per evitare ciò che Berlusconi teme: offrire al Capitano il destro per imputare a Forza Italia lo strappo definitivo. Che, comunque, tra i berluscones è dato ormai per inevitabile, se non per molti già nei fatti avvenuto.
Sarà plasticamente evidenziato, in Parlamento, con il no alla fiducia. Resterà convenientemente nascosto laddove Lega e Forza Italia, insieme a FdI, governano. Ma si aggira come uno spettro per le terre dove a votare si andrà a votare l’anno e, particolare tutt’altro che marginale, in concomitanza con le europee. Immaginare la Lega di Salvini che, richiesto ieri di indicare quando incontrerà il Cav ha risposto in maniera evasiva, pronta ad un’apertura agli alleati di Governo e a un’esperienza di gestione di alcune Regioni appare ipotesi per nulla irreale. Guardando il calendario e a un quadro politico nazionale in cui l’esecutivo guidato dall’“avvocato difensore del popolo” Giuseppe Conte non solo regga, ma riesca ad arrivare a primavera con qualcosa da vantare di fronte all’elettorato, il Piemonte è proprio nel novero delle Regioni in cui potrebbero tradursi gli effetti dello strappo nel centrodestra e di un rinsaldamento dell’alleanza oggi travestita da contratto.
Un Piemonte carioca è, ad oggi, più di un sogno nascosto o di un incubo scacciato. È pur vero che l’equivalenza tra governo della nazione e quello delle regioni non è conseguenza inevitabile. Altrettanto vero è che risulta difficile aggrapparsi ad esempi lontani nel tempo quando il Pci stava all’opposizione in Parlamento, ma governava negli enti locali con il Psi a sua volta in maggioranza di Governo. Diversi i tempi, così come la geografia parlamentare e le situazioni che allora portavano all’esclusione dal governo del Paese il primo partito della sinistra e oggi hanno condotto a un’alleanza malcelata da un contratto. Che, nelle sue pagine offre quella che è più di una suggestione per non escludere la riproposizione di un Salvimaio regionale.
“I contraenti – ovvero Lega e M5s – competono in modo corretto nelle varie competizioni elettorali sia in quelle europee nel rispetto delle loro appartenenze ai diversi gruppi, sia alle elezioni amministrative regionali”: così si legge nel contratto. Poi due righe che possono dire molto: “Resta inteso che il presente contratto nulla implica rispetto all’azione politica dei contraenti nelle amministrazioni locali già in essere”. Insomma nessuno pensa di far saltare le attuali. Ma su quelle future? La competizione corretta non esclude alleanze, magari post-voto, laddove come in Piemonte è assai difficile immaginare che non possa presentarsi l’anatra zoppa. O magari anche prima, osando semmai lo strappo dovesse essere rumoroso e per nulla rattoppabile anche alla meno peggio.
Insomma, se qualcuno a sinistra e non senza ragione temeva che il dialogo con i Cinquestelle auspicato nella fase di stallo di Di Maio con Salvini da un parte del Pd potesse trovare traduzione concreta il prossimo anno in Piemonte, forse non lontanissimo dai ragionamenti della metà piddina del Chiappendino, potrebbe scoprire quello schema sorpassato dall’applicazione del modello Governo gialloverde. Gli stessi temi oggi divisivi, a partire dalla Tav passando per l’Ilva (che in Piemonte, a Novi Ligure dà lavoro a 900 persone più l’indotto) dovranno trovare un’intesa tra gli alleati di Governo. E trovato l’accordo a Roma, non ci sarebbero neppure più ostacoli a Torino. Proprio sull’Alta Velocità ieri due deputati piemontesi di Forza Italia, Claudia Porchietto e Carlo Giacometto in una nota hanno sostenuto che “l’ipotesi della Cinquestelle Laura Castelli come ministro delle Infrastrutture è da scongiurare” dicendosi certi che “la Lega non lo consentirà perché sarebbe un colpo ferale per l’economia di una regione del nord importante come il Piemonte. Le infrastrutture strategiche come la Tav sono fondamentali per il lavoro, per la democrazia, per il commercio e per la crescita”. Davvero basterà tenere lontano dal ministero delle Infrastrutture la grillina No Tav per impedire che il Governo, su una questione così rilevante, non decida di tenere fede alla linea del suo azionista di maggioranza? Con l’avallo, più o meno convinto, dell’alleato. Oggi al governo del Paese, domani forse di qualche Regione. Magari partendo da quella il cui capoluogo è già nelle mani dei Cinquestelle.