PASSATO IL REFERENDUM: Vogliamo parlare di cose serie?
Riceviamo in Redazione e pubblichiamo la Newsletter N. 28 di Alpina SRL, a cura di Riccardo Lala, del 6 dicembre 2016
L’ esito del referendum costituzionale dimostra che, nonostante la radicale diseducazione subita dai cittadini, questi intuiscono ancora, e con fastidio, di essere in mano a sfacciati imbonitori che hanno l’unico scopo di distrarli dai veri problemi del nostro tempo, mentre i “manovratori” del mondo continuano indisturbati la loro opera che porta all’ irrilevanza dell’ Europa e all’abolizione delle libertà civili e della stessa Umanità. L’imprevista grande affluenza alle urne dimostra l’esistenza di cospicue riserve occulte per una resistenza e una rinascita.
Torniamo dunque a parlare dei problemi veri e urgenti della società contemporanea: la Società delle Macchine Intelligenti, delle Aspettative Decrescenti, del Controllo Totale e dell’1 %
1.Aver paura degli androidi
Mentre l’”establishment italiano era troppo occupato a discutere dell’inutile referendum, lo scienziato giapponese Hiroshi Ishiguro portava “il suo doppio, in un evento organizzato nell’ambito di Romaeuropa Festival, in collaborazione con l’Ambasciata del Giappone”. Ishiguro affermava in quell’occasione:”Non ho mai voluto costruire semplicemente una macchina capace di svolgere il nostro compito, ma qualcosa che ci somigliasse a tal punto da entrare in contatto con noi in maniera empatica. Gli androidi sono degli specchi di noi stessi. Sono la chiave per aiutarci a comprendere meglio la nostra natura”. Hiroshi ripete qui la vecchia teoria secondo cui, nell’ animismo giapponese, sarebbe già insita una valutazione positiva dei robot: “È la tecnologia che rende l’uomo un animale diverso. Senza la tecnologia, gli strumenti che sappiamo creare, saremmo identici alle scimmie. E allora perché rendere questa parte di noi stessi spaventosa?” Questo è il vero tema del futuro, a cui i nostri politici, e più ancora le Chiese, dovrebbero prestare subito la massima attenzione: ”In Giappone la tecnologia è considerata un’alleata. Per secoli i popoli europei si sono fatti la guerra fra loro e il “noi” e “l’altro” sono diventati sempre più importanti. La vostra religione, il cristianesimo, fa un distinguo netto fra l’uomo e tutto il resto. Il mio Paese è stato isolato per anni e ha mantenuto un fondo di animismo. La vita digitale è considerata come una delle tante forme di vita del pianeta. Gli androidi sono una nuova specie che si aggiunge alle altre”. Tutto vero, ma allora occorrerebbe riflettere innanzitutto su questa differenza di identità fra i Giapponesi, noi, i Cinesi, gli Arabi, ecc..,(cfr. Roger Andre Søraa, Konnichiwa Robot,Sayonara, Human,tesi di laurea, Trondheim).
Hiroshi conferma indirettamente le nostre preoccupazioni: “Prima di arrivare ad una intelligenza artificiale che abbia le nostre capacità serviranno decenni”. Sì, ma se, nel frattempo, non si elabora una nuova cultura, ne saremo travolti.Chi se ne sta occupando?Le Chiese cristiane? Le Comunità Ebraiche (ricordiamo il Golem)? Gl’ Imam? L’Università Europea? Il Collegio d’ Europa? Il Parlamento Europeo? L’Alto Commissario Mogherini?
