Europa in guerra?
Redazione – Cento anni fa il mondo era in guerra. Era il 1917. Parliamo della Prima Guerra Mondiale. Parliamo di una carneficina, che ha devastato l’Europa (non la prima, se pensiamo alla guerra dei cent’anni). Ricordiamo anche la rivoluzione in Russia. Ricordiamo Caporetto. Sono passati cento anni. Come siamo messi?
La politica. Su scala macroscopica è in atto un conflitto tra due poteri. Dato che non è opportuno fare riferimento a categorie del passato (nostro malgrado, ragioniamo ancora con categorie del secolo scorso, che sono inadeguate per comprendere il presente). Proviamo a battezzare questi due gruppi. Ci sono dei “neo-conservatori”. Cosa cercano di conservare? Il loro status quo, cioè il potere, che hanno consolidato negli ultimi decenni. Dunque, non conservazione del potere, ma della poltrona. Dall’altra parte, ci sono quelli, che i giornali hanno ribattezzato come “populisti”. Nucleo del loro discorso: ritornare ad essere grandi, ribaltando il potere esistente, gestito da incapaci. La nostalgia, la “pancia”. Queste sono le loro chiavi di comunicazione. Potremmo chiamarli “pseudo-restauratori” o “neo-restauratori”? Forse. Useremo, con qualche riserva, questo secondo nome. Dunque “Neo-conservatori” e “neo-restauratori” – entrambi i termini sono definiti in modo nuovo – si stanno scontrando.
I primi si trovano a conoscere l’arte del Governo, ma hanno a che fare con strutture mastodontiche (burocrazia), con vecchi schemi di interpretazione della realtà (almeno… utilizzano questi schemi per comunicare), con un sistema sociale sovra-strutturato, destinato ad essere instabile. I secondi comunicano in maniera più diretta ai popoli, conoscono meno l’arte del governo, però hanno meno impicci di struttura a cui rispondere. Entrambi – non ci si illuda – sono sostenuti da una parte del sistema economico-finanziario. Perché? Semplice. Perché ora si è troppi a comandare e qualcuno dovrà sparire.
Come fare? Destabilizzare! La pace si costruisce partendo dall’azione individuale. Così come la guerra. I due poli politici stanno destabilizzando il mondo, che conosciamo, aiutati dalle condizioni oggettive, che ognuno di noi sa ben riconoscere (basta guardare). Nel frattempo tornano i “nemici” (vecchi e nuovi). Da una parte la Russia e, ancor di più, la Cina. Insieme a loro India e altri. Dall’altra gli USA, la NATO e così via. Nella frase “e così via” siamo inclusi noi.
L’Europa ha sempre fatto – per volontà di molti tra i suoi governanti – il cagnolino. Mentre si prendeva l’osso come ricompensa di fedeltà, ha sempre rifiutato di sviluppare realmente la propria politica. In primis, quella della costruzione di una identità condivisa. Quindi la parte di sviluppo, fondata sulla cultura e sulla ricerca. Non parliamo delle politiche economiche (la Germania sta esportando deflazione, senza che nessuno dica nulla). Improvvisamente si vede un risveglio del settore difesa (sarà casuale, dato che stanno tornando i carri armati USA in Europa e stanno riaprendo le basi militari, che erano chiuse?). Abbiamo, però, rinunciato a: sistema di geo-localizzazione (obsoleto: quando si parlava di poter costruire Galileo, molti politici europei si sono opposti); internet europeo (continuiamo ad essere in mano ai boss: “Google”, ecc.); integrazione della logistica (nel frattempo la Cina sta sviluppando un sistema ferroviario all’avanguardia); ricerca bio-medica d’avanguardia (human brain project ha una filiazione europea, ma è suddita di quella USA); costruzione di una storiografia comune; ricerca filosofica (non fatta di vuote parole)… Semplicemente esportiamo competenze (risorse umane) su cui abbiamo investito.
Le spese di difesa – si narra che siano per la costruzione di un sistema di difesa comune – sono uscite dal patto di stabilità. Quale ghiotta scusa per spendere e spostare le voci di bilancio e far finta di essere stati bravi… Più il bilancio sarà spostato sulla difesa più il bilancio potrebbe essere risanato? (Domanda cattiva, ma lecita).
Terrorismo e migrazioni. Sappiamo che i due terzi degli immigrati presenti in Italia non sono profughi, ma clandestini. Non poveri in fuga da una guerra. Di tutti questi signori approfitta la criminalità organizzata. Nel frattempo i foreign fighters, che potrebbero ritornare dal medio oriente, sarebbero in grado di causare attentati con armi chimiche. Sappiamo, in parte, da dove vengono le loro armi. Sappiamo, in parte, chi li ha addestrati (tempo fa). Nel frattempo, ricordiamo che la Russia sarebbe l’unico “cattivo”.
Economia. Dolorosissimo capitolo. Le banche continuano a generare denaro dal nulla (come nel caso del quantitative easing), mangiare denaro reale (cioè dalle nostre tasche) e a sostenere gli interessi di pochi. La cosiddetta crisi, ovviamente, non cessa di esistere. Perché nulla è stato fatto per comprendere i problemi esistenti.
Energia. Gli analisti hanno già dimostrato che il modo per garantire l’accesso sicuro alle risorse è il cambiare l’assetto geopolitico, poiché l’efficienza di estrazione della principale fonte di energia da noi utilizzata (il petrolio) è in calo (perciò la spesa di estrazione aumenta). L’estrazione di potenza da fonte primaria supera di cento volte il fabbisogno umano (quando si dicesse che siamo troppi sulla Terra, bisognerebbe contro-domandare, dati alla mano, come utilizziamo le risorse energetiche). Il dogma della crescita della produzione all’infinito fa si che non utilizziamo meglio le risorse. Piuttosto ne cerchiamo di nuove. Così aumentiamo la necessità di destabilizzare l’assetto geopolitico (quindi aumentiamo il rischio di entrare in guerra). Una società globalizzata ed articolata come la nostra ha un estremo bisogno di risorse energetiche. Quando non ne ha più a sufficienza, tende a collassare. Ciò è già accaduto (dinastia Han e impero romano). Non è l’unica causa di collasso. Ma è una causa importante (e studiata approfonditamente).
Semplificando. L’Italia, con la scoperta dell’America, non ebbe la forza di costruire le caravelle e, data la posizione geografica, perse il ruolo di avanguardia mondiale. L’Europa, rinunciando a cultura e innovazione sta facendo lo stesso. Per di più lo fa in un momento in cui i rischi di instabilità sono grandissimi.
Manca, nella scena politica, un terzo polo, aggregatore, che parli una lingua non anacronistica (come fa la destra in questo momento) e che rimetta al centro la persona (come la destra “sociale” potrebbe fare). Per ora Stefano Parisi (che potrebbe giocare quel ruolo) è risultato semi-trasparente rispetto ai media, che sembrano uniti nel fare propaganda ai poli di cui scrivevamo sopra. Un grande impegno ed una grande opportunità per il 2017.
Nel frattempo speriamo che le cose non peggiorino ulteriormente. Le parole della Mogherini non sono incoraggianti, dato che ha recentemente affermato che potremmo vedere le truppe NATO in azione già quest’anno in Europa. Temiamo che possa non sbagliarsi.