Minima Cardiniana 196/1: KAKOLALIA E KAKOCRAZIA
Riportiamo l’articolo, a firma di Franco Cardini, pubblicato sul sito dell’Autore il 14 gennaio 2018
Per rendersi conto dell’eleganza e della finezza del Presidente Chiomarancio, basta guardarlo. Per capire fino a che punto egli sia un abile politico e un sensibile diplomatico, è sufficiente pensare un istante alle simpatìe che egli ha regalato all’Iran di Rohany con i suoi recenti exploits sull’Iran (uno che tiene aperta quella vergogna che è il carcere illegale di Guantanamo e dà lezione di “diritti umani” agli altri non fa più nemmeno rabbia, fa pena…). Per giungere a conclusioni definitive sulla validità di una democrazia come quella che gli ha consentito di occupare la Casablanca (e più in generale di quell’ideologia che passa sotto il nome di democrazia), non è necessario andare oltre la considerazione che ormai, a sua discolpa, molti – specie sui media – osservano che egli fa e dice quel che fa e dice per “mantenersi la maggioranza elettorale”. Che uno possa o addirittura “debba” (?!) dire e fare delle stupidaggini o delle infamie per guadagnarsi il potere o per restarci è di una gravità indescrivibile, ma passi; che però ciò sia usato poi come alibi per giustificarlo, dà la misura della corruzione morale e intellettuale nella quale stiamo affondando. Del resto, si tratta di pratiche e di metodologie ormai diffuse: gli stessi apologeti del sistema democratico (può darsi ve ne sia rimasto ancora qualcuno intelligente e in buona fede, per quanto ossimorico possa sembrare) non trovano nulla da ridire sul fatto che per dare la scalata al potere democratico sia normale mentire o sostenere tesi aberranti finché si vuole, ma “popolari”; come sul fatto che ormai la complessità dei sistemi elettorali (e qui siamo all’attualità dell’Italia di questi giorni) è palesemente fatta apposta per allontanare ulteriormente e irreversibilmente il “paese legale” dal “paese reale” e mandare in parlamento degli yes men delle varie segreterie dei partiti, con alcun legame rispetto alla gente e al territorio ma disposti a far da “comitato d’affari” ai vari poteri forti, lobbies eccetera, mentre il primo partito di opinione pubblica resta quello di chi non va a votare o che vota scheda bianca. Chi continua a chiacchierare di democrazia a tale riguardo, forse dovrebbe dare una ripassatina al vecchio Platone, o al vecchio Machiavelli, o al vecchio Kant, o al vecchio Marx, o al vecchio Gramsci.
Ma quando poi la democrazia si trasforma in kakolatria, ogni residuo dubbio non può che esser fugato. A proposito di alcuni paesi africani e afroamericani, il Presidente Chiomarancio ha parlato letteralmente di shetholes. Quei paesi sarebbero shetholes countries. Bene, signor Presidente: se siamo alla kakolatria (attenzione: il termine è greco), kakolatriamo pure. Nel mio bel rione di San Frediano siamo maestri in materia.
La kakolatria, come il dottor Freud insegna, è una fase precisa dell’infanzia: in genere la si supera, pare verso il quarto-quindi anno di età. Ma Chiomarancio dev’essere in ritardo: pazienza.
Se comunque s’ha da kakolatrare, kakolatriamo. Shetholes countries è stato tradotto, dalle nostre parti (Italia, Francia, Spagna) con l’espressione “paesi di merda”. Non vale nemmeno la pena di scomodare i Mani di quel geniale filologo che fu il Professor Ettore Borzacchini (al secolo il caro, compianto Giorgio Marchetti) per notare qualmente tale tarduzione sia gravemente inesatta. Alla lettera, shethole è il foro – in genere, un po’ in tutte le culture, di forma rotonda – nel quale gli esseri umani usano deporre quando necessario le loro deiezioni organiche, quello che nelle persone di buon funzionamento gastroenterico si denomina ordinariamente “cilindro fecale”, ancorché nella nostra società stressata un oggetto perfettamente conformato come tale sia arduo a prodursi.
Shethole è quindi, letteralmente, “foro” (hole) atto a deporvi cilindri fecali. Vi assicuro che potrei a questo punto, con l’aiuto delle dotte pagine dell’indimenticabile Borzacchini ma altresì del Vocabolario della Crusca, o di un normale Zanichelli (i dizionari dialettali o gergali, poi, ci fornirebbero ampia massa di coloratissimi sinonimi), deliziarVi con una girandola di definizioni. Diciamo comunque che shethole è il luogo, nella nostra società contemporanea divenuto in genere una stanzetta appartata, nel quale si compiono le operazioni igieniche di cui sopra: diciamo chambre de toelette, WC, “luogo comodo” come si diceva nelle nostre campagne toscane quando si voleva esprimersi in modo shik (o, alla francese, chic), “gabinetto” (un termine che arieggia peraltro la corte aristocratica o il pensatoio philosophique). Non amo che al riguardo si tiri poco rispettosamente in ballo la memoria del Divo Giustiniano Augusto, e vi risparmio le definizioni più gergali. Attenzione! Qualche anglofono approssimativo ha confuso l’espressione shethole con quella asshole, ordinariamente usata per indicare un preciso organo nei vari corpi animali (ma in vari paesi tale termine è usato anche come metafora per indicare persone delle quali in genere si abbia un livello di stima alquanto basso): ma il Presidente al riguardo è stato preciso.
Bene: quando un paese si sceglie alla sua guida un personaggio in grado di esibirsi senza riguardo in espressioni del genere (senza riguardo anzitutto per se stesso e per la posizione che occupa), ciò significa che tale paese è ormai in balìa della parte peggiore della sua società civile: e che tale parte peggiore, squalificando la vita politica e manipolando i meccanismi elettorali, è pervenuta a un livello egemonico irreversibile e irrimediabile. In casi come questo, è possibile solo aspettarsi il peggio; o sperare in un miracolo.
Siamo dunque, ormai, alla kakocrazia: nel senso greco del termine. Ma se volete abbandonarVi a volgari giochi di parole fondati sulla paromonimia, fate pure. FC