2.L’economia europea scenderà al di sotto di quella dell’ India
Secondo un libro pubblicato nel 2012 dall’ ex Governatore della Banca d’Italia, Fazio, intitolato “Sviluppo e declino demografico in Europa e nel mondo” (Edizioni Marietti Roma, 2012), “siamo di fronte a una crisi antropologica e di senso di matrice nichilista, secondo la definizione del postmodernismo di Jean Baudrillard ed altri. Essa ha gemmato sia la crisi finanziaria-economica, sia la corruzione diffusa, ma anche il crollo demografico che ha colpito i Paesi avanzati dagli anni ’70 del secolo scorso”. La popolazione italiana – al pari di quella giapponese – è la più anziana del mondo. Si capisce allora perché i Giapponesi si diano tanto da fare per “figliare” i propri cloni. Scrive Fazio: “Se non ci saranno aumenti nei prossimi decenni per l’indice di fertilità, nel corso di due generazioni il numero delle donne italiane e quindi degli italiani sarà dimezzato”. In generale per l’Europa, sostiene l’economista. le “popolazioni con tendenze in atto come quelle rilevate e sommariamente descritte nei paesi europei sembrano condannare queste popolazioni nel giro di qualche generazione a una sorta di eutanasia sociale”. Lo studio di Fazio è confermato dall’Economist: “Su 15 paesi europei, in 11 si verifica un verticale declino del tasso di fertilità”.E’ il caso della Germania: un altro studio pubblicato dall’Istituto federale per la ricerca sulla popolazione conferma: “In Germania si è fatto strada l’ideale di una rinuncia volontaria ai figli”. Il trend tedesco è persino peggiore di quello della Spagna, tanto che il settimanale tedesco Spiegel ha titolato un lungo servizio “Una terra senza figli”. Grecia (con un tasso di fertilità pari a 1,46), Portogallo (1,36), Italia (1,38) e Germania (1,36) sono le più deprimenti.
La crisi demografica non è grave solo di per se stessa, ma anche e soprattutto per i suoi “effetti collaterali”: mancanza di impegno per il futuro, necessità di immigrati, con i problemi connessi. Nonostante la propaganda contro l’immigrazione, i nuovi arrivi servono infatti appena a colmare gli spazi lasciati vuoti dai nativi.
Intorno al 150 a.C. lo storico Polibio scriveva: “Nella nostra epoca tutta la Grecia è stata caratterizzata da una riduzione nel tasso di natalità e da una generale diminuzione della popolazione, a causa della quale le città sono diventate deserte e le campagne hanno smesso di dare raccolti”. Una cosa hanno in comune la Grecia di Polibio e l’ Europa di oggi: l’aver perso l’indipendenza.La causa prima di questo nichilismo è proprio il senso di essere dominati, o, più precisamente, in campo economico, ”contingentati” dall’ esterno, come aveva previsto già Trockij al tempo della Ia Guerra Mondiale, e come è stato poi esemplificato dalle sospette morti di Mattei, di Olivetti, dell’ Ing.Zhou e di Herrhausen. Trascinandosi per 70 anni, questo “contingentamento” ha portato alla graduale delocalizzazione, non già verso i Paesi in via di sviluppo, ma verso l’ America e i paradisi fiscali, di finanza, informatica, aerospaziale, industria metalmeccanica, e, verso altri Paesi, di energia, moda, acciaierie, trasporti, …
- Lo “Hate Speech” e la libertà di parola
Nella Newsletter n. 21/2016, avevamo rendicontato del il workshop “Hatespeech”, del 24 Ottobre, presso l’Università di Torino. Pare che, in Germania, questo tema sia oggi molto popolare, dando anche luogo a notevoli controversie. La leader della fondazione tedesca “Amadeu Antonio”, attiva contro lo “Hate Speech”, Anetta Kahane, si sarebbe rivelata essere un’ex agente della STASI, con il nome di battaglia di „Victoria“. Nel consiglio direttivo della Fondazione, c’è anche il capo della polizia politica del Land tedesco-orientale della Turingia, sìcche la Fondazione è stata spregiativamente chiamata „Social Media Stasi“. Questo anche perché la stessa Angela Merkel, già funzionaria del comunista Front der Jugend, era stata essa stessa accusata di aver appartenuto alla famigerata organizzazione, non certo impegnata a favore della libertà di pensiero.
