JIHAD – La risposta italiana al terrorismo: le sanzioni e le inchieste giudiziarie
Daniele Lonardo – Si è svolto, sabato 22 settembre 2018, la presentazione del libro “JIHAD – La risposta italiana al terrorismo: le sanzioni e le inchieste giudiziarie”. Insieme all’autore, Stefano Dambruoso, magistrato e già questore alla Camera dei Deputati erano presenti Claudio Bertolotti, analista strategico ISPI e Ranieri Razzante, docente di legislazione antiriciclaggio all’Università di Bologna. L’evento è stato moderato da Sharif El-Sabaie, opinionista di Panorama ed esperto di diplomazia culturale.
Marzo 2018, un algerino ventiduenne di si lancia con un’auto verso il Santuario di Pompei. La sua folle corsa è fermata dalle fioriere di cemento poste a presidio della Basilica. È l’ultimo attentato, fortunatamente sventato, avvenuto in Italia. Il processo di indottrinamento utilizzato per reclutare i “lupi solitari” (o Foreign Fighters) è quello della cd. “radicalizzazione veloce”, una sorta di lavaggio del cervello realizzato prevalentemente attraverso internet e social media e che funge da campanello d’allarme nell’azione di contrasto, prima che tali soggetti passino all’azione. Se da un lato lo Stato Islamico è stato sconfitto sul campo di battaglia convenzionale, lo stesso non può dirsi per quanto riguarda la sua natura proto-statale. Già nella “5+5 Defense Initiative” del 2015, Bertolotti parlava di Nuovo Terrorismo Insurrezionale (NIT – New Insurrectional Terrorism), spiegando come il moderno terrorismo sia un «metodo operativo che può trovare applicazione all’interno di una vasta gamma di strategie, inclusa la strategia insurrezionale»[1]. L’analista strategico, inoltre, evidenzia come il processo di integrazione si sia rivelato in Italia, fallimentare ed abbia dato origine al fenomeno del multiculturalismo consistente nel fatto di creare tante micro-società all’interno di una macro-società laddove tuttavia non c’è condivisione di valori. Al contrario, il processo da mettere in atto dovrebbe essere quello dell’assimilazione che porta all’accettazione e al rispetto della cultura, delle leggi e delle tradizioni del paese ospitante e pone le basi per una nuova società, arricchita rispetto alla precedente.
L’autore, magistrato antiterrorismo attualmente in servizio a Bologna con alle spalle importanti indagini sulle reti terroristiche a Milano, sottolinea come oggigiorno sia necessario arrivare “prima” rispetto ai tempi dell’indagine giudiziaria. Parla di “anticipazione della soglia di punibilità” al fine di contrastare anche la semplice intenzione, come ad esempio quella di pianificare di un viaggio ad Istanbul per poi recarsi in Siria. Nella proposta di legge Dambruoso-Manciulli, dal titolo “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”, si evince come la strategia da adottare per un contrasto efficace al fenomeno del terrorismo di stampo jihadista sia da un lato, quello della creazione di un ecosistema fortemente repressivo in grado di arginare il pericolo ex ante, ovvero prima che il soggetto passi dalla premeditazione all’azione. Dall’altro lato, però mette in risalto una serie di interventi ad hoc volti a prevenire la radicalizzazione, in particolare nelle scuole e nelle carceri. In ambito scolastico, gran parte del lavoro dovrà essere svolto dagli insegnanti affinché nel gruppo classe possa regnare un dialogo interculturale, utile ad esempio a non far vivere le festività (come ad esempio il Natale o la Pasqua cattolica) in termini discriminatori. Nelle carceri, oltre alla funzione rieducativa, dovranno essere predisposti programmi interculturali per evitare l’insorgenza di principi di radicalizzazione, proprio come è capitato ad Anis Amri (il terrorista autore della strage di Berlino), trasformatosi da ladro a terrorista nel giro di qualche anno. Da ultimo, sottolinea l’autore, è fondamentale sviluppare e rafforzare la counter-narrative alla propaganda jihadista, ovvero mettere in atto una narrativa diametralmente opposta rispetto a quella messa in atto dai reclutatori on line, facendo leva sulle conseguenze negative che l’indottrinamento ha non solo sul singolo ma anche sulla sua famiglia: ad esempio il rischio che anch’essa venga arrestata e costretta a far rientro nel loro paese d’origine. In sostanza, la ratio sottesa alla proposta di legge (naufragata dopo più di due anni di lavori parlamentari), era volta a introdurre in Italia una strategia per la prevenzione dei fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell’estremismo jihadista, nonché a provvedere al recupero umano, sociale, culturale e professionale di soggetti già coinvolti in fenomeni di radicalizzazione, mediante programmi di formazione ed informazione.
Il Professor Ranieri Razzante prende le mosse dal penalista tedesco Günther Jakobs che, nel diritto penale del nemico, propone la tesi secondo cui è possibile assoggettare un individuo pericoloso (combatterlo e cautelarsi) non in forza delle norme del diritto penale “classico”, bensì facendo ricorso al diritto penale della guerra, se consideriamo tale soggetto alla stregua di un nemico. Se tale concettualizzazione teorica venne presentata nel 1958, decisamente più attuale è la questione della privacy con riferimento al personal computer di un soggetto sospettato di terrorismo: secondo alcuni, si tratterebbe di un’invasione illecita nella sua privacy. Nella società moderna, tuttavia, dobbiamo prendere coscienza del fatto che alcune libertà sono oggigiorno “compresse”: dai controlli di sicurezza prima di imbarcarsi su di un volo all’analisi dei tabulati provenienti dai nostri smartphone. Con riferimento al finanziamento del terrorismo, il Professore sottolinea come si si creata una sorta di saldatura tra il fenomeno migratorio e le mafie in ragione del fatto che il migrante è considerato un affare, alla stregua del traffico di sostanze stupefacenti. Oggigiorno il terrorismo viene finanziato in larga parte attraverso triangolazioni di denaro che partono da bonifici emessi da imprese costituite ad hoc, capaci di emettere fatture false e con la complicità di finanziarie ombra. Se di per se’ gli attentati perpetrati con armi bianche sono di per sé economici, il terrorista non fa distinzione tra soldi puliti o sporchi, il suo unico obiettivo è la realizzazione della sua mission di morte e insieme alle armi ed esplosivi, nella maggior parte dei casi riceve in dotazione anche una carta di credito. Come arginare tale problema? La risposta, seppur complessa, sembra risiedere nel fatto di armonizzare (ai diversi livelli) le direttive contro il finanziamento al terrorismo e nella creazione di una rete cooperativa volta all’individuazione e ricostruzione delle “tracce” lasciate dai capitali movimentati.
Titolo: Jihad. La risposta italiana al terrorismo: le sanzioni e le inchieste giudiziarie
Autore: Stefano Dambruoso
Editore: Dike Giuridica Editrice; Collana: Punti di vista
Pagine: 264
[1]Cfr. Claudio Bertolotti, Analysis ISPI No. 292, dicembre 2015 dal titolo NIT: IL ‘NUOVO TERRORISMO INSURREZIONALE’