È sempre colpa del nazionalismo
Riportiamo l’articolo, a firma di Marcello Veneziani, pubblicato su “Panorama” in data 27 novembre 2018
Ma davvero volete farci credere che il guaio principale del nostro tempo, in Italia, in Europa e nel mondo, sia il nazionalismo? Dalla Merkel a Macron, da Soros a Mattarella, dal Collettivo Media e Intellettuali Uniformati fino ai cantanti e perfino gli astrofisici, tutti additano il nazionalismo come il male principale da debellare, anzi la causa di tutti i mali presenti. L’astrofisico Rovelli ha scoperto nel nazionalismo un buco nero senza eguali nell’universo…
Prima ancora d’interrogarci sul nazionalismo, la sua esistenza e la sua consistenza, passiamo in breve rassegna le piaghe principali del momento e chiediamoci se hanno qualche relazione col nazionalismo.
Per cominciare, credete che la crisi economica mondiale e nazionale che viviamo da anni, l’espansione del debito, il buco nero della finanza, la disoccupazione e le nuove povertà, abbiano qualche rapporto col nazionalismo o non siano piuttosto il frutto di governi, politiche, scelte economiche di segno opposto? Pensate che la corruzione delle classi dirigenti, la loro diffusa inadeguatezza, cecità e incapacità di guidare e rappresentare gli interessi reali dei popoli, l’abisso tra governati e governanti, tra le istituzioni e i cittadini, siano figli del nazionalismo o piuttosto dei partiti, regimi, modelli politici opposti che hanno finora dominato l’Italia, l’Europa e la globalizzazione? Credete che il degrado della vita pubblica, dei nostri centri storici, della cultura e dell’educazione dei popoli, le emergenze ambientali, strutturali, la crisi delle famiglie, del lavoro e del sud, le violenze sessuali, le ingiustizie sociali siano scaturiti dai nazionalismi o piuttosto sono il frutto di processi, mentalità, governi, ideologie, modelli permissivi che nulla hanno a che vedere col nazionalismo? Pensate che il declino di paesi come l’Italia, dove i morti superano i nati, i vecchi superano i giovani, siano un prodotto del nazionalismo o piuttosto di una complessa involuzione delle nostre società in cui tutto c’era meno che il nazionalismo? Egoismo, dittatura del presente, rifiuto del sacrificio e di ogni proiezione nel futuro, senso di decadenza, orizzonte globale di consumi… O all’opposto, la bomba demografica nel sud del mondo, gli effetti collaterali della globalizzazione a ogni livello, pensate che abbiano qualche nesso col nazionalismo? E i disagi, le insicurezze, il caos scaturiti dai flussi incontrollati di immigrati clandestini, sono stati provocati o favoriti dal nazionalismo o il contrario, semmai il nazionalismo è invocato – a torto o ragione, ognuno poi dirà la sua – come rimedio per arginare, controllare, respingere tali flussi?
Il malessere delle nostre società e dei nostri tempi non ha alcuna relazione col nazionalismo. E nemmeno con la religione, additata come causa complementare di tutti i guai. Via, non prendiamoci in giro. Se l’Europa di settant’anni fa, come voi dite, voltò le spalle al nazionalismo vuol dire che il nostro presente non è figlio del nazionalismo.
Chiediamoci piuttosto se quel che sta delineandosi in tutto il mondo sotto le ali del populismo, del leaderismo e del sovranismo si possa definire davvero nazionalismo, salvo poi espandere la memoria del nazionalismo fino a farla confluire con esiti grotteschi nel nazismo e nel razzismo. I nazionalismi in realtà appartengono a epoche che non sono più la nostra, hanno avuto una ragion d’essere in un tempo e in una situazione ancora denotata da nazioni e imperi in via di decomposizione, avevano come antagoniste le nazioni rivali, non certo il sistema globale, vagheggiavano primati oggi improponibili.
I nazionalismi nascevano sull’orlo di guerre annunciate o patite; aderivano a società coese, sulla via della modernizzazione ma ancora fortemente legate alla loro storia; presupponevano società giovani ed espansive, in cui i problemi non erano quelli nostri di società vecchie e sulla difensiva. I nazionalismi avevano alle spalle fior di culture interventiste, i populismi d’oggi sorgono invece sul collasso delle culture, sulla dissoluzione delle classi.
I nazionalismi sorsero nell’epoca della “nazionalizzazione delle masse” mentre noi viviamo nell’epoca della globalizzazione delle masse ridotte allo stato molecolare, cioè atomi, individui. Il nazionalismo ebbe una sua storia e sue ragioni, ma il nostro è un altro tempo, ha altri problemi e altre prospettive.
Il sovranismo risponde a tre esigenze del nostro tempo: ritrova la centralità dei popoli rispetto alle oligarchie dominanti, come democrazia comanda; ripropone la decisione sovrana, il primato della politica, rispetto alla finanza e alla tecnica, all’impotenza e all’inconcludenza degli apparati rispetto ai processi in corso. Protegge le identità, i confini, le economie e le culture locali, dall’assedio dei potentati sovranazionali dall’alto, dalle concorrenze mondiali dai fianchi e dei flussi migratori dal basso. È uno scenario diverso rispetto all’epoca dei nazionalismi. Ora si può pure ritenere che il sovranismo coi suoi tratti populisti, sia una risposta sbagliata o inadeguata che semplifica troppo e non è in grado di risolvere i problemi o se ne risolve alcuni ne genera altri. Ma non si può ricacciarlo nel passato, imparentarlo ai vecchi spettri del novecento (salvo uno, il più grande, il comunismo che è sparito come se fosse mai esistito) e poi concludere che il male di oggi sia il nazionalismo, compiendo un’opera gigantesca di distorsione e distrazione.
Altro che fake news, siamo al falso globale. Infine, un’osservazione: perché sovranismo o amor patrio devono tradursi per forza in nazionalismo, xenofobia e razzismo; e invece nessuno traduce la globalizzazione in comunismo o all’opposto in sfruttamento capitalista? Perché dobbiamo giudicare il primo fenomeno attraverso le sue degenerazioni e il secondo invece resta immacolato da ogni applicazione storica e da ogni contaminazione fattuale e ideologica? Domina l’impostura manichea e il Racconto Ufficiale appare scritto da malpensanti in malafede.