Già l’idea stessa di “reati di opinione” e di “leggi memoriali” era in contraddizione con i principi conclamati dagli Stati democratici. Poi, quella del “politicamente corretto”, ripresa pari pari dal gergo del socialismo reale, vi ha aggiunto un ulteriore sapore totalitario. Se poi si vedono ancora tutte quelle connessioni con gli apparati burocratici-militari, vecchi e nuovi, orientali e occidentali, il quadro diviene ancor più inquietante.,
La difesa della liceità dello “Hate Speech” si giustifica tanto più, in quanto, originariamente, esso era nato addirittura come una forma di critica sociale. Due anni fa, la Casa Editrice Einaudi aveva dedicato, al più noto “hate speaker” della storia della letteratura, l’ebreo austriaco Karl Kraus, un’edizione ragionata, curata dallo scrittore americano Jonathan Franzen. Nella scheda del libro, si legge: “Perché leggere Karl Kraus? Perché farsi coinvolgere dalla sua rabbia? Cos’hanno in comune il nostro mondo e la Vienna d’inizio Novecento? E sono ancora attuali gli allarmi apocalittici che Kraus lanciava dalle colonne della sua rivista, tuonando contro la tecnologia e la macchina infernale dell’informazione?”.
L’obiettivo polemico di Kraus era proprio il “Politicamente Corretto”: “Tra il 1899 e il 1936, attraverso la rivista «Die Fackel», Karl Kraus si era imposto nel mondo culturale germanofono come il Grande Odiatore, censore della banalità e della manipolazione, fustigatore del giornalismo dozzinale. Ammirato da Benjamin e Kafka, oscuro e criptico, Kraus era nondimeno un profeta lungimirante, e in questo libro Franzen mette in evidenza tutta l’attualità del suo pensiero. Il principale obiettivo polemico di Kraus era la macchina infernale dei giornali, «il disonesto abbinamento degli ideali illuministi con l’incessante e ingegnosa ricerca di profitto e potere». In modo simile, nota Franzen, nel consumismo tecnologico di oggi, in internet e nei social media, trionfa una retorica umanistica fatta di «creatività», «libertà», «connessione», «democrazia» che crea dipendenza e asseconda i peggiori istinti delle persone».
In ultima analisi, lo Hate Speech confina con la teoria della rivoluzione. Chi vorrebbe un sistema sociale diverso e alternativo non può non contemplare l’uso della violenza, foss’altro verbale. Già solo in Alceo, Orazio, Dante, Savonarola, Lutero, Alfieri, Nietzsche, Pessoa, Céline,…c’era tanto “Hate Speech”…
Dovremo mettere all’ indice la Divina Commedia, il Misogallo di Alfieri, il Manifesto del Partito Comunista, l’Essai sur l’inégalité des races di Gobineau,Mon coeur mis à nu di Baudelaire, l’Anticristo di Nietzsche, il Discours nsur la violence di Sorel, la corrispondenza fra Freud e Einstein, e,soprattutto,il Vecchio Testamento?
Dove si voglia arrivare ci è mostrato dalla risoluzione del Parlamento Europeo che crea una “task force per contrastare l’attività di informazione dei media di paesi terzi in Europa”. Ma la libertà di stampa non è stata sempre la base delle democrazie occidentali? Il fatto che buona parte degli organi di stampa abbiano collegamenti, anche finanziari, con l’ estero, come per esempio l’International Herald Tribune, l’Economist, il Financial Times, lo Huffington Post, e ,oggi, praticamente tutte le maggiori testate siano collegate internazionalmente, non ha costituito da sempre una delle caratteristiche tipiche della stampa europea? E è vero o no che gli articoli di politica internazionale dei giornali europei sembrano misteriosamente scritti in America? E non si sono venduti da sempre in Europa il New York Herald Tribune, la Pravda, il Ren Min JiBao, e perfino giornali esteri fortemente politicizzati, come al-Mujahid (“il Jihadista”,organo ufficiale della “laica” Algeria), o Russkaja Mysl’, oltre ovviamente alle edizioni internazionali della Komsomolskaja Pravda o di Argumenti i Fakti?
Da’ fastidio solo il fatto che i nuovi media siano tradotti in varie lingue europee?
