Droga a fiumi, allarme Onu: politica ha fallito, è epidemia
Riportiamo l’articolo a firma di Andrea Zambrano pubblicato su “La Nuova Bussola Quotidiana” il 10 luglio 2018
Anzitutto i numeri: nel, 2016 275 milioni di persone nel mondo hanno consumato droga di qualunque tipo: il 5,6% della popolazione mondiale. 31 milioni di questi ha subito conseguenze fisiche di salute e 450mila persone sono morte a causa dell’uso di sostanze stupefacenti. Il 2017 invece ha visto un aumento del 65% rispetto all’anno precedente di quantità di droga immessa sul mercato, pari a 10.500 tonnellate. Secondo la stima della UNODC, l’ufficio antidroga dell’Onu con sede a Vienna, si tratta del dato più alto mai registrato dall’inizio del 21esimo secolo.
In particolare, due Paesi svettano in questa speciale classifica: l’Afganistan, che per quanto riguarda la coltivazione di papavero da oppio ha aumentato dell’87% la sua produzione, arrivando alla cifra di 9.000 tonnellate di hascisc e oppioidi e la Colombia, dove la produzione di cocaina è arrivata nel 2016 a toccare la cifra monstre di 866 tonnellate. Tra i fattori che hanno condizionato questo aumento l’ufficio dell’Onu segnala l’instabilità politica, la mancanza di controllo del governo e le scarse opportunità di attività economiche di riconversione delle colture, che hanno reso la popolazione rurale vulnerabile all’influenza dei grandi gruppi del narcotraffico.
Le informazioni presentate nel World Report on Drugs 2018 di fine giugno, praticamente ignorato dalla grande stampa mondiale, illustrano una entità e una complessità dei nuovi mercati della droga mondiale senza precedenti. Nel mondo c’è un fiume inarrestabile di droga e una popolazione sempre più in crescita che ne è schiavo. Tutto questo ha conseguenze negative per la salute: ci si ammala di più. Si muore di più. Ed è per questo motivo che l’ufficio di Vienna non ha esitato a chiamare, soprattutto quella degli oppioidi, una vera e propria epidemia.
Ma è un’epidemia di fronte alla quale gli Stati e i governi, soprattutto quelli occidentali, sono totalmente rinunciatari. Significa che i governi dei paesi di produzione non riescono a controllare l’enorme messe di droga che viene prodotta e che gli stati terminali del mercato non hanno strumenti adeguati per il controllo delle frontiere. Insomma: il mercato della droga non conosce crisi e sta aggravando una situazione che già era critica.
Il report adombra quindi la percezione che non ci sia una volontà politica così forte nel fermare il fenomeno a livello di produzione prima e di diffusione poi. A fronte di una produzione così sovrabbondante, il mercato della droga si sta indirizzando così verso altri lidi: in Europa la copertura è ampiamente soddisfatta, così i produttori iniziano a guardare anche al mercato Africano e quello asiatico. Non è un caso ad esempio se nel solo Afganistan, siano già 3 milioni i cittadini che fanno uso di droghe per uso “ricreazionale”.
Ma si fanno largo anche nuovi oppioidi dalle caratteristiche devastanti. Uno di questi è ad esempio il Fentanyl. Si tratta di un oppioide dalla “proprietà” spaventose che arriva dal narcotraffico. E’ un farmaco che si dovrebbe usare solo quando il paziente è intubato. Ebbene: dai dati del World Drug Report 2018 il Fentanyl ha già provocato nel solo 2016 qualcosa come 60mila morti. Già più di quanti sono stati i caduti nella guerra del Vietnam. L’uso del Fentanyl in maniera così massiccia e improvvisa ha costretto le autorità statunitensi a iniziare a prendere coscienza del nuovo fenomeno che colpisce principalmente la classe media.
Ma è una sfida contro il tempo: mentre negli Usa si muore di Fentanyl alla velocità della luce, gli americani si sono accorti di non avere una copertura sanitaria e assicurativa per la dipendenza da questa droga. Un’assenza che contribuisce a ritardare, per così dire, i soccorsi soprattutto per quella fascia di popolazione marginalizzata.