Lo stato “reale” dei conti pubblici, un mistero impenetrabile per il cittadino.
Riceviamo in Redazione, e riportiamo, l’articolo a firma di Carlo Manacorda* pubblicato in data 2 Agosto 2022 su “www.lineaitaliapiemonte.it“
Alla faccia della pubblica amministrazione che doveva essere “casa di vetro”: la realtà dei conti pubblici è sempre un mistero impenetrabile per il cittadino. Anche perchè spesso la situazione economica dello Stato viene presentata, appositamente, con “supercazzole” che la stragrande maggioranza dei cittadini non comprende. E i numeri vengono sapientemente resi avulsi dal contesto generale per cui sono tirati di qua o di là a seconda della convenienza politica del momento.
La trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione è stata la bandiera dei Governi del nostro Paese che si sono avvicendati nel quinquennio 2012/2016. Proclamavano: “La Pubblica Amministrazione sarà una casa di vetro. I cittadini ora hanno diritto di guardare dentro e di capire tutto ciò che i governanti combinano”. E poi sfornavano leggi e leggine (molte tuttora inapplicate) per realizzare questo progetto.
Da questo disegno riformatore è rimasto fuori, tuttavia, un diritto importante (forse tra i maggiori) dei cittadini: quello di sapere come stanno effettivamente le cose in materia di finanza pubblica. Detto diversamente, lo stato “reale” dei conti pubblici è sempre un mistero impenetrabile per il cittadino.
Sono due le tecniche che chi governa usa per non far capire qual è la situazione. Linguaggio incomprensibile. Il cittadino è bombardato con termini oscuri, mai spiegati quando si usano: PIL, rapporto debito/PIL, rapporto deficit/PIL, indebitamento, spread, quantitative easing, e via cantando. Nessuno dubita che essi indichino calcoli e situazioni previste da principi e norme. Ma chi non è addetto ai lavori capisce poco o nulla del loro significato. Presentazione e uso dei numeri. I numeri indicano certezze quantitative. Però la loro presentazione non viene mai inserita nel quadro generale dei conti pubblici. E poi il loro uso varia a seconda della convenienza politica del momento.
Un caso recente dimostra, in maniera palpabile, quanto appena detto. Il 26 luglio, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco presenta al Consiglio dei Ministri il disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato 2022. Come riportato dai mezzi d’informazione, dice: “Nel primo semestre del 2022, …..si evince un sostanziale miglioramento del Quadro tendenziale di finanza pubblica. Sulla base delle informazioni al momento disponibili, la previsione dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche per il 2022 risulterebbe inferiore di 0,8 punti percentuali di Pil rispetto alla stima programmatica formulata in occasione del Def (-5,6%). In valore assoluto l’indebitamento risulterebbe inferiore di circa 14,3 miliardi, interamente dovuto alle maggiori entrate in larga parte attribuibile alla componente tributaria ….Sulla base della proiezione a fine anno delle spese basata sul monitoraggio a tutto giugno, si stima una maggiore spesa per interessi passivi legata all’evoluzione dell’inflazione e della curva dei tassi forward, compensata dalla revisione al ribasso della stima della spesa corrente primaria e delle spese in conto capitale“.
Al cittadino giungono dunque queste dichiarazioni. Poiché si può pensare che buona parte dei cittadini non sia esperta di scienze macroeconomiche e bancarie, il linguaggio usato dal Ministro (assestamento di bilancio, quadro tendenziale della finanza pubblica, minor indebitamento rispetto al PIL, stima programmatica del Def, curva dei tassi forward compensata da stime di ribasso di spesa corrente e in conto capitale) non chiarisce assolutamente quale sia, in questo momento, lo stato reale dei conti pubblici italiani. La sola notizia (più o meno) comprensibile è che lo Stato si indebiterà in meno per circa 14,3 miliardi essendoci state maggiori entrate dalle tasse di pari importo. Che poi, guarda caso, è proprio la somma che il Presidente del Consiglio Mario Draghi, con abile mossa politica, mette a disposizione per il decreto-legge Aiuti bis per dare sostegni alle famiglie e alle imprese.
Ad orecchio, le dichiarazioni del Ministro ― incomprensibili linguisticamente ― possono tranquillizzare. Per la finanza pubblica, sembra che tutto si stia mettendo al meglio. In più, ci sono stime di maggiori entrate nel primo semestre 2022 di 14,3 miliardi. Lo conferma il “Bollettino delle Entrate Tributarie – luglio 2022”, pubblicato sempre dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. C’è addirittura qualcosina in più, ma forse dovuta soltanto a diversi metodi di calcolo (anche qui, rendiamo tutto fumoso).
Si tratta allora di vedere se ci sia stato, sempre nel primo semestre 2022, “un sostanziale miglioramento del Quadro tendenziale di finanza pubblica”. Guardiamo i numeri. Nel documento della Banca d’Italia “Statistiche – Finanza pubblica: fabbisogno e debito – 15 luglio 2022”, si legge che, nel periodo gennaio-maggio 2022, il debito delle amministrazioni pubbliche è salito di 41,3 miliardi (da 2.714,2 miliardi a 2.755,5 miliardi). L’affermazione del Ministro dell’Economia Daniele Franco desta quindi un po’ di perplessità. La finanza pubblica migliora (forse) di 14,3 miliardi, ma peggiora di 41,3 miliardi. C’è sempre comunque una perdita di 27 miliardi, e non sono proprio bruscolini. Per non parlare poi di tutti i quattrini (centinaia di milioni) che lo Stato non versa ― perché non li ha materialmente, salvo aumentare ulteriormente il debito ― ad Aziende sanitarie, Comuni, Province e Città metropolitane, e financo alla Corte dei conti, che sembra essa pure vantare crediti nei confronti dello Stato.
Anche sulla base di questi pochi elementi, si stenta a capire qual è la portata effettiva dell’affermazione “sostanziale miglioramento del quadro tendenziale di finanza pubblica”. Né va dimenticato, per quanto riguarda il “tendenziale”, che la Banca Centrale Europea dal 1° luglio 2022 non acquista più titoli di debito statali, compresi quelli dell’Italia. E l’Italia prevede di emetterne, ogni anno, tra i 400 e i 500 miliardi. Per vendere i propri titoli di debito sui mercati finanziari, l’Italia pagherà dunque, in aggiunta ai già 80 miliardi annui di oggi, oltre 3 miliardi all’anno in più per interessi sul debito pubblico, con aumenti crescenti nel tempo. E di questo è convinto anche il Ministro se richiama l’inflazione e la “curva dei tassi forward”, regola che, com’è ben noto, è conosciuta da tutti.
Torniamo allora al punto di partenza. Facciamo sempre più nebbia affinché il cittadino non sappia mai qual è lo stato reale dei conti pubblici.