Città sicure a costo zero

Riportiamo l’articolo, a firma di Carlo Manacorda, pubblicato su “Lo Spiffero” il 6 marzo 2017
Il decreto-legge numero 14 del 20 febbraio: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città (già operante) ridarà vivibilità e decoro alle città. Infatti, cesseranno anche dall’essere imbrattate da opprimenti graffitari sempre pronti a deturpare, con le loro bombolette, ogni spazio disponibile. Tutto avverrà in virtù dell’ampio concetto di sicurezza urbana stabilito dal decreto. E’ definita: “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione e recupero delle aree o dei siti più degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, e la promozione del rispetto della legalità”. Provvedono a tutelare questo bene, oltre allo Stato, le Regioni e, in particolare, i Comuni.
Il Sindaco è la figura centrale per l’attuazione di buona parte delle norme del decreto. E’ l’autorità competente a intervenire per tutelare il decoro e l’accessibilità a particolari luoghi (aree sulle quali insistono musei, parchi archeologici, complessi monumentali o altri luoghi di cultura interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico). Ha il potere di emanare ordinanze in caso di urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana. Sempre con ordinanza, può intervenire per assicurare le esigenze di tranquillità e di riposo dei residenti. Ed anche per prevenire e contrastare situazioni che favoriscano l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità (spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, accattonaggio con impiego di minori e disabili), ovvero di abusivismo (illecita occupazione di spazi pubblici), o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti. Sono tutte funzioni che, a detta di molti, i Sindaci rivendicano da tempo per poter tutelare efficacemente il territorio di competenza. Per svolgerle al meglio, i Sindaci possono sottoscrivere patti con il Prefetto. Il decreto istituisce anche un Comitato metropolitano copresieduto dal Prefetto e dal Sindaco metropolitano e formato da tutti i Sindaci dei Comuni interessati. Il Comitato analizza e valuta le tematiche sulla sicurezza urbana.
Il decreto contiene altre norme volte alla tutela della legalità e del decoro urbano. E così – in analogia al divieto di accedere alle manifestazioni sportive (DASPO) – in caso di reiterate violazioni delle regole in un determinato territorio, le autorità potranno imporre ai responsabili il divieto di accesso allo stesso territorio, segnalandolo al Questore (il Ministro dell’interno Marco Minniti ha spiegato che potrebbe essere il caso di una persona già condannata per spaccio di stupefacenti cui viene impedito di frequentare una certa piazza o un certo locale). In caso di danni al decoro urbano con imbrattamenti di vario genere, il Giudice potrà condannare chi ha sporcato non soltanto al pagamento delle multe (o alla reclusione quando prevista), ma anche alla ripulitura dei luoghi danneggiati sostenendo le relative spese o rimborsando quelle già sostenute ovvero, se il condannato non si oppone, a prestare attività lavorativa non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato.
Se l’Autorità giudiziaria ha disposto lo sgombero di un immobile occupato arbitrariamente, il Prefetto farà in modo che le operazioni di sgombero non creino turbative per l’ordine e la sicurezza pubblica. E ancora. Se i gestori di esercizi pubbliciviolano le ordinanze del Sindaco in materia, ad esempio, di orari per la vendita o la somministrazione di bevande alcoliche, il Questore può disporre la sospensione dell’attività fino a quindici giorni. Parrebbe dunque che Sindaci, Questori, Prefetti e Giudici, applicando tutte queste disposizioni, possano garantire la sicurezza e la tranquillità delle città e il mantenimento del loro decoro da ogni punto di vista.
A margine si può annotare che, tolti i maggiori poteri dati ai Sindaci, l’applicazione del simil-Daspo o la condanna, in caso di imbrattamento, alle sanzioni particolari ricordate prima, già oggi esistono norme che, se fatte osservare, tutelerebbero in merito a fatti quali quelli previsti dal decreto. Si possono ricordare, ad esempio, gli articoli 639 e 659 del codice penale che puniscono, rispettivamente, il deturpamento e l’imbrattamento di cose altrui (compresi i mezzi di trasporto pubblici e privati e gli immobili e le cose di interesse storico e artistico) e il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone. Oppure le norme del testo unico delle leggi di sicurezza pubblica (regio decreto 773/1931, più volte modificato e aggiornato) sugli interventi dell’Autorità di sicurezza pubblica per il mantenimento dell’ordine pubblico e la tutela della sicurezza e dell’incolumità dei cittadini, nonché sui poteri del Prefetto per garantire tali condizioni. Ma il problema non è questo. Si può anzi dire che talora, riproponendo le regole e integrandole, se ne rafforza l’applicazione.
Il problema è un altro. Ildecreto contiene una disposizione che ne può rendere difficile l’applicazione. L’articolo 17 stabilisce: “Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”. Si deve cioè fare tutto, ma senza risorse aggiuntive (persone, strumenti, quattrini, ecc.). Sembra dunque chesicurezza e decoro delle città si possano ottenere a costo zero. A questo punto sorgono due dubbi. O attualmente, presso le amministrazioni che devono provvedere all’applicazione degli interventi previsti dal decreto, ci sono persone sfaccendate, strumenti inutilizzati e soldi disponibili. Ed allora tutte queste risorse potranno essere, finalmente e proficuamente, impiegate nelle azioni di controllo, tutela e ripristino cui tende il decreto. Oppure sarà facile alibi obiettare che non si può dare corso agli interventi se non ci sono le risorse occorrenti (la domanda andrebbe posta all’Anci, l’Associazione dei comuni italiani, sempre pronta ad assecondare le volontà governative, salvo poi protestare se non ci sono le risorse per fare le cose).
A conti fatti, anche il decreto sulla sicurezza delle città sembra uno dei tanti provvedimenti confezionati di corsa, sotto la pressione di situazioni contingenti, pensando che i problemi del Paese si risolvano scrivendo qualche norma in più (poco importa se anche ripetitiva di altre già esistenti). Dirà il tempo se si raggiungeranno gli obiettivi ipotizzati. Resta comunque il dubbio che è sempre difficile, se non impossibile, fare le nozze coi fichi secchi.