LA GUERRA NELL’ERA DELLE MACCHINE INTELLIGENTI
Riceviamo in redazione e riportiamo la newsletter di Alpina-Dialexis, a cura di Riccardo Lala, del giorno 11 aprile 2017
I giochi di guerra che percorrono il mondo, dalla Siria, al Baltico, all’Ucraina, alla Corea, stanno lasciando tutti noi con il fiato sospeso. Tuttavia, ciò che dovrebbe preoccupare veramente non sono tanto le prove di forza fra America, Russia, Corea e Cina, quanto tutto il complesso movimento tecnologico e politico che a queste sottostà.
Come scriveva, ancora nel XX° Secolo, Manuel De Landa, la “Guerra nell’ era delle macchine intelligenti” costituisce infatti il momento della presa di controllo, da parte del “phylum macchinico”, sull’Umanità.Partendo da una concezione della Teoria del Caos che si avvicina alla filosofia di Eraclito, passando per Nietzsche, Juenger, Gehlen, Foucault, Deleuze, Badiou e Baudrillard, De Landa ritiene che la guerra costituisca la modalità tipica di auto-organizzazione delle specie. Il fatto che le macchine intelligenti abbiano oramai assunto un ruolo centrale nella conduzione della guerra dimostra ch’esse sono una specie (un “phylum”) che sta prendendo il sopravvento sull’ Umanità. Quest’intuizione è confermata ogni giorno di più dalle notizie che ci pervengono circa le ultime evoluzioni delle tecnologie belliche.
I drammatici eventi a cui stiamo assistendo negli ultimi giorni, dagli sviluppi della difesa antimissilistica americana, alle prove di forza nel Mar della Cina, dimostrano appunto questo ruolo accresciuto, e perfino dominante, delle macchine intelligenti, sugli scenari bellici.
L’importanza di questi temi è, non già sminuita, bensì confermata e rafforzata, da due temi politici coperti dal più assoluto riserbo: le trattative in corso presso le Nazioni Unite sul trattato per la messa al bando delle armi nucleari, e il repentino avvio di un dibattito, fra gli Stati membri, sulla bomba atomica europea.
1.L’”Impero Invisibile”
In una lezione sugl’imperi tenuta a Genova il 7 aprile, Franco Cardini, il cui pensiero seguiamo sempre con estremo interesse, ha chiarito quanto sia esteso il campo storico e semantico cui è riferibile il concetto d’Impero, e come sia difficile comprendere e definire in modo adeguato l’attuale “impero mondiale” a guida americana.
A nostro avviso, tale difficoltà deriva dal fatto che i tentativi di definizione vengono sempre fatti attraverso forme di comparazione nello spazio e nel tempo, che, per quanto estese ed affidate a specialisti, non possono giungere fino a comprendere forme di potere ancora inedite, quali quelle derivanti dall’ Intelligenza Artificiale. E, infatti, verso la fine del discorso, Cardini si chiede, senza fornire per altro una risposta: “quali sono le forze reali che sostengono, in parte controllano e in parte direttamente costituiscono il governo degli Stati Uniti d’America? Di quale potere sovrano esso è rappresentante, di quale sovrana volontà esso è l’esecutore, al di là delle forme giuridiche preposte a legittimarlo? E’ sua la detenzione del potere “imperiale”? Oppure dietro ad esso come dietro ad altre forze, attualmente “in presenza” nel mondo, si cela un “impero invisibile”…
Quest’impero è “invisibile” ”, non già perché non ve ne siano tracce visibili, bensì in quanto “immateriale”. Si tratta, infatti, di quell’ “Complesso Informatico-Militare”, che comprende la religione e l’ideologia del web, i “guru” dell’ Informatica, la CIA e la NSA, gli azionisti e i manager di Google, Facebook ed Amazon, i vertici dell’Amministrazione americana e quelli degli eserciti NATO, i grandi fornitori della difesa e dell’ informatica. Questo complesso, che ha sostituito il vecchio “Complesso Burocratico Militare” individuato e criticato già perfino dal Presidente Eisenhower, si è sempre più autonomizzato dallo Stato e dalla società americani, prima sotto forma di una potente lobby, poi come sistema deterritorializzato che ha propri capisaldi, politici, tecnologici e finanziari, anche fuori dagli USA, e condiziona l’opinione pubblica e i Governi, compreso quello americano, e, infine, formulando, con Kurzweil, Zuckerberg, Schmidt e Cohen, un preciso programma, politico e metapolitico allo stesso tempo, che va dalla completa automatizzazione della vita di tutti i giorni (l’”internet delle Cose”), alla creazione dell’ Uomo Artificiale, alla sostituzione degli Stati con le pochissime attuali multinazionali del web, fino alla completa sostituzione dell’ uomo con le macchine.
