Irresponsabilità editoriale e controllo politico
Riportiamo l’articolo, a firma di Marco Margrita, pubblicato sul sito di “Europa Popolare” il 18 settembre 2018
Sarebbe facile scrivere di un’alleanza tra le forze dell’antipolitica politicante e le grandi multinazionali del web, entrambe tese a impedire ogni fattore responsabilizzante per la rete, se ci si applicasse nel genere letterario-politico del “complottismo” (la pratica più diffusa, insieme al “salto arbitrario alle conclusioni” mossi da una visione pregiudiziale, nell’attuale politica “prêt-à-porter”). Guardando alle reazioni, un vero e proprio dibattito nel merito è sinceramente mancato, rispetto alla recente approvazione della direttiva per aggiornare le regole sul diritto d’autore nell’Unione Europea. Oppure alle ultime dichiarazioni del sottosegretario pentastellato Vito Crimi, con cui ha tratteggiato il profilo dei provvedimenti volti a ridurre ulteriormente i fondi pubblici all’editoria.
Per nulla propensi ad alimentare la produzione di fake news, ci limitiamo a denunciare come la furia iconoclasta della “disintermediazione assoluta” va a indirizzarsi, certo per radicalismo ideologico ma anche per intimidazione in forza di un calcolo di bottega, contro quel corpo intermedio particolare chiamato giornale. E al giornalismo come contropotere.
Rilevando ciò, sia chiaro, non vogliamo occultare/imbellettare nemmeno una delle molte debolezze e criticità del settore. Spesso incapace di uscire dal ruolo di guardiano di quanto rimane, anche a livello di narrazione, dello “status quo ante”. Ciò non toglie che la “qualità della democrazia” abbia a che fare (e molto) con il permanere di communities di professionisti dell’informazione e degli artefatti culturali che producono (i giornali, non solo quelli cartacei).
Nello studio “Giornalismi. La difficile convivenza con fake news e misinformation” (LibreriaUniversitaria.it), Francesco Pira e Andrea Altinier hanno fatto rilevare come “Il 50% degli italiani è caduto nell’inganno delle fake news che ha travolto anche la comunicazione politica”. Per chi ancora non abbia dimenticato l’einaudiano “conoscere per deliberare”, uno scenario inquietante.
La libertà senza responsabilità viene proposta come un valore assoluto. Come fece notare il commissario Agcom, Antonio Martusciello, intervenendo alla presentazione del Rapporto Cisf 2017, “La libertà della Rete sta prendendo il sopravvento sulla responsabilità e sulla capacità di autoregolarsi. È innegabile che, nell’ambito della computer-mediated communication, l’individuo, dotato di un innato livello di interattività, divenga protagonista del web, attraverso cui è in grado di rendere pubbliche idee e opinioni e diffondere notizie, ma spesso nel farlo ha una scarsa percezione del valore della comunicazione: così veicola indistintamente contenuti positivi e negativi e polarizza le opinioni”.
Senza lavoratori della conoscenza impiegati (con riconoscibilità) nella responsabile produzione d’informazione, il rischio è il dominio attraverso la diffusione di un’autoriferita illusione di libertà. In uno scenario orwelliano, insomma, ben più facile che ci consegnino quanti non sono disposti a rinunciare al vantaggio competitivo di strumenti (editori irresponsabili e potenze politiche ademocratiche) che non vogliono il vaglio dei contenuti perché ben più interessati a carpirci i dati.
Senza complottismi, certo populismo rischia di renderci prigionieri di tecnologie tutt’altro che neutre, ma potenzialmente neutralizzanti.