Lo studio che dà ragione a chi vuol fermare i migranti
Riceviamo in Redazione, e riportiamo, l’articolo a firma di Anna Bono, pubblicato in data 25 maggio 2020 su “www.lanuovabq.it”
Quali sono i motivi reali che hanno portato in Europa centinaia di migliaia di emigranti irregolari africani? I risultati dell’indagine dell’Undp (il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) parlano chiaro: centinaia di migliaia di africani hanno raggiunto l’Europa illegalmente, ricorrendo a organizzazioni criminali e per non essere respinti, hanno mentito sostenendo di essere profughi in fuga da guerre e persecuzioni.
Sbarcano in Europa dopo aver attraversato il Mediterraneo e chiedono asilo, “quindi non sono emigranti economici”. Una delle prime raccomandazioni rivolte ai nuovi arrivati dai dipendenti delle ong e delle cooperative che assistono chi entra illegalmente in Italia sembra sia di dichiararsi profughi, guardarsi dal dire di aver lasciato il paese di origine in cerca di lavoro o comunque di miglior fortuna, affermazione che li farebbe classificare come illegali da rimpatriare.
Invece le richieste di asilo fanno partire l’iter previsto dalle convenzioni internazionali per accertare la veridicità di quanto affermato e decidere se attribuire agli emigranti lo status giuridico di rifugiato che li autorizza a risiedere nel paese in cui hanno chiesto asilo: se è l’Italia, ospiti di un CAS, un Centro di accoglienza straordinaria.
Di loro si riparla da qualche giorno: perché gli sbarchi sono quintuplicati rispetto al 2019, perché c’è la prova che Malta li respinge e dirotta verso l’Italia, e per via della chat in cui dei magistrati riconoscevano che Matteo Salvini aveva ragione quando da ministro dell’interno si opponeva al loro sbarco, ma andava attaccato lo stesso.
Che siano profughi o emigranti fa la differenza perché solo chi fugge da minacce alla vita e alla libertà si ammette che entri in un paese straniero senza documenti in regola e tuttavia vi debba essere accolto. Perciò lo scorso anno l’Undp, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, ha commissionato una indagine per accertare quali siano i motivi reali che hanno portato in Europa centinaia di migliaia di emigranti irregolari africani. I risultati della ricerca sono stati pubblicati nell’ottobre del 2019 in un rapporto dal titolo “The Scaling Fences: Voices of Irregular African Migrants to Europe”. La sua lettura è utile per le informazioni che contiene. Non si può dire altrettanto delle conclusioni a cui giunge.
I ricercatori dell’Undp hanno intervistato 1.970 persone in 13 stati europei, originarie di 39 paesi africani. Le risposte – spiega l’Undp – smentiscono “quanto comunemente si sostiene a proposito dell’emigrazione irregolare dall’Africa all’Europa”. Tutti gli intervistati infatti dichiarano di aver viaggiato servendosi di canali irregolari, in altre parole affidandosi a organizzazioni di contrabbandieri di uomini, e di averlo fatto non perché spinti dalla necessità di chiedere asilo. Il dato è sorprendente anche per chi sa che la maggior parte delle richieste di asilo sono prive di fondamento e vengono respinte.
Molti emigranti non erano affatto poveri in patria e non hanno un basso livello di istruzione, prosegue il rapporto. Che i poveri non possano sostenere il costo elevato di un viaggio clandestino è stato accertato da tempo. Ma lo studio dell’Undp dice di più. 9 intervistati su cento andavano a scuola al momento della partenza. 49 su cento avevano un lavoro. In media hanno frequentato la scuola per almeno tre anni più dei loro coetanei e, per quanto circa il 50 per cento abbia detto di non guadagnare abbastanza, quasi tutti percepivano una buona retribuzione, superiore alla media.
Dalle interviste emergono altre informazioni interessanti. Il 41 per cento degli immigrati dichiarano che niente li avrebbe dissuasi dal partire. 93 su cento raccontano di aver corso dei rischi durante il viaggio, ma solo 2 su cento dicono che se avessero saputo che cosa li aspettava avrebbero rinunciato al progetto di emigrare irregolarmente. Molti oltre alle motivazioni di carattere economico aggiungono il disagio dovuto a governi ingiusti e corrotti, il senso di impotenza a fronte di sistemi politici che non creano sviluppo, che mantengono la gente nella povertà.
Anche se non tutti desiderano vivere definitivamente in Europa, due fattori li inducono a restare. Tra quelli che hanno trovato una occupazione, alcuni spediscono a casa del denaro: è meno di un terzo di quel che guadagnano, equivalente però, dicono, a circa l’85 per cento di quel che guadagnavano in patria. Tornare a casa farebbe venire meno questo contributo ai famigliari, considerata la difficoltà di reinserimento nella vita economica e sociale soprattutto per chi torna senza risorse. Nel caso di chi non ha un lavoro, la vergogna di aver fallito, di non aver realizzato il progetto di inviare rimesse alle famiglie e alle comunità rappresenta il principale fattore che impedisce di rientrare in patria. Vale soprattutto per il 53 per cento degli intervistati che dicono di aver ricevuto qualche forma di aiuto finanziario da parenti e amici per sostenere le spese del viaggio in Europa.
I risultati della indagine dell’Undp parlano chiaro. Ha ragione chi vuole fermare gli emigranti irregolari: confermano che centinaia di migliaia di africani hanno raggiunto l’Europa illegalmente, ricorrendo a organizzazioni criminali, per non essere respinti hanno mentito sostenendo di essere profughi in fuga da guerre e persecuzioni. Fatto poco considerato ma altrettanto importante, qualcuno di loro trova un lavoro regolare e sembrerebbe una cosa buona. Ma ogni posto di lavoro così occupato, va a danno di chi invece prova a emigrare seguendo regole e percorsi legali: in Italia, a partire dalle quote di ingresso di lavoratori non comunitari stabilite ogni anno dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione.
Di questo dovrebbero trattare le conclusioni dell’Undp. Invece “il messaggio fondamentale che emerge da questo studio – commenta il rapporto – e cioè che l’emigrazione è effetto dello sviluppo ineguale e in particolare di uno sviluppo che esclude i giovani, manda un segnale forte ai responsabili politici”. L’Undp sembra considerare irrilevante ciò che invece costituisce la peculiarità del fenomeno considerato: il fatto che dei giovani africani decidono di lasciare i loro paesi clandestinamente, diretti verso un continente, l’Europa, in cui è del tutto improbabile che trovino un lavoro, mentre milioni di africani emigrano invece regolarmente, in maggioranza senza lasciare il loro continente, scegliendo come destinazione paesi in cui c’è richiesta di manodopera.
Vale la pena di evidenziare l’uso dell’espressione “sviluppo ineguale” perché rimanda alle teorie marxiste degli anni 60 del secolo scorso che attribuiscono al sistema capitalistico, al suo sfruttamento delle “periferie” del mondo, al suo “dominio” sul pianeta la causa del sottosviluppo e della persistente povertà.
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[Fonte: https://lanuovabq.it/it/lo-studio-che-da-ragione-a-chi-vuol-fermare-i-migranti]