Questo impero, che ha il suo cuore nei grandi server di Salt Lake City, si estende oramai attraverso le basi della NSA dove ha vissuto Assange, nella Silicon Valley, nei paradisi fiscali grazie a cui le multinazionali del web realizzano i loro incredibili profitti, nelle infinite basi di ascolto e di controllo di droni militari, disseminate in tutto il mondo. Essa ha terminali, come rivelato da “Vault 7”, in ogni elettrodomestico di ultima generazione presente nelle nostre case, che cela in realtà delle “cimici” della CIA.
Questo “impero” ha avuto fino d ora tutto l’ interesse a svilupparsi all’ interno del sistema americano, con le sue forze armate e i suoi miliardiari, con i suoi servizi segreti e con Wall Street, con la sua Hollywood e il suo MIT, ma ora la sua stessa natura “dematerializzata” ne evidenzia la differenza, se non l’incompatibilità, con qualsiasi tipo di Stato, anche quello americano. Il primo sintomo di questo distacco è stato costituito dall’ elezione di Donald Trump, il quale, appoggiandosi sulle industrie tradizionali e sulla “middle class” esclusa dalla rivoluzione informatica, è riuscito a prevalere sull’”imperialismo democratico” di Hillary Clinton, legata a filo doppio alle multinazionali. Purtroppo, come era ovvio, il potere delle multinazionali è così forte, che nessun Presidente, tanto meno un Presidente americano, può tenerle completamente fuori della porta. Ed ecco che Trump ha cooptato dei membri del potere informatico all’ interno del suo team presidenziale, esattamente come facevano Obama e Renzi.
Molti acuti osservatori del potere informatico -in primis, Evgeny Morozov-, tendono a individuare, nella ricerca di rendite parassitarie, il motore dell’Impero Informatico. A nostro avviso, tale impostazione rischia di essere troppo economicistica, rispecchiando, così, delle logiche tipiche della Modernità industriale. Al contrario, secondo l’insegnamento di De Landa, il “Phylum Macchinico” non persegue fini economici, bensì la pura volontà di potenza. Esso è l’ “Apparato” (“das Gestell”) di cui parlava Heidegger, volontà di potenza disincarnata e cristallizzata nelle macchine. Essa persegue semplicemente il dominio totale.
L’elezione di Trump rallenta dunque, ma non ostacola, lo sviluppo dell’ impero informatico. Le multinazionali del web continuano indisturbate nelle loro ricerche in campi estremamente sensibili, come le biotecnologie e la sorveglianza di massa, e continuano i loro rapporti cordiali con gli altri Stati e le autorità fiscali di tutto il mondo. Il prossimo passo sarà quando, ai vertici del nuovo impero, non ci saranno più i dirigenti delle multinazionali, bensì, in prima persona, i computer stessi, resi autonomi dall’ Intelligenza artificiale. Come nel racconto di Asimov “Una decisione inevitabile”, dove i Presidenti dell’ Europa e del mondo non possono fare a meno di constatare congiuntamente che sono i “robot” a fissare la loro agenda culturale e politica.