Non c’è un po’ d’invidia per Rossija Segodnija e Sputnik, che riescono a creare ciò che l’Unione Europea non ha mai fatto, un’opinione pubblica europea? Il bello è che questa sconclusionata mozione ha sollevato in Russia un vespaio di “controsanzioni” (sul modello di quelle -antirusse-dei Paesi Baltici), in cui pullulano le proposte di legge per il controllo del web e inaudite leggi memoriali, come quella che vorrebbe vietare di “mettere in discussione i risultati della Rivoluzione d’Ottobre”.
Ma, comunque, con tutti i guai che ha l’ Europa, i politici non hanno niente di meglio di cui discutere?
3.Attuare finalmente la Costituzione
Il bello del preteso “dibattito costituzionale” appena terminato è che, invece, nessuno si è curato delle molteplici violazioni della Costituzione esistente, fra cui molte risalenti fino alla sua entrata in vigore. Citiamo qui solo le più macroscopiche
Art. 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” Il lavoro è un “diritto dovere (jus activae civitatis”), che non può essere adempiuto se non in regime di piena occupazione, come dice espressamente la Carta Sociale Europea. Il sistema economico esistente, fondato su una libertà quasi illimitata di iniziativa economica, è intrinsecamente contrario alla piena occupazione. E, di conseguenza, rende impossibile questo “diritto dovere”, falsificando lo stesso art.1: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” .Che ciò sia centrale nella valutazione dell’ attuale sistema è dimostrato dai tassi abnormi di disoccupazione, sottooccupazione e comunque assenza dal mercato del lavoro, che, in tutta Europa, è superiore al 50% della popolazione complessiva. Quanto alla disoccupazione giovanile “ufficiale”, in Italia, siamo al 37%. Il fatto è che “la Repubblica democratica fondata su lavoro” era un ardito tentativo di conciliare con un sistema democratico il regime di piena occupazione creato dalle Guerre Mondiali (gli “Stati Nazionali del Lavoro” di Juenger, che realizzava la “Totale Mobilmachung)-cosa adombrata nel”New Deal” di Roosevelt e nei progetti europei di Weil e di Galimberti, e non estranea neppure alla Carta di Verona-. Questa sintesi non è però riuscita, per le radicate resistenze di tre opposte retoriche: quella vetero-capitalistica del mondo imprenditoriale, quella anti-sistema dei partiti marxisti e quella “economicistica” del sindacalismo “indipendente”.
Art. 11”L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. C’è da chiedersi se rientrino in questo quadro situazioni ma che prosegue da ormai 13 anni, molto tempo dopo l’uccisione (illegale) del guerrigliero saudita, oppure un’Alleanza Atlantica ove ci sono molte truppe americane in Europa, ma nessuna truppa europea in America.
Art. 15.”La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. ”Anche qui, è evidente la violazione integrale del dettato costituzionale. I casi Snowden e Schrems hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che ogni nostra telefonata, ogni nostro e.mail, viene intercettato, catalogato, e analizzato e immagazzinato, da un’organizzazione elefantiaca, altamente automatizzata, comprendente, come minimo, Google, Facebook e NSA, in attuazione di norme draconiane del diritto militare americano risalenti alla 1a Guerra mondiale, che concedono ai 16 Servizi Segreti USA la “licenza di uccidere” , si applicano agli stranieri senz’alcuna difesa, e che l’ Amministrazione Obama si è rifiutata di abrogare.
Art. 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. E’ chiaro qui il riferimento a istituti come lo SMIG (salario minimo) francese, come pure alla certificazione pubblica delle competenze, tipica del Paese a noi vicino. Nulla di più diverso dal nostro sistema, in cui il datore di lavoro, e, al massimo, la contrattazione collettiva, sono gli unici arbitri del livello salariale, delle carriere e della politica dei redditi. In tal modo, il diritto al lavoro, introdotto dalla Costituzione di Weimar, concesso in modo incondizionato dalla costituzione staliniana, sviluppatosi attraverso la Carta del Lavoro e la Costituzione Repubblicana, e fissato nella Carta Sociale Europea di Torino del 1961, è stato progressivamente sminuito nella Carta Europea dei Diritti, e praticamente negato dalle attuali politiche economiche della UE e degli Stati Membri.
