IL PUNTO n. 697 di Marco Zacchera

Riceviamo in Redazione e riportiamo la newsletter “Il Punto” n. 697, di Marco Zacchera, del 30 novembre 2018
RISCHI E DEMAGOGIE DEL GLOBAL COMPACT
Condivido che – prima di sottoscriverlo – serva una seria riflessione parlamentare sul “Global Compact for Migration” ovvero l’accordo di principio mondiale (ma hanno già detto no USA, Svizzera, Austria, Europa dell’Est ecc.) che di fatto liberalizzerebbe il “diritto a migrare” anche e soprattutto per motivi economici. Il “Patto” individua ben 23 obiettivi (tutti positivi, logici e condivisibili perché sono soprattutto solo delle belle espressioni teoriche di alto profilo etico e morale) che peraltro sull’emigrazione ricalcano i trattati internazionali esistenti. E’ insomma l’ennesima espressione demagogica dell’ONU che – anziché far approvare documenti – dovrebbe prima funzionare meglio utilizzando meglio le proprie risorse soprattutto a proposito di rifugiati e migranti. Ottimo in argomento il documentato reportage di Lorenzo Cremonesi, apparso sul “Corriere della Sera” del 17 ottobre, dove si dimostrava come i fondi ONU per i migranti e i rifugiati spesi in Libia dopo il 1.1.2017 sono finiti per l’OTTANTANOVE PER CENTO in spese amministrative ed organizzative e SOLO PER L’UNDICI PER CENTO effettivamente spesi per assistere i disperati chiusi nei lager libici. Tornando al “Global Compact” è ovvio che servano regole mondiali condivise (soprattutto per gli interventi di emergenza o di carattere politico ed umanitario) ma c’è da discutere molto sugli sbarchi e le migrazioni “economiche” evidenziando per esempio le responsabilità dei paesi e dei regimi di partenza dei migranti, argomento di cui invece si parla poco. Il rischio è che una firma dell’Italia al trattato potrebbe concretamente spingere chi arriva – e venisse respinto – a presentare un immediato ricorso a un giudice sostenendo che, avendo aderito l’Italia all’accordo, il nostro paese avrebbe il “dovere” di accoglierlo perché sarebbe suo “diritto” arrivare…E state tranquilli che troverebbe sicuramente qualche giudice ben disposto ad ascoltarlo. Come continuo a ribadire presentando in giro per l’Italia il mio libro L’INTEGRAZIONE (IM)POSSIBILE? COSA NON CI DICONO SU AFRICA, ISLAM ED IMMIGRAZIONE (leggetelo!) il problema andrebbe piuttosto rovesciato non solo aiutando seriamente nei paesi di provenienza, ma soprattutto organizzando “alla fonte” le partenze in un quadro – non solo italiano ma soprattutto europeo – di intesa comune, intesa che purtroppo non c’è ed è assurdo non volersene rendere conto. Papa GIOVANNI PAOLO II sosteneva una grande verità che tutti dovremmo conoscere ed osservare ovvero il “DIRITTO A NON EMIGRARE”, operando perché ogni essere umano possa avere una vita degna e sostenibile nel proprio paese.