Questa funzione, che Toynbee avrebbe qualificato di “crisalide”, assunta dall’America nei confronti del Sistema Informatico-Militare, è tutt’altro che incongrua con i vecchi schemi “imperiali”, e, in particolare, con quello delineato da Sant’Agostino nel De Civitate Dei, dove quest’ultima vive e si sviluppa all’ interno, e con la protezione, dell’Impero Romano. E, difatti, le idee della “Religione dell’ Umanità”, del Cosmismo e della “Costruzione di Dio”, alle quali è ispirata, come dicevano già Fiodorov, Berdiaiev, Gorkij, Trockij e Lunacharskij, l’attuale tecnocrazia, costituiscono appunto delle deliberate secolarizzazioni delle idee cristiane di “Città di Dio”, Regno dei Cieli e Resurrezione della Carne.
La contraddizione insita, come accenna Cardini, in tutti i concetti di Impero – quella fra l’indispensabile ispirazione universalistica, vale a dire mondiale, e la base necessariamente territoriale dello stesso-, può venire risolta, o sul piano teologico, con l’affermazione di una “convergenza asintotica” fra i due imperi, quello terreno e quello celeste,nell’escatologia, oppure su quello tecnologico, rendendo possibile, attraverso l’informatica, le armi nucleari e la cyberguerra, la realizzazione di un dominio che copra l’intero globo (“globale” nel vero senso della parola), così come avrebbero voluto fare, ma non potevano, tanto il Tian Xia cinese, quanto la Monarchia Universale dantesca. A dire il vero, vi era stato un momento In cui sia l’Imperatore Ming Hongxi, a metà del 1400, che quello asburgico Carlo V , circa 100 anni dopo, avrebbero potuto tentare di realizzare un governo quasi mondiale, ma vi rinunciarono. In ambo i casi, il movente di questo passo indietro non è risultato chiaro. Solo che, nel caso degli Occidentali, la ricerca della Monarchia Universale non finì lì, bensi riprese immediatamente, con Filippo II, il Sebastianismo, Vieira, Campanella, Luigi XIV, Bandeiras,Washington, Emerson, Whitman, Kipling, Fiodorov, Fiske, Trockij, Wilkie, Fukuyama…
Comunque, ora come allora, la pace perpetua potrebbe essere conseguita solamente con il dominio totale sul mondo. Qualunque alterità costituisce infatti fonte di conflitto, e questo è ben chiaro per i cantori della “pace perpetua” .
Anche tutti gl’Imperi antichi avevano una qualche loro retorica della Pace Perpetua (TaiPing; DaTong; Hazar; Pax Aeterna; Ewiger Landfrieden, ecc..). Il caso persiano è il più appariscente. Nell’ Avesta, Ahura Mazda annunzia il proprio Millennio (Hazar); I Magi persuadono Serse, con un sogno, che il dio gli impone di conquistare tutta l’ Europa; sulle tombe reali è scritto che le infinite guerre e repressioni, puntualmente descritte, sono state condotte per ordine di Ahura Mazda, per instaurare la pace e la giustizia. Anche Leonida combatte e si sacrifica per rispettare il volere di un dio, ma ciò che gli chiede l’Oracolo di Delfo non è la conquista, bensì il sacrificio della vita sua e dei suoi fedelissimi, come garanzia dell’eterna gloria di Sparta. Lo stesso spirito animerà i Serbi del Principe Lazar alla Battaglia di Kosovo Polje. Questa volta, in palio c’è la vita eterna.