Art. 67.”Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.” Tutto il contrario dei parlamentari “nominati” e del reclamato “divieto di cambiare casacca”,già attuato da Grillo con i contratti di diritto privato con la Casaleggio Associati.
Art. 99 “Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. E’ organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”. Che quest’organo non venga utilizzato non ci stupisce. Si tratta di un problema generalizzato a tutta Europa. Soprattutto in Olanda, dove il sistema ha avuto la più forte tradizione politica, che risale al Partito calvinista Antirevolutionaire Partij creato nell’ Ottocento del teologo Kuyper, per poi passare alla Resistenza, che (forse paradossalmente),alla Liberazione creò la “Stichting voor de Arbeid” (Fondazione del Lavoro), una specie di Camera Corporativa, che, negli anni successivi, si era evoluta in un complesso sistema corporativo ( “Organische Gedachte”), articolato, da un lato, nel “Consiglio Economico e Sociale”, e, dall’ atra, nelle “Corporazioni” (“Bedrijf en Produktschappen),queste ultime abolite l’anno scorso. Ma anche a Buxelles il Consiglio Europeo Economico e Sociale è tenuto ai margini della vita dell’ Unione.
L’obiezione più frequente è che siffatte organizzazioni “non servono a nulla”. In realtà, come dimostra in modo schiacciante l’esperienza attuale, esse non servono perchè c’è la volontà politica di sopprimere le attività ch’esse rappresentano: la riflessione economico-sociale. Il Consiglio dell’ Economia e del Lavoro, contrariamente ai suoi omologhi europeo ed olandese, non è un organo solo “corporativo”, bensì è concepito come il “cervello pensante” dell’economia italiana, come in Giappone il MITI o in America il DARPA. Certo,quando esse furono concepite, si pensava soprattutto di fare dialogare lavoratori e datori di lavoro. Oggi,il panorama è più articolato:mente i classici “imprenditori” e “lavoratori” sono sempre più evanescenti, emergono prepotentemente le categorie dei giovani , dei disoccupati, dei sottoccupati, degli esodati, dei pensionati, dei prepensionati, dei migranti. Anche gli “esperti” non dovrebbero più essere nominati dai partiti, dai sindacati e dall’ accademia.
Il punto è che, in Italia, il “pensiero” economico lo fanno il “premier” e i “Talk shows”, i quali non vogliono affatto essere disturbati da un organo autorevole e professionale che centralizzi ed elabori tutte le informazioni socio-economiche e le trasformi in progetti. Invece, noi diciamo che la soluzione dei problemi economici e sociali dell’Italia, a cominciare da una reale attuazione della Costituzione, passa per una rinnovata attività di studio, riflessione e programmazione.
Anziché ridurre le competenze del Senato, occorrerebbe semmai ampliare quelle del CNEL
TUTTO IL POTERE AL CNEL!
3.Ma, insomma, di che cosa si occupano i politici europei?
Fino alla Brexit, all’elezione di Trump e al Referendum, ci avevano ripetuto fino alla nausea questo “decalogo”:
1)che la Storia procede secondo un piano prestabilito, dalla barbarie al Paradiso terrestre (l’“Intelligent Design”);
2)che, nella Storia, l’Occidente occupa un posto unico, e l’ America un posto unico nell’ Occidente (la “Sola Nazione Indispensabile”);
3)che la partecipazione all’ “Occidente” garantisce a tutti libertà, benessere e sicurezza (“il migliore dei mondi possibili” del Pangloss di Voltaire);
4)che quindi “non c’è alternativa” all’ accettare quest’evoluzione, adeguandoci alle sue esigenze (il “There is No Alternative” della Thatcher, l’ “Alternativlos” di Angela Merkel);
5)che l’ultima, e più elevata, forma di evoluzione è il passaggio all’Intelligenza Artificiale e ai Robot (la “Technological Singularity” di Kurzweil);
6)che l’Europa deve accettare un ruolo, nell’ economia digitale, subordinato a quello della NSA, di Google, di Facebook….(“l’Agenda Digitale”);
6)che, per poter esercitare questo ruolo, deve imitare gli Stati Uniti in termini di omologazione e di “deregulation” (“le riforme”);
7)che l’Italia è il fanalino di coda perché si è adeguata meno di altri Paesi europei (“bisogna rispondere alle richieste dell’ Europa”);
8)che, per potersi adeguare, bisogna investire in infrastrutture, e quindi l’Europa ci deve permettere “più flessibilità” (per indebitarci);
9)che per ottenere questi risultati, occorreva una costituzione “decisionista” e un “premio di maggioranza”, per accelerare i relativi processi legislativi (“bicameralismo imperfetto”);
10) che, altrimenti, “i mercati” (consistenti oggi esclusivamente in Soros e nei Cinesi) ci avrebbero puniti, non effettuando “nuovi investimenti” (che non si fanno più da 50 anni).
