IL PUNTO n. 674 (bis) del 18 maggio 2018
Riceviamo in Redazione e riportiamo la newsletter “Il Punto” n. 674 (bis), di Marco Zacchera, del 18 maggio 2018
IN ATTESA DEL “CONTRATTO”
Ad ormai dieci giorni dall’avvio delle trattative dirette, il governo tra Lega e Movimento 5 Stelle non è ancora nato e quindi bisogna aspettare per conoscerne contenuti, leader e componenti. Una sola cosa mi dà veramente fastidio, ovvero lo scatenarsi compatto dei media nazionali contrari a questo tentativo e la supponenza europea che da Bruxelles comunica di “non gradire”. Come previsto la strada sarà tutta in salita, ma sarebbe ora che l’Europa lasciasse all’Italia la possibilità di decidere per conto proprio ed attendesse per giudicare.
Inoltre – detto con altrettanta franchezza – è inaccettabile che da certi poteri forti interni ed internazionali vengano critiche preconcette solo perché (forse) un governo “gialloverde” sarebbe meno malleabile che non quelli passati: l’Italia cerchi innanzitutto di riacquistare la propria sovranità e questo sarebbe positivo per tutti, ma soprattutto per gli italiani.
ITALIA DA LONTANO
Vista dal centro degli USA come in una specie di cannocchiale rovesciato da qui l’Italia e i suoi problemi sembrano ancora più lontani. Nessuno sa ovviamente cosa sia successo alle ultime elezioni, ma piuttosto è singolare come parlando con gli amici siamo comunque sempre considerati un paese felice ed invidiabile.
Eppure proprio gli USA sono invece in un periodo di boom. Non c’è un locale pubblico o un negozio che non cerchi nuovi collaboratori, il mercato immobiliare è ripartito, le scuole stanno terminando e si pensa alle vacanze in un paese dove la benzina costa meno di 70 centesimi di euro al litro e in moltissimi parlano bene di Trump. La mia non è una statistica, ma la constatazione che la gente dice che “Sta facendo il suo mestiere” e “Vada avanti così”. Le TV sono piene di dibattiti sul Russiagate ma non sembra che gli americani ne siano interessati, piuttosto tutti dicono che quest’anno pagheranno meno tasse e quindi va bene così.
VERBANIA. VINCE IL BUONSENSO
L’annunciato referendum di domenica scorsa a Verbania per la fusione con il piccolo comune di Cossogno si è trasformato in un boomerang per chi lo aveva proposto. Il PD e il sindaco hanno perso la faccia e la credibilità: la partecipazione al voto è stata solo del 12,3% ovvero meno di un terzo del minimo per la validità referendaria mentre a Cossogno ha addirittura vinto il NO. Evito polemiche e commenti, grazie comunque ai lettori verbanesi de IL PUNTO che hanno accolto il mio suggerimento dello scorsa settimana di non recarsi a votare. Il risultato apre ora concretamente un’ottima possibilità al centro-destra ( che pure aveva invitato i verbanesi a boicottare le urne) per tornare a governare il comune l’anno prossimo, speriamo non venga sciupata.
PALERMO: I DUBBI DI UNA SENTENZA
Le sentenze non si dovrebbero mai commentare a caldo, ma piuttosto accettare e – soprattutto – bisogna sempre leggerne le motivazioni per capire i ragionamenti sottostanti alle scelte dei giudici. Vale soprattutto per la clamorosa sentenza che il mese scorso ha portato la Corte di Palermo a comminare in primo grado pesanti pene detentive gli imputati – compresi alcuni degli allora vertici dei Carabinieri – per presunte connivenze mafiose negli anni ’90. Se ne è parlato solo per due giorni eppure è una sentenza molto importante e che andrà meditata anche per i suoi risvolti politici, giuridici e per la storia del nostro paese. E’ quindi corretto augurarsi che le motivazioni siano chiare, inequivocabili e precise perché la sentenza di oggi appare molto contraddittoria rispetto al prevedibile ed a quanto era emerso nel lunghissimo dibattimento, durato ben cinque anni . Per cominciare una sentenza di condanna che è ben diversa dagli altri “filoni” secondari della stessa inchiesta che si erano invece chiusi con il proscioglimento degli imputati, il che appare una strana anomalia. Unico assolto – scontato – l’ex ministro Mancino, ma solo perché le intercettazioni che lo chiamavano in causa coinvolgevano la Presidenza della Repubblica che pose il “veto” al loro utilizzo – veto accordato – con conseguente stralcio dagli atti, distruzione degli stessi e delle possibili prove collegate. Per questo l’ assoluzione dell’allora ministro era tecnicamente ovvia, anche se la sua figura poteva apparire una pedina indispensabile nella presunta trattativa stato-mafia. Rimane comunque molto strano che Napolitano non volle l’utilizzo di queste intercettazioni: se non coinvolgevano nessuno perché quelle prove non andavano utilizzate? Se invece potevano portare a dimostrare certe connivenze la loro distruzione ha portato all’assoluzione di qualcuno e alla condanna di altri. Ma allora il “segreto di stato” è usato strumentalmente a fini politici? Sarebbe gravissimo, anche se a molti italiani questo non importa nulla. Questo atteggiamento del Quirinale lascia quindi molto perplessi, anche perché appare come la volontà di non coinvolgere una parte del mondo politico (tutto allora in chiave sinistra DC) e invece facendo condannare gli avversari politici. Un altro aspetto che non si capisce è quali vantaggi possa aver avuto la mafia nella trattativa con lo Stato che oggettivamente non risultano esserci essere stati, ma soprattutto quale sia stato il ruolo effettivo del generale Mori e degli altri vertici degli inquirenti che (forse) promisero vantaggi a pentiti e confidenti, ma che portarono in concreto all’arresto dei vertici mafiosi. Quale polizia al mondo non usa questi metodi se vuole arrivare ad un risultato? Allora non c’erano ufficialmente i “pentiti” che negli anni successivi permisero di colpire mandanti ed esecutori (anche se sempre con molte perplessità sul loro ruolo) ed è almeno comprensibile che in qualche modo i carabinieri abbiamo spinto qualcuno a confessare garantendo dei vantaggi o non avrebbero mai potuto raccogliere confessioni, indizi e notizie indispensabili alle indagini. Ultimo aspetto non esaltante le prese di posizione pubbliche della Procura di Palermo che dopo il verdetto ha trasformato una sentenza in una auto-dichiarata esultante vittoria con relative polemiche di stampa e all’interno del CSM, organo di autogoverno della Magistratura che ancora una volta si dimostra politico (partitico) come non mai.