La retorica della Pace Perpetua, espressa dall’umanitarismo contemporaneo, è l’erede di quella achemenide, transitata attraverso l’Islam, il Sacro Romano Impero e l’Illuminismo, fino agli Stati Uniti. Anche ora, essa è profondamente ambigua. Come Serse proclamava la pace, ma chiedeva basi militari (“acqua e terra”), e, in assenza di risposta positiva, arrivava in Grecia con 2.500.000 soldati di tutto il mondo (almeno, così dice Erodoto), così la “Comunità Internazionale” predica la pace, ma, appena qualcuno non acconsente ad ammettere sul proprio territorio i soldati e i plenipotenziari dell’ Impero, viene soffocato da una gragnuola di missili, di bombe e di droni di una “coalizione internazionale”.
Gli Europei Occidentali sono quindi ora paragonabili a quei Greci settentrionali che avevano accettato di “dare acqua e terra” all’ Impero Persiano; invece, i Russi e i loro alleati sono paragonabili a Sparta e ai suoi alleati (compresa Atene), che avevano rifiutato di ottemperare alle richieste dei Persiani.
Anche l’Impero Occidentale, come già quello persiano, sostiene che assoggettarsi è giusto e santo perché realizza la volontà di Dio, la giustizia e la pace.
Invece, gli Europei Orientali (Russi, ma anche Turchi, Armeni, Osseti, Siriani,..) ritengono, come Erodoto, che questo voler occupare tutta l’ Europa, “di modo che l’ Impero confini con il regno degli Dei”, costituisca una “hybris” (violenza)
La tentazione di conquistare la Russia ha già portato alla rovina gl’imperi svedese, turco, polacco, napoleonico e hitleriano.
2.L’Europa vuole la Pace Perpetua o vuole perpetuare l’ establishment occidentale?
Nel frattempo, alla fine di Marzo, sono cominciate alle Nazioni Unite le trattative per il Trattato per la messa al bando delle Armi Nucleari, già richiesto dalla schiacciante maggioranza degli Stati Membri, con la sola opposizione di 38 Paesi, fra cui USA, Russia, Cina, Francia, Inghilterra, Germania, Italia, Israele e Giappone, e con l’appoggio di tre potenze nucleari: India, Pakistan e Giappone: “Sembra incredibile ma è vero: il Giappone, unico Paese vittima delle bombe atomiche, snobba i negoziati iniziati all’Onu – con il supporto di 113 Paesi – per arrivare a un trattato che metta al bando le armi nucleari. Il governo del premier Shinzo Abe ha deciso di non parteciparvi, con una iniziativa che dà un colpo alle prospettive già infime di un esito soddisfacente delle trattative internazionali. La mossa sembra minare la credibilità del desiderio più volte conclamato da Tokyo di un mondo senza armamenti atomici e ha suscitato forti critiche da parte di molti hibakusha (i sopravvissuti alle atomiche di Hiroshima e di Nagasaki). “
A nostro avviso, dal punto di vista strettamente giuridico, un siffatto trattato sarebbe perfettamente inutile, perché la Convenzione di Ginevra già vieta le stragi di civili. Ora, le armi atomiche sono destinate quasi esclusivamente a sopprimere i civili, visto che , per loro natura, provocano centinaia di migliaia, se non milioni, di morti, senza che si possa distinguere fra militari e civili, e, spesso, neppure fra il territorio dello Stato nemico e quello degli Stati confinanti.
Durante le Guerre Persiane, non soltanto la Grecia Settentrionale, bensì anche la Ionia, era soggetta ai Persiani. Tuttavia, qui le popolazioni locali, contrariamente alla Grecia Settentrionale, non appoggiavano i Persiani. Era stata appunto la rivolta degli Ioni contro i tiranni imposti dai Persiani a scatenare l’intero ciclo di quelle guerre. Ci sarebbe infatti da aspettarsi che le popolazioni sottomesse mal sopportino il controllo straniero, e, prima o poi, si ribellino. Invece, in Europa Occidentale, diversamente da altre parti del mondo, la popolazione si è assuefatta, e soprattutto i governanti sono talmente schierati a favore dell’ occupante, da temere ogni accenno, da parte di questi, a volersi ritirare.
