Ora Chiappendino fa i conti col passato
Riportiamo l’articolo pubblicato su “Lo Spiffero” il 4 ottobre 2017
Saranno fischiate le orecchie a Sergio Chiamparino mentre nel suo ufficio di piazza Castello metteva a punto gli ultimi dettagli in vista dell’assemblea dei soci della Fondazione del Libro di Torino. Non lo ha mai citato Chiara Appendino nel suo j’accuse contro i “trent’anni di squilibri finanziari” che hanno sconquassato i conti di Palazzo Civico, ma risulta difficile non trovare un riferimento diretto alla sua gestione finanziaria della città. Un decennio di sviluppo urbanistico, culturale e turistico, prodotto a suon di debiti. E così non è un caso che sia proprio l’inquilino di piazza Castello il primo a rispondere alla sua dirimpettaia rivendicando i risultati della sua amministrazione: quei trent’anni “hanno visto la trasformazione della città che conosciamo, e i cui effetti vorremmo continuare a vedere e a sviluppare, con le necessarie innovazioni”.
In una nota l’ex primo cittadino, oggi a capo della Regione Piemonte rivendica i risultati ottenuti dalla stagione caratterizzata dalle giunte di Valentino Castellani, sua e di Piero Fassino. Un arco di tempo in cui “si sono realizzate la prima e attuale unica linea di metropolitana funzionante a Torino; il passante ferroviario e la relativa copertura, il raddoppio del Politecnico, la riqualificazione del Quadrilatero romano e di larga parte dei mercati rionali della città, nuovi parcheggi come Piazza Vittorio e Piazza San Carlo che hanno consentito la pedonalizzazione del centro storico con i benefici che tutti possono constatare e di cui tutti possono usufruire. Abbiamo, inoltre, avviato il recupero delle Ogr, riaperto musei che erano chiusi da tempo immemore, come Palazzo Madama, contribuito alla trasformazione di musei come l’Egizio e il Museo del Cinema, aperto musei nuovi come il Mao, realizzato il termovalorizzatore, senza il quale Torino forse avrebbe conosciuto qualche turbolenza dal punto di vista della gestione dei rifiuti”. Non solo. Chiamparino rivendica naturalmente le Olimpiadi, “che forse hanno dato un certo contributo alla proiezione internazionale e alla crescita del turismo della nostra città. Oltretutto è probabile che senza questo massiccio impegno di risorse pubbliche, sarebbero stati ben più pesanti gli effetti della crisi industriale che abbiamo subito, e da cui non siamo ancora completamente usciti”. Quindi, conclude Chiamparino, “chiedo alla sindaca a quali di queste opere si sarebbe dovuto rinunziare per non generare squilibri strutturali”.
Uno scontro che avviene proprio mentre il Chiappendino, curioso ircocervo politico impegnato a combattere le emergenze che di volta si presentano di fronte a Regione e Comune, si trova impegnato su più fronti, da Gtt al Salone del Libro. Appendino – che incolpa Fassino di “non aver detto la verità”, senza imputargli la responsabilità esclusiva dello stato dei conti di Palazzo Civico – ha fatto proprio quel che il suo predecessore non si è mai sentito di fare. Puntando, pur senza citarlo, il dito contro il principale artefice della sbornia olimpica. In questo senso ha aperto un dibattito che Fassino ha sempre voluto soffocare per ragion di stato, o forse semplicemente di partito.
Ma Appendino sa che per stare in piedi e fronteggiare quella pattuglia sempre più in fermento che la sostiene in Sala Rossa ha bisogno di alzare i toni, coagulare le truppe contro i fantasmi del passato e così, dopo la notte dei lunghi coltelli di ieri in cui ancora c’era chi, tra i consiglieri, chiedeva di intraprendere la procedura del pre-dissesto, scaricando tutto sul passato, Appendino è passata all’attacco. Forse inconsapevolmente e certamente in modo indiretto ha centrato il bersaglio grosso, in questo senso sì ha fatto l’operazione verità.
Un macigno pesa ora sulla Appendino, mentre Torino perde posizioni nello scacchiere nazionale: sarà in grado di coniugare il rigore finanziario con una nuova stagione di sviluppo che la città ha conosciuto nei trent’anni da lei messi all’indice? A oggi pare di no. Manca un’idea, un progetto. Ed è già passato un anno e mezzo.