Fuga da Palazzo Lascaris
Riportiamo l’articolo, a firma di Stefano Rizzi, pubblicato su “Lo Spiffero” il 24 ottobre 2017
2018: fuga dal Consiglio regionale. Se il voto politico, quasi certamente ai primi di marzo del prossimo anno, premiasse con un seggio a Montecitorio o a Palazzo Madama tutti gli attuali consiglieri pronti a far le valigie per la Capitale passando per un posto in lista, più o meno sicuro, l’assemblea legislativa di via Alfieri ne uscirebbe drasticamente stravolta. Subentreranno i primi esclusi alle elezioni amministrative del 2014, si dirà. Certo e anche questo turnover è una delle carte che gli aspiranti onorevoli e senatori metteranno sul tavolo: se io vado a Roma tu prendi il mio posto, quindi se tu aiuti me a diventare parlamentare aiuti te stesso a diventare, sia pure per uno scampolo di legislatura, consigliere regionale.
Non meno evidente, da qui al voto per il nuovo Parlamento, sarà l’inevitabile corsa al consenso da tradurre in voti, ma da consolidare (anche) grazie all’attuale ruolo: difficile se non impossibile scacciare lo scenario dei prossime mesi in cui ogni consigliere-candidato (sia pure ancora in pectore) si muoverà guardando al suo collegio disegnato da Rosatellum e intervenendo il più possibile su di esso proprio in virtù del suo essere componente del Consiglio regionale. Si assisterà a una versione rivisitata dell’ormai storico e sempiterno assalto alla diligenza che nelle leggi finanziarie si concretizzava (e continua a farlo) con emendamenti e misure ad hoc, spesso infilate di soppiatto, per questo o quel territorio. Chiamale se vuoi, marchette.
“Porte aperte a Palazzo Lascaris” si chiama invece la trasmissione televisiva del parlamentino piemontese, un titolo che in vista delle politiche di marzo s’attaglia a descrivere l’esodo auspicato da molti. Anzi più che aperte, verrebbe da dire, le porte saranno addirittura spalancate. Un’occhiata ai gruppi e una al notes dove da mesi ormai i nomi dei consiglieri che puntano a Roma sono incolonnati in un elenco che quando si modifica è perché cresce, non certo per qualche rinuncia. Quello in cui solo per uno non si farà l’en plein è quello di Forza Italia: valigia in corridoio per il capogruppo Gilberto Pichetto pronto a correre nelle sue terre biellesi e propaggini annesse, così come per Claudia Porchietto che userà il seggio parlamentare come trampolino per la candidatura alla presidenza della Regione (se la spunterà sull’eurodeputato anch’egli candidato Alberto Cirio e sempreché Silvio Berlusconi non resti dell’idea di far scendere in pista il senatore Lucio Malan, il quale peraltro non nasconde di ambire a una sesta legislatura e pare aver annusato aria di trappolone). Del gruppo vacanze (romane) Piemonte di Forza Italia, anche la vicepresidente del Consiglio, Daniela Ruffino, il novarese Diego Sozzani sul quale – complice la scomparsa dell’ipotesi listone – pesa assai meno l’ostracismo del sindaco leghista della sua città, Alessandro Canelli. E poi l’alessandrino Massimo Berutti, già sindaco di Tortona e da settimane con l’orecchio poggiato a terra come un sioux per ascoltare l’avvicinarsi dei passi felpati di Ugo Cavallera. Il settantasettenne Cardinale Azzurro sarebbe pronto a coronare il suo cursus honorum con un seggio in Parlamento, ovviamente in ossequio al dettato democristiano del “se me lo chiede il partito”. In terra mandrogna dove la discesa in campo di “zio Ugo” potrebbe rendere meno in discesa la strada per Berutti pare non siano in pochi a voler evitare quella richiesta. Dall’elenco sottolineato d’azzurro resta fuori solo Francesco Graglia che certamente sarà tra i principali supporter del suo conterraneo (e riferimento politico) Cirio. Sempre sul fronte del centrodestra assai probabile la candidatura di Gian Luca Vignale, utile a trainare il nuovo movimento sovranista di Storace-Allemanno, pressoché (ancora) ignoto agli elettori.
Pronti, ancora prima di partire, a chiedere l’indispensabile deroga al divieto previsto dallo statuto del partito (che preclude ai membri dei consigli regionali il potersi presentare alle politiche) sono i piddini. Quando ancora per il Senato si annunciava una corsa all’ultima preferenza in tutta la regione, di volersi candidare per Palazzo Madama lo avevano annunciato sia il presidente del Consiglio Mauro Laus, sia il capogruppo e segretario regionale Davide Gariglio, entrambi alla loro ultima legislatura regionale possibile e anche per questo in condizioni favorevoli per ottenere l’agognata deroga al fine di evitare una “disoccupazione” politica dopo il 2019. Per Gariglio, pur con molti interrogativi e incognite attorno (a partire dalla riconferma meno alla guida della segreteria regionale) vale pressappoco lo stesso discorso del trampolino fatto per la Porchietto. Oltre ai due pezzi da novanta, dalla folta pattuglia consigliare dem, si scalano a bordo campo il vicepresidente del Consiglio Nino Boeti e l’astigiana Angela Motta. “Sacrificata” a correre per un’inarrivabile poltrona di sindaco dopo la rinuncia a ricandidarsi dell’uscente Fabrizio Brignolo, la Motta è pure lei alla sua ultima legislatura possibile a Palazzo Lascaris e non ha mai nascosto le sue ambizioni parlamentari. Per lei, come per tanti altri, molto dipenderà da come verranno disegnati i collegi del Rosatellum. A chiudere (per ora) la lista dei piddini in odore di candidatura, Gianna Pentenero, l’unico assessore della Giunta di Sergio Chiamparino che potrebbe finire in un collegio o più probabilmente in un listino. Dove, invece, non sono dati ad oggi papabili di due di Articolo Uno, ovvero Valter Ottria e Silvana Accossato, così come è probabile non si presenti la coppia dei chiampariniani formata dall’assessore Alberto Valmaggia e Mario Giaccone, anche se quest’ultimo potrebbe sostenere con una candidatura l’attuale viceministro Andrea Olivero se, come pare, nascerà una lista di impronta civica nell’orbita dem per garantire il numero due all’Agricoltura.
Certa e annunciata la candidatura, in casa leghista di Alessandro Benvenuto, mentre come sempre ribadito non correrà la moglie di Roberto Calderoli – “in famiglia un parlamentare basta” – Gianna Gancia. E se ancora resta da vedere quel che succederà a sinistra del Pd per capire se e dove potrebbe candidarsi Marco Grimaldi, stando alle regole grilline non ci dovrebbe essere nessun consigliere dei Cinque Stellepapabile candidato al Parlamento. Molti sguardi, tuttavia, restano concentrati su Davide Bono. Davvero esclusa l’eventualità di una sua migrazione verso Roma nel caso si aprisse, come peraltro già accaduto, qualcuna delle fitte maglie del non statuto grillino?