Come le classi dirigenti della Grecia Settentrionale, l’establishment europeo, composto di elementi raccogliticci e poco qualificati, teme, e giustamente, che, senza l’impero americano, i privilegi faticosamente conquistati possano dileguarsi, e che i suoi membri verrebbero, come minimo, “rottamati” . Si assiste perciò a comportamenti incredibili, come per esempio le accuse a Trump di non volere rispettare il Trattato NATO. Tra l’altro, si è anche inventata un’assurda teoria secondo cui, non appena gli USA se ne fossero andati, l’esercito russo invaderebbe immediatamente l’Europa. Ignorando che l’esercito russo ha avuto già almeno due volte l’opportunità di occupare tutta l’ Europa, ma i leader russi hanno sempre rifiutato di farlo, per il timore, comune da sempre a tutti i popoli delle steppe, di perdere la propria identità.
I Paesi europei che hanno votato contro il nuovo Trattato, compresa l’Italia, sostengono di averlo fatto per non compromettere, in un modo o nell’ altro, l’”ombrello nucleare” americano, che, secondo taluni, ci garantirebbe da eventuali attacchi da parte della Russia o dell’ Iran. Vale qui, intanto, a nostro avviso, la famosa battuta di Franz Josef Strauss, che non riusciva a credere che fossero necessari 200 milioni di Americani per aiutare 500 milioni di Europei a fronteggiare 300 milioni di Sovietici. Oggi, la situazione è ancora più paradossale, perché ci vorrebbero 300 milioni di Americani per aiutare 600 milioni di Europei a fronteggiare 150 milioni di Russi. Oltre tutto, come ripetuto in varie newsletter precedenti, gli Europei spendono, per la loro difesa, due volte di più dei Russi, e dovrebbero, quindi, avere un esercito ben più potente.
Inoltre, le bombe atomiche americane già “parcheggiate” in vari Paesi europei (in Italia ve ne è il numero più elevato, vale a dire 70), che sono vecchie e a corto raggio, sono militarmente poco efficaci, ma costituirebbero invece un bersaglio obbligato in caso di guerra.
Si noti infine che Italia, Francia e Germania (che sostengono di avere realizzato, con l’ Unione Europea, la Pace Perpetua), hanno votato con il Giappone (fino ad ora unica vittima di un attacco nucleare), per il mantenimento delle armi atomiche (americane), mentre la Corea del Nord, l’ India e il Pakistan, deplorati, chi più chi meno, per le loro ambizioni nucleari, hanno votato invece per l’abolizione delle stesse. Non sarà che in realtà, non delle atomiche si tratta, bensì dei privilegi connessi alle stesse, che attribuiscono a taluni Paesi un rango superiore agli altri?
La realtà vera è che il disarmo nucleare potrà avvenire soltanto in una situazione in cui tutte le parti del mondo saranno disposte a concedere qualcosa, e non solo in campo atomico, bensì in tutti i settori tecnologici potenzialmente nocivi. Cioè tutti.Ma, perché questo avvenga, occorre che si riducano le distanze fra le Grandi Potenze e gli altri. Altrimenti, le Grandi Potenze non accetteranno mai di cedere niente a nessuno. Ben vengano, quindi, le pressioni continue per la costituzione di un mondo multipolare.
3.“Eurodeterrenza” (la bomba atomica europea)
In netta controtendenza con le trattative alle Nazioni Unite, gli Stati Europei hanno avviato, fra di loro, trattative segretissime per realizzare una “Bomba Atomica Europea”. Alla luce di quanto detto al paragrafo precedente, quest’idea , lanciata da Jaroslaw Kacynski, per quanto possa sembrare indigesta, sarebbe coerente con l’idea di spianare le differenze fra potenze nucleari e non nucleari. Oggi, la differenza di peso specifico fra Europa e America nei campi militare e tecnologico è tale, che Trump, come a suo tempo Obama, si permette di non ricevere neppure i nostri rappresentanti, dirottandoli su qualche Sottosegretario.
