Cirio in lista d’attesa
Riportiamo l’articolo pubblicato su “Lo Spiffero” il 3 luglio 2020
Mette la fratellanza nel frigo, Alberto Cirio, e aspetta che il termometro segni il calo della temperatura in Forza Italia e, ancor più, nella Lega. Il passaggio del governatore dal partito di Silvio Berlusconi a quello di Giorgia Meloni non è affatto sfumato. Semplicemente si aspettano tempi migliori, che potrebbero coincidere con l’autunno e probabilmente non potranno arrivare prima delle elezioni che vedranno andare al voto a settembre sette Regioni.
Questo è uno dei motivi del congelamento, ma non l’unico e neppure il principale. A indurre alla frenata, suggerita o comunque avallata dagli stessi registi dell’operazione, c’è dell’altro. C’è, quell’accelerata con allarmante stridore di pneumatici prodotta dallo stesso Cirio, il quale non ha badato ad evitare di far troppo rumore con la conseguenza di far drizzare le orecchie non solo e non tanto al partito che medita di lasciare, ma soprattutto a quello che aveva lasciato ormai anni fa per approdare alla corte del Cavaliere, quella Lega che non ha mancato di lanciare verso piazza Castello razzi di segnalazione, per evitare di passare poi ai missili.
L’avviso “Alberto resta dove sei” è stato tanto tempestivo, quanto chiaro e perentorio da parte dell’azionista di maggioranza della coalizione di governo regionale. Sarà un caso, ma appena pochi giorni dopo, Cirio posta una foto della sua missione a Bruxelles insieme ad Alessandro Panza, europarlamentare e responsabile organizzativo del partito di Matteo Salvini. C’è chi l’ha letto come un messaggio rassicurante inviato al segretario regionale Riccardo Molinari e allo stesso leader nazionale.
Altro segnale diretto sia alla Lega, ma non di meno a Forza Italia: indietro tutta sull’annunciato trasloco in Fratelli d’Italia del parlamentare cuneese Marco Perosino, ovvero l’avatar di Cirio a Montecitorio, dato nella provincia Granda ormai come cosa fatta.
Il presidente, però, quell’accelerata l’aveva data e aveva pure incominciato a cercare supporti alla sua manovra di approdo in FdI, dietro la quale ben presto si era stagliata la mole di Guido Crosetto la cui regia lasciava intravvedere oltre a un colpaccio a favore della Meloni, con un governatore del Nord nel carniere dei Fratelli, anche una manovra interna tutt’altro che ben accolta dalla giovane nomenclatura piemontese di derivazione aennina e rappresentata in primis dall’assessore regionale Maurizio Marrone e dalla parlamentare Augusta Montaruli, quella “generazione Atreju” forgiata nella militanza e che oggi ha scalato la vetta del partito.
Un po’ preso dalla fretta, un po’ spinto da un gruppo di amministratori azzurri desiderosi di avviare e concludere rapidamente la transumanza, Cirio ha bruciato i tempi infiammando i non pochi oppositori al suo disegno, compresi quelli all’interno di Fratelli d’Italia. Partito che, a questo punto, è più facile veda arrivare quegli amministratori locali pronti al passaggio, senza per questo dover riconoscere al governatore il ruolo di Caronte. Solo ad Alessandria pare che nel gruppo consiliare azzurro siano 4 su 7 quelli che attendono il segnale. Nel Cuneese Forza Italia sarebbe prossima alla dissoluzione, sempre a favore di un aumento delle truppe della Meloni. Nella cintura torinese, a Pianezza il sindaco Antonio Castello, ex Udc, ha anch’egli la valigia pronta per identica destinazione.
Di fronte a queste truppe, il vertice nazionale di FdI rafforza la convinzione di privilegiare nell’accoglienza gli amministratori locali, frenando invece cambi di casacca parlamentari. La ragione è semplice e concreta: evitare di dover garantire posti in lista per la Camera e al Senato e scacciare possibili nervosismi da parte degli attuali onorevoli e senatori che già pensano alle prossime elezioni dove, in virtù del taglio dei parlamentari, i posti disponibili saranno decisamente meno.
Tattica e strategie si intrecciano in uno scenario che, comunque, continua a prevedere l’arrivo di Cirio tra i Fratelli, sia pure in ritardo sui tempi che lui stesso aveva immaginato. Importante resta l’asse cuneese, fortissimo, dove si muove con consumata abilità Crosetto, ma non soltanto lui. Più defilato, ma forse non del tutto estraneo, lo stesso Enrico Costa. Se pare improbabile un suo passaggio a Fdi, forza politica dalla quale lo divide l’impronta assai poco liberale e giustizialista del partito della Meloni, ciò non significa che l’ex ministro, titolare di un collegio blindato del centrodestra dopo essere stato ministro in un Governo di centrosinistra, non segua e non sia costantemente informato dei movimenti degli alleati e del suo amico governatore.
Governatore che al deciso intervento da parte dei massimi vertici di Forza Italia volti a scongiurare il suo abbandono, avrebbe risposto in una conversazione con Antonio Tajani con richieste giudicate irricevibili. Mettere sul tavolo di una sorta di trattativa addirittura l’azzeramento degli incarichi nazionali, come avrebbe fatto Cirio, altro non appare che la mossa per ricevere un diniego, far alzare le braccia al numero due del partito, allargare quelle del Cav e avere lui, l’ultimo governatore azzurro nel Nord, le mani libere per abbracciare Giorgia. Ma solo quando sarà il momento, facendo passare la lunga estate calda, rimanendo in frigo. Panato e surgelato, come un bastoncino Findus.