IL PUNTO n. 711 di Marco Zacchera
Riceviamo in Redazione e riportiamo la newsletter “Il Punto” n. 711, di Marco Zacchera, del 15 marzo 2019
COME E PERCHE’ LA CINA SI COMPRERA’ L’ITALIA (E CONTROLLERA’ IL MONDO)
Quando sei pieno di debiti e nelle mani degli strozzini cerchi di guadagnare tempo, recuperare contanti per pagare le cambiali e speri di tirare avanti in attesa di improbabili tempi migliori. Non sei certo nelle condizioni di dettare delle condizioni e puoi già ringraziare i “cravattari” se salvi la faccia tra sorrisi e strette di mano, salvando la forma ma non la sostanza. E’ un pò la situazione dell’Italia che si avvia a firmare una serie di accordi commerciali con la Cina che – se da una parte dovrebbero favorire l’export italiano – dall’altro, di fatto, “colonizzeranno” economicamente il nostro paese e soprattutto porteranno una serie di banche e imprese cinesi (ovvero il governo di quel paese) al controllo delle imprese italiane. Nella migliore delle logiche capitalistiche, d’altronde, se disponi di risorse economiche, finanziarie e umane immani puoi fare quello che vuoi organizzandoti per governare il pianeta. Pochi potrebbero oggi opporsi a questa strategia salvo che si unissero più forze a contrastare economicamente il “Celeste impero” ma né le altre nazioni asiatiche possono farlo né – da sola – la Russia, oppure gli USA e men che meno la divisa e decadente Unione Europea. Chissà come sono contenti i cinesi nel vedere che contro Trump viene alimentato un quotidiano scandalo per i suoi rapporti con Putin prima delle sue elezioni presidenziali, imponendo così ora nei fatti una linea politica di antagonismo tra USA e Russia mentre invece (insieme l’ Europa) una loro unione stretta sarebbe strategica per contrastare l’imperialismo cinese. Se guardiamo alle evoluzioni probabili tra vent’anni (non tra un secolo!) la Cina sarà non solo la prima forza economica e commerciale del mondo (praticamente lo è già), ma controllerà il commercio mondiale e quindi direttamente tutti noi. Piaccia o no questa è la situazione, soprattutto perché da anni si è rotto un equilibrio che teneva la Cina ai margini degli accordi mondiali. Ammessa praticamente gratis al tavolo dei “grandi” del WTO (l’organizzazione del commercio mondiale) non gli è stato imposto di seguire le regole sindacali, produttive, ambientali e umane imposte agli altri partner da leggi nazionali o sovranazionali ed è ovvio che così oggi vinca agevolmente con prezzi e prodotti concorrenziali perché logicamente prodotti con maggior profitto e minor prezzo, spesso dopo aver “piratato” brevetti e tecnologie. Invano Trump è stato l’unico a sollevare questo pericolo ma nel mondo occidentale i media e i governanti lo considerano una macchietta e nessuno sembra rendersi conto che solo con la leva dei dazi commerciali si può arginare il fenomeno, soprattutto se si arrivasse ad una sorta di “lega anti-cinese” tra gli altri partner del G8. Invece di unirsi davanti ad un rischio comune, l’“Occidente” considera Putin e Trump inaffidabili senza rendersi conto che un’economia come quella cinese – che ormai per decenni ha marciato a ritmi del 10% di sviluppo l’anno, quest’ anno “solo” al 6,5% – non può che sconfiggere il resto del mondo dove questi incrementi sono infinitamente minori. Il libero scambio va bene, ma solo se i contendenti applicano le stesse regole, se invece una delle parti non le osserva ed è legittimata a non osservarle è evidente che prima o poi si mangerà gli altri contendenti. Soprattutto è disarmante che l’ Unione Europea non si renda conto che rimanendo strettamente unita poteva essere una alternativa a Pechino ma invece – dividendosi su tutto – si comporta come un carciofo che è impossibile mangiare in un solo boccone, ma viene mangiato tranquillamente foglia a foglia. E l’Italia? E’ economicamente debolissima, sta da anni vendendo i suo marchi migliori, è indebitata fino al collo, se fa una politica economica invisa a Bruxelles viene castigata, ma soprattutto non ha l’intelligenza e la coscienza di capire che i quattro soldi che può spendere sarebbero da impegnare tutti in infrastrutture e sviluppo e invece “fin che la barca va” le risorse se ne vanno in diretti ed indiretti aiuti di stato. Anche gli antichi romani preferivano andare a teatro quando premevano i barbari, ma si sa come è finita e lo stesso vale per tante altre civiltà che sono state conquistate e distrutte. La storia insegna e – per chi vuole studiarla e capirla- è davvero maestra di vita, ma oggi si preferisce che la nostra società si sviluppi solo in consumismo, per il domani si vedrà. Va aggiunto che negli ultimi anni quello che sta avvenendo tra Cina ed Europa è esattamente quanto è successo con il “carciofo” africano che la Cina si è mangiato foglia e foglia fino a dominare l’intero continente nel disinteresse dell’ Europa e del mondo. L’Africa era (è) una fonte di preziose materie prime per Pechino, ma anche un mercato promettente, l’Europa è qualitativamente migliore, ma la strategia non cambia perché per la Cina il gioco si è dimostrato vincente. Sono i mercati, la qualità della vita con la moda, il cibo o il lusso, le tecnologie europee (anche quelle delle armi) , i brevetti che interessano ai cinesi, visto che ormai possono permetterselo. Certo che a breve ci possono essere vantaggi interni anche per noi, è ovvio, ma – alla lunga – saremo noi la parte sicuramente sconfitta o (detto meglio) quella colonizzata, mentre la Cina si sta rafforzando anche in campo militare. D’altronde la colonizzazione non è solo politica, ma prima è finanziaria ed economica. Quando Pechino detiene una parte significativa delle azioni di moltissime società del mondo e delle obbligazioni del debito federale degli USA la “facciata” di banche ed imprese potrà sembrare ancora americana od europea, ma la sostanza è che a Wall Street sono i compratori cinesi a fare il mercato, come in Europa e nel resto del mondo. Già oggi la moneta cinese condiziona i mercati, viene sottovalutata per motivi economici da Pechino per sostenere le sue esportazioni mentre il governo cinese può così destinare alle sue banche d’affari somme incredibili per fare acquisti…e quindi li fa. Intanto nessuno ricorda che a Pechino comanda la più forte e monolitica dittatura del mondo, antitesi di ogni democrazia, ma anche in questo campo i cinesi hanno vinto la “guerra delle parole” esattamente come fecero i comunisti e l’URSS fino agli anni ’90. Attenti, però, perché questa volta dietro a Xi non c’è un bluff ideologico, ma una dittatura politica, economica e sociale infinitamente più salda, potente e determinata che non l’utopia comunista storica, quella che – ironia della sorte – i cinesi formalmente continuano a dichiarare, salvo operare nel modo più capitalistico e spregiudicato possibile.