Per comprendere la problematica connessa alla “Bomba Europea”, occorre tenere presenti almeno tre aspetti.
Innanzitutto, risulta chiaro che, se vogliamo (come dobbiamo), “fare ingoiare” all’ America addirittura un Trattato per il Controllo delle Nuove Tecnologie, le nostre carte devono essere drasticamente migliorate, se non altro dal punto di vista delle competenze. Dobbiamo, cioè, avere almeno qualcuno che ne capisca qualcosa di cyberguerra, di missili ipersonici, di trasmissioni quantiche…Ricordiamoci che, il 26-27 maggio, al G7 di Taormina, si parlerà anche della nuova regolamentazione del web.
Il secondo, e fondamentale, aspetto, è la cosiddetta “percezione delle minacce”. L’establishment europeo percepisce una minaccia fondamentale proveniente dalla Russia o dall’ Iran che, a nostro avviso, non c’è, o, comunque, è molto inferiore a quella costituita dalle Macchine Intelligenti. L’importante è mettere sotto controllo queste ultime. Se, per metterle sotto controllo, occorre anche spaventare coloro che le detengono e le proteggono, bene, un armamento ci vuole. Ma non certo puntato monomaniacalmente contro i nostri vicini. Con i quali vale quanto detto per l’ America, cioè che, se fossimo meglio armati, ci rispetterebbero di più, e potremmo discutere più facilmente di molte cose. In primo luogo, del Trattato per il Controllo delle Nuove Tecnologie, ma poi, anche e soprattutto, di una politica culturale e informatica comune (cosa non meno importante). Perché, in fondo, siamo tutti Europei, e dovremmo puntare verso l’affratellamento e la collaborazione, non già verso un’insensata rissa continua. Questo è stato anche il senso della visita,attualmente in corso, di Mattarella a Mosca. Come ha detto Putin al nostro Presidente, «Abbiamo rapporti molto antichi e approfonditi in campo culturale e umanitario, e tanti amici in Italia».
Il terzo e ultimo punto è che non bisogna cedere al ricatto di Trump, che vuole che gli Europei spendano fino al 2% del loro bilancio in armamenti proprio in questo momento di crisi, quando l’ Europa spende già molto di più della Russia, e senza alcun serio risultato. Quel 2% non serve infatti alla difesa dell’ Europa, bensì a fare tornare i conti dell’ esercito e delle imprese americane.Immaginiamoci infatti per un momento di smettere di contribuire al mantenimento delle basi americane, ivi comprese le loro bombe atomiche, di farci restituire anche quanto già pagato indebitamente e di comprare le nuove armi nucleari previsti dal progetto di “bomba europea” (inclusi i vettori) da imprese francesi, tedesche e italiane (EADS, Leonardo, Avio, Safran e Thales). Avremmo, nel contempo, migliorato la nostra difesa, speso meno di oggi, favorito le nostre imprese, accresciuto le nostre competenze e risparmiato dei soldi. Come diceva De Gaulle, una “force de frappe à tous azimuts”.
Notiamo, tra parentesi, che proprio oggi Avio si è quotata in borsa con eccellenti risultati, come caldeggiato da Antonino Puccio nel libro “Il Caso Fiat Avio”.
Tra l’altro, l’argomento di fondo di Kaczynski a favore della « bomba europea » non è, in sé e per sé, sbagliato. La politica estera e di difesa di Trump è deliberatamente imprevedibile. E’ una tattica ben nota degli uomini d’affari per disorientare gli avversari e ottenere il miglior risultato. Ma, se già era difficile accettare che gli Europei delegassero la loro difesa ai Big Data del Pentagono, è follia pensare di delegarla a un Presidente straniero che ha fatto dell’ imprevedibilità la sua bandiera.