LE COLPE DEI PADRI
Non trovo giusto addebitare ai figli che fanno politica le colpe dei padri (e viceversa) ma c’è una profonda differenza se si utilizza o meno il ruolo del figlio per interessi propri. Neppure il discusso padre di Di Maio avrebbe potuto immaginare la folgorante carriera del figlio, ma questo non si può dire per le famiglie Boschi & Renzi e per le loro consolidate relazioni ed investimenti ben intrecciati da sempre con la finanza e il PD toscano. Guardiamo piuttosto al valore delle persone: Di Maio vale il suo ruolo? Ho dubbi, ma sicuramente non ha i numeri – per esempio – la sottosegretaria all’Economia (!!) Laura Castelli (M5S) assolutamente digiuna di un minimo di preparazione tecnica e che inciampa ad ogni confronto televisivo. In Italia ci sono decine di migliaia di persone laureate ben più tecnicamente valide di lei, che come curriculum vanta di essere stata hostess allo stadio San Paolo di Napoli, luogo che sembra diventato una fucina di talenti politici: ma possibile che i Grillini non abbiano trovato di meglio per un posto così importante e delicato? Sono anche queste le cose che preoccupano le borse…
FEMMINISTE DATATE
Sabato scorso giornata di protesta contro i “femminicidi”, appuntamento di sensibilità e responsabilità collettiva che presto però – alluvionato dai media e dalla retorica – si è trasformato in uno show spudoratamente politico come quello in cui mi sono trovato involontariamente coinvolto a Roma, nel bel mezzo della sfilata di 150.000 presunte femministe. Siamo in una democrazia e tutti possono e devono poter dimostrare per sostenere quello che vogliono, ma – a parte il fatto che le partecipanti mi sembravano infinitamente meno numerose degli imponenti numeri venduti dalle TV pubbliche e private – un conto è combattere una sacrosanta battaglia di civiltà, un conto diffondere sciocchezze. Ho qui davanti un volantino, distribuito per l’occasione, che mi informa – a firma del “Movimento femminista proletario rivoluzionario” – che … “Occorre opporsi al governo Salvini-Di Maio, al fascio-populismo al potere, che chiama noi donne ad organizzarci per abbatterlo e rovesciarlo. E’ un governo che vuole la irrigidimentazione (sic!) del legame famiglia-difesa dello stato, un governo che dà legittimazione all’humus sessista che porta a più violenze sessuali, femminicidi, aggressioni ofobiche, con soluzioni legislative repressive e disumane, contro la Costituzione perché ha nella suo principale collante la guerra ai migranti. Si strumentalizza Desirèe e si fanno occupare le città dalla forze dell’ordine che spesso sono esse stesse autori autorizzati (sic!) di stupri per controlli, divieti, desertificazione degli spazi sociali che favoriscono la violenza sessuale contro le donne. Ampliamo quindi l’area femminista proletaria e rivoluzionaria del Movimento contrastando l’influenza del femminismo piccolo e medio borghese, ma anche l’economicismo opportunista che soffoca la lotta delle donne. Dobbiamo organizzarci per scatenare la nostra furia rivoluzionaria! “ … Da qui ai femminicidi – come vedete – c’è un bel po’ di distanza e se vogliamo difendere la democrazia e il pluralismo come segno di libertà, ci vorrebbe ogni tanto anche un “pit-stop”, giusto per verificare il funzionamento dei cervelli.
VERBANIA: L’AREA ACETATI E IL MARCHESE DEL GRILLO
Infuria la polemica a Verbania sul futuro dell’area “ex Acetati” mentre il Tribunale di Alessandria avrebbe rinviato il fallimento della società in vista della possibile vendita di parte dei terreni verbanesi ad una immobiliare di Torino. A parte il fatto che Acetati ha solo da piangere su sé stessa per aver svenduto ai cinesi le proprie tecnologie licenziando il personale verbanese senza poi riuscire a farsi pagare (ma è da crederci? E’ mai possibile?) resta il fatto concreto di una trattativa “segreta” portata avanti per un anno e mezzo dalla sindaco Marchionini e resa pubblica solo a delibera di giunta avvenuta. Il quadro complessivo della vicenda non è molto credibile soprattutto perchè al di là di ogni futura destinazione dell’area serve poco interpellare la città solo “a posteriori” quando tutto sarebbe già stato deciso o almeno promesso. Ancora una volta siamo in una logica di auto-referenzialità del sindaco che “a fin di bene” farebbe comunque guadagnare chi vuol costruire un centro commerciale emarginando completamente il Consiglio Comunale eletto dai cittadini che – a questo punto – non serve neppure più ad esprimere le indicazioni strategiche. Sotto il diluvio delle critiche (anche del PD e suoi dintorni) la Marchionini mi sembra un po’ Alberto Sordi quando interpretava il Marchese del Grillo che se ne infischiava di tutti: “ Perché io sò io, e voi invece non siete un c…”