I fatti stanno smontando, ad una ad una, tutte le assunzioni del “Politicamente corretto”. La storia segue, come diceva Nietzsche, dei “vicoli tortuosi”; vi sono stati contributi fondamentali dell’ Africa, del Medio Oriente, dell’ Estremo Oriente, ecc…;stiamo avviandoci, allo stesso tempo, verso la “Società delle Attese Decrescenti” e verso quella delle “Macchine Intelligenti”; la Cina sta superando l’America nelle nuove tecnologie, non certo grazie alla deregolamentazione, bensì con l’appoggio determinante dello Stato e del Partito; un’ eventuale “flessibilità” all’Italia non servirebbe a nulla, perché essa non la utilizzerebbe certo per investire in nuove tecnologie, bensì per fare degl’”interventi a pioggia” ,ingraziandosi gli elettori e non “facendo innervosire gli Americani”…Il che non toglie che la flessibilità arriverà, forse, veramente, per adeguarsi alle politiche di Trump. Infine, il “no” al referendum ha avuto effetti economici pressoché nulli, e perfino positivi per le borse.
Di fronte a queste formidabili sfide, che fanno i politici europei? Chi pensa all’Italicum, chi alla Brexit, chi all’ Hate Speech, chi a Putin, chi agl’immigrati … Nessuno che faccia una seria autocritica, riconoscendo che le cose stanno ben diversamente da come tutti ce le hanno fin qui presentate, e che quindi, o cambiano politica, o “devono andare a casa”, come essi invocano da sempre per i loro avversari.
La Casa Editrice Alpina e l’Associazione Culturale Diàlexis hanno condotto da dieci anni una doverosa opera di controinformazione. Scontrandosi contro il muro di gomma, non solo dell’ “establishment”, ma anche di una borghesia che si pretende colta, ma la cui cultura si è fossilizzata almeno 50 anni fa, ignorando tutto ciò che è accaduto dopo il 68: tanto le critiche culturali dei postmodernisti quanto la storia delle concentrazioni economiche multinazionali, tanto l’ascesa al potere mondiale da parte della Cina quanto l’ intelligenza artificiale, tanto la desertificazione della nostra economia quanto le evoluzioni ideologiche della Russia. Soprattutto, nessuno vuole fare nessuno sforzo: non lo sforzo di pensare -figuriamoci quello di leggere, di discutere, d’impegnarsi…-.
Nonostante questo, ogniqualvolta se ne è presentata l’occasione, abbiamo provocato dibattiti e prodotto documenti su cui abbiamo sollecitato una presa di posizione da parte di tutti: sull’ identità europea, sul diritto del web, sulla capitale europea della cultura, sul Piano Juncker, sull’ identità alpina, sulle elezioni europee, sull’ Euroscetticismo, sull’India, sulla politica estera e di difesa comune, sulla Cina, sulla Russia, ma sempre senza un corrispondente riscontro (cfr.http://www.alpinasrl.com). Da parte tanto dei vincitori, che degli sconfitti di oggi.
Come interpretare questo atteggiamento? Perché non si vuole dialogare con quei pochi cittadini che s’impegnano? Che cosa c’è da nascondere?
E’ILMOMENTO DI ROVESCIARE IL TAVOLO.
CHI INTENDE IMPEGNARSI, CI CONTATTI!