4.Il silenzio dei media
Ciò che è impressionante in questa vicenda è il silenzio dei “media”, soprattutto italiani, tanto sul Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, quanto sull’”Eurodeterrenza”. In Italia, abbiamo notato solo articoli dell’ Avvenire e di piccole testate online, oltre che uno de Il Sole 24 Ore, ma solo per stigmatizzare il voto del Giappone, e non il nostro. Almeno, in Germania, l’intervista di Stanislaw Kaczynski alla FAZ ha sollevato un tale vespaio, che ne hanno parlato anche tutti gli altri principali giornali, mentre, invece, non abbiamo visto nulla di rilevante in Francia, e neppure, paradossalmente, in Polonia.
E’ assurdo e ipocrita strapparsi i capelli perché i cittadini non si interessano di politica e non comprano più nemmeno i giornali, se, quando si parla di questioni di vita o di morte per gli Europei, o, per lo meno, della loro libertà, si censurano quasi integralmente le più elementari notizie, in modo che, non diciamo, non sorga un dibattito, ma, addirittura, il tema non possa venire mai all’ ordine del giorno.
Circa l’attendibilità dei nostri media, vorrei citare alcuni brani pubblicati da Antonio Capezzone su “Formiche.it”:
“Prendete un qualunque panel di discussione su Cnn, ad esempio sul travel ban adottato dalla Casa Bianca, o su qualsiasi altro tema politicamente sensibile. Gli ospiti di Cnn appaiono ‘equilibrati’, ma solo nel senso che ciascuno critica Trump da un punto di vista diverso: chi da un punto di vista politico, chi da un punto di vista giuridico, chi da un punto di vista sociale. Sorridendo ma non troppo: il pluralismo è garantito, ma soltanto perché sono diversi gli angoli da cui si spara a palle incatenate contro lo stesso bersaglio.
Dinanzi a ciò, Trump ha gioco facile – secondo il suo copione – a dire che i media sono biased, hanno il pregiudizio, sono carichi di odio e ostilità preconcetta. Ovviamente lui ci marcia, ma l’occasione gli viene ghiottamente offerta.
Attenzione, dunque. Qui nella triste Europa continentale, la deriva è già ampiamente avanzata rispetto alla stampa scritta. Altrove, come si vede, la stessa evenienza si determina sulle tv. In modi e per vie diverse, si arriva alla credibilità-zero dei media-mainstream.
Per un liberale estraneo all’establishment, la cosa può anche dare un momento di soddisfazione. Ma, passato quel primo sentimento, resta il dramma: se sei un policy-maker, un piccolo portatore di convinzioni e proposte che cerca di basarsi su idee e fatti, dove vai a raccontarle quelle idee? Dove li esponi i tuoi fatti? Solo in piccole isole felici, della cui esistenza puoi essere singolarmente grato a un pugno di direttori. Oppure nel grande mare della rete, sotto forma di ‘autopubblicazione’ dei tuoi messaggi in bottiglia. Esercizio nobile, ma da naufraghi. “
Bravo on.le Capezzone, ma dovevamo accorgercene molto tempo prima. I media, e tutta l’informazione “mainstream” sono non soltanto schierati, bensì sotto il controllo ferreo di “gatekeepers” che non lasciano trapelare neppure il più piccolo indizio dei problemi veri, quelli a cui Alpina e Diàlexis hanno dedicato le loro pubblicazioni e stanno dedicando queste Newsletter e le manifestazioni ad esse collegate.
Come scriveva anche, non molto tempo fa, in “Minima Cardiniana”, Franco Cardini, siamo ormai tutti ridotti al “Samizdat” e all’ “autodifesa”. Tuttavia, le idee giuste, quelle che contengono tanto una percezione obiettiva dei fatti, quanto un percorso concreto di soluzione, non possono, alla lunga, non prevalere. Basta